
Rendita addio
Due dovrebbero essere gli obiettivi imprescindibili di un paese come l’Italia, ancora tra i più industrializzati del mondo e, nello stesso tempo, capace in generale di assicurare un’esistenza dignitosa a tutte le classi sociali.
Nel forum di Davos dell’anno scorso sono state descritte le linee dello sviluppo del Dopoguerra in Europa. Una prima fase è stata caratterizzata da una competitività dovuta ai bassi costi. Dopo la crisi del petrolio si è riusciti a rimanere competitivi attraverso gli investimenti. Oggi gli analisti concordano nel ritenere che nei prossimi trent’anni la competitività europea può essere mantenuta solo a prezzo di forti e continue innovazioni. L’innovazione richiede investimenti continui in capitale umano, cioè nella formazione di persone ad ogni livello, istruite, aggiornate, capaci di utilizzare le nuove tecnologie e di crearne. Senza questi investimenti il genio creativo presente a fiumi nella grande e piccola impresa italiana rimane come un fiore non annaffiato.
Interpretando il pensiero di molti, in un recente incontro organizzato dalla meritevole associazione Cominciamodacapo, l’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco, contrastato da Pierluigi Bersani, ha ripetuto il ritrito luogo comune secondo cui la piccola impresa è un’anomalia italiana da superare, dovuta all’incapacità di mettersi insieme degli italiani. Si può già vedere la giustificazione di questa affermazione di quelli che, chiusi da pregiudizi ideologici degni di un mondo da “Jurassic Park”, giustificano i mancati incentivi alla piccola impresa, sia in termini di aiuto alla formazione del suo capitale umano che alla sua innovazione.
La posizione dell’ex ministro è purtroppo condivisa da altri esponenti, sia del centrosinistra che del centrodestra. Una interpretazione nobile potrebbe essere dovuta al fatto che vogliono garantire una redistribuzione verso i vinti, coloro che non ce la fanno a reggere il ritmo di una competizione sfrenata. Ad onta infatti di tanti psicologi e sociologi di destra, amanti del darwinismo umano, e altrettanti sociologi e psicologi di sinistra secondo cui tutti gli uomini sono uguali non solo per dignità ma anche per intelligenza e capacità, l’uomo si ostina a nascere e crescere diverso e, in molti casi, non ce la fa.
Verso chi non ce la fa occorre una carità privata e pubblica che assicuri condizioni di vita dignitose. Per nessuno il lusso e lo spreco; per tutti i capaci e i meritevoli la possibilità di studiare ed avere opportunità come oggi non accade; per chiunque condizioni di vita che non facciano vergognare di essere uomini.
Purtroppo in Italia c’è un’altra variabile, diversa da sviluppo e redistribuzione: si chiama rendita. Molti i nemici della piccola impresa: senz’altro chi ha imposto l’Irap, legge iniqua che ha ucciso il lavoro; i teorici degli spacchettamenti dei ministeri in funzione di un incremento di rendite pubbliche; i fan di destra e di sinistra della spesa pubblica, ricordati da Angelo Panebianco in un recente editoriale; quei rappresentanti delle associazioni sindacali, di categoria e sociali che drenano finanziamenti statali non per reali servizi alle imprese o alle persone, ma per mantenere le organizzazioni stesse e per aiutare imprese decotte e gruppi di privilegiati. Quanto è grande il partito della rendita in Italia?!
Un paese può permettersi due obiettivi. Se il partito della rendita, che è di destra e di sinistra e che ha nella spesa pubblica corrente il suo idolo, continua a prosperare, chi cerca di svilupparsi troverà sempre qualcuno che gli si opporrà. Chi ha bisogno si troverà sempre qualche funzionario pubblico o privato a portargli via ciò di cui ha diritto. Se c’è una svolta in Italia è quella che finora il centrodestra non è stato capace di dare compiutamente, soprattutto per colpa dei suoi finti moralizzatori che provengono e permangono nel mondo dell’intrallazzo. Mentre il centrosinistra, nella maggioranza dei suoi esponenti, sembra ignorare già nei programmi.
La lotta alla rendita è l’unico vero grande obiettivo politico bipartisan di questo momento. Per questo tutto ciò che porta alla libera scelta dei cittadini, della singola impresa, nell’uso delle risorse, è in questa direzione. Meno trasferimenti di denaro, di qualunque tipo e più voucher, detrazioni fiscali, deduzioni fiscali, crediti d’imposta, finanziamenti dati in base ai risultati, difesa dei soldi del popolo nelle fondazioni contro tassazioni inique, libera scelta dei cittadini. C’è chi, come il sociologo Aldo Bonomi, ancora all’incontro organizzato da Cominciamodacapo, attacca questa libera scelta raccontando trite e ritrite menzogne per esorcizzare qualcosa che indebolisce cordate pseudo-sociali che vivono di statalismo. Chi di destra e di sinistra è contro questa ricetta è semplicemente contro lo sviluppo e contro l’equità, qualunque balla continui a raccontare.
*Presidente Fondazione per la Sussidiarietà
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