Quei “regni dimenticati” che l’estremismo islamista sta spazzando via

Di Rodolfo Casadei
30 Marzo 2017
Copti. Yazidi. Drusi. Zoroastriani. La ricchezza inimmaginabile custodita per secoli dalle minoranze d’Oriente. E che rischiamo di perdere per sempre. Intervista a Gerald Russell

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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Degli yazidi avete sentito parlare, sì: sono quelli a cui l’Isis ha rapito migliaia di donne in Iraq trasformandole in schiave sessuali, dopo aver trasportato migliaia di uomini coi camion in luoghi remoti per trucidarli con esecuzioni di massa. E se non siete tanto giovani sapete qualcosa anche dei drusi, fra i protagonisti della guerra civile libanese degli anni 1975-1991 sotto la guida del loro leader politico Walid Jumblatt, tuttora attivo. Ma i mandei chi sono? E i kalasha? E lo sapevate che ci sono ancora in giro praticanti della religione di Zoroastro? E che se Gesù tornasse oggi a camminare per le strade della Galilea potrebbe ancora incontrare quegli ebrei eretici che sono i samaritani? Queste e altre fedi religiose antichissime dell’Oriente, ridotte a volte a poche migliaia di adepti ma non del tutto scomparse, le trovate nel libro di Gerard Russell Regni dimenticati. Viaggio nelle religioni minacciate del Medio Oriente (Adelphi).

Russell è un diplomatico britannico che negli ultimi quattordici anni è stato assegnato in tutti i posti più difficili del mondo per un occidentale che deve rappresentare il suo governo: dal Cairo a Kabul, da Gerusalemme a Baghdad a Gedda. Dappertutto se l’è cavata brillantemente per la sua apprezzata capacità di empatia con la gente del posto, imperniata su due strumenti di pregio: una perfetta padronanza dell’arabo e del dari, lingua parlata in Afghanistan e in Iran. Negli anni cruciali 2001-2003 è stato anche portavoce del governo britannico per i canali televisivi in lingua araba. Gli interlocutori del Russell diplomatico e uomo di pubbliche relazioni erano principalmente persone di cultura e religione islamica, sia sunniti che sciiti. Ma l’assegnazione nelle capitali del Medio Oriente gli ha permesso anche di cercare, trovare e incontrare comunità religiose della cui esistenza aveva appreso dai libri.

Tranne che nel caso dei cristiani copti egiziani, che ammontano a 4 milioni e mezzo secondo i loro connazionali musulmani e a più di 8 secondo loro stessi, le minoranze religiose di cui Russell scrive presentano entità numeriche quasi trascurabili. Si va dai drusi che sarebbero un milione, sparsi fra Libano, Siria, Giordania e Israele; agli yazidi che dopo 72 persecuzioni nel corso della loro storia, 73 con quella condotta dall’Isis nel 2014, sono forse mezzo milione contando la diaspora in Europa; agli zoroastriani che sono 100 mila in tutto il mondo e solo 5 mila nell’Iran dove un tempo erano la religione dominante; ai kalasha del Pakistan ritenuti un incrocio fra popolazioni locali e macedoni al seguito di Alessandro Magno oggi ridotti a 4 mila dopo le campagne dei musulmani per convertirli; ai samaritani che sono meno di 800.

russell-regni-dimenticati-copertina«Una luce sulla nostra storia»
Allora perché la fatica di dedicare quattro anni di lavoro alla stesura di un libro su di loro? «Questi piccoli gruppi hanno conservato credenze e costumi vecchi migliaia di anni», spiega Russell a Tempi. «Sono piccoli perché sono stati erosi dal tempo, come piccole isole che una volta erano grandi continenti. Per questo sono trascurati, ma in verità sono i resti di quelli che un tempo erano grandi regni e grandi culture. Come lo zoroastrismo che un tempo era la religione di tutti i persiani, e oggi in Iran conta meno di cinquemila adepti. Presentano idee e concetti che hanno modellato quelli di noi europei, e perciò gettano nuova luce anche sulle nostre religioni e sulla nostra storia».

Una delle tesi forti (ma non inedite) del libro è che alcune caratteristiche rilevanti delle religioni monoteistiche (ebraismo, cristianesimo, islam) derivano dalle antiche religioni in via di estinzione. Per esempio le idee bibliche intorno a Paradiso e Inferno sarebbero apparse solo dopo la cattività babilonese degli ebrei. «Nessuno ha contestato la mia asserzione; del resto non sono il primo a scrivere queste cose. La visione zoroastriana consiste nel concepire il mondo come il palcoscenico di una lotta fra il bene e il male, entrambi i quali dispongono di un regno in cui i loro seguaci trascorreranno la vita dopo la morte. Questi concetti di Paradiso e Inferno appaiono nell’ebraismo dopo il contatto degli ebrei con gli zoroastriani a Babilonia. Vado ancora più in là e dico che questo ha avuto un’influenza profonda anche sul pensiero di Gesù. L’uomo che semina zizzania nel campo di grano della parabola di Gesù esprime precisamente lo spirito del male zoroastriano, che essi chiamano Angra Mainyu, il quale trae piacere dal rovinare la creazione introducendo in essa errori e mancanze. D’altra parte non credo che questo metta in discussione le credenze cristiane ed ebraiche. Io stesso sono un cristiano».

Nessuno vuole metterlo in dubbio, ma fa un certo effetto leggere quel che a Russell viene in mente quando durante una liturgia in una chiesa copta di Londra sente cantare il Pek Ethronos, l’inno del Venerdì santo: «Oh-oh-oh, cantavano il sacerdote e i diaconi, modulando una sequenza melodica, e poi eh e ah. Era l’inno Pek Ethronos, che trascorre dal lutto alla gioia nella certezza della resurrezione, proprio come l’antico canto su cui è basato piangeva il faraone defunto per poi celebrare l’ascesa al trono del suo successore. Stavo ascoltando la musica funebre dei faraoni nel quartiere più verde di Londra». Russell ricorda poi che l’uso dei cembali accomuna le liturgie copte a quelle politeistiche degli antichi egizi, ricorda pure che “il primo monoteista della storia conosciuta” sarebbe stato il faraone Akhenaton, padre di Tutankhamon, che abolì tutti gli dèi tranne Aton. Anche questi riferimenti non sono inediti, ed asserzioni più estreme e più difficili da dimostrare sui rapporti fra antica religione egizia e cristianesimo le fa per esempio l’egittologo Moustafa Gadalla, di cui in italiano è stato recentemente pubblicato in formato elettronico Iside. La divinità femminile (Tehuti Research Foundation).

tempi-regni-dimenticatiAngeli ribelli e misericordia
Altra sorpresa per lettori non esperti di religioni mediorientali è la scoperta che alcune di esse sono esoteriche: solo gli alti sacerdoti e gruppi ristretti di iniziati conoscono il contenuto delle dottrine, i semplici fedeli aderiscono ciecamente. È il caso dei drusi e degli yazidi. A proposito dei primi il libro racconta un aneddoto esilarante. In una scuola del Texas un’insegnante multiculturalista entusiasta chiede agli studenti di descrivere la propria religione. Giunto il suo turno Milia, giovane drusa, dice: «Io sono drusa. Noi non abbiamo un giorno santo, non conosco le nostre credenze e non devo mai pregare». L’insegnante la rimprovera: «Ti stai inventando tutto! Lo dirò a tua madre». Convocata a scuola, la madre di Milia conferma imbarazzata la veridicità delle affermazioni della figlia.

«A noi moderni sembra una cosa strana, ma era molto comune nelle religioni pre-cristiane», spiega Russell. «I drusi sanno di credere nella reincarnazione (come gli alawiti loro vicini, la religione della dinastia Assad che governa la Siria, ndr), ma per il resto sanno poco dei segreti della loro religione. Credo che il senso di comunità, di tribù segnata dal rifiuto di aderire all’islam convenzionale, abbia creato vincoli sociali molto potenti». Al che si può obiettare che i drusi esistono, come religione, solo da mille anni. Ma Russell ha buon gioco a dimostrare che le loro credenze risalgono ai pitagorici e agli gnostici, cioè ad antiche sette esoteriche. I drusi sono monoteisti, ma credono anche che da Dio siano emanati cinque esseri celesti, la Mente universale, l’Anima universale, il Verbo, il Precedente e il Seguente, che si sono manifestati in forma umana nei seguenti personaggi: Mosè e Aronne, Gesù e i suoi apostoli, Platone, Aristotele e Pitagora, quindi Maometto e i suoi compagni. «La cosa che ho trovato più interessante è l’importanza che danno agli antichi filosofi greci nella loro religione», conclude.

Uno sguardo alle religioni minacciate del Medio Oriente permette anche di capire che alcuni dei dibattiti teologici attuali non sono affatto moderni, ma sono solo la ripresa di argomenti che mistici di differenti religioni e padri della Chiesa di Oriente hanno già affrontato. Coloro che, sull’onda del recente Giubileo, si sono entusiasmati per l’ipotesi di una misericordia divina estesa fino alla salvezza eterna di ogni creatura, qualunque colpa abbia commesso in vita, forse non sanno che gli yazidi adorano Taus Malek, l’angelo ribelle che, per essersi pentito della ribellione, Dio ha liberato dall’inferno per affidargli il governo del mondo. Ignorano che Isacco il Siro, un mistico della Chiesa nestoriana, a metà del VII secolo scriveva, dice Russel, che «alla fine del mondo, ogni creatura sarà redenta e persino i diavoli entreranno in paradiso. L’inferno sparirà. “I demoni non saranno più demoni e i peccatori non saranno più peccatori”».

Se non ci fosse stato Costantino
Quasi tutte le religioni raccontate in Regni dimenticati rischiano l’estinzione o l’emigrazione forzata verso l’Europa e l’America (già in corso da anni) a causa dell’estremismo islamista, ma l’osservatore onesto non può fare a meno di notare che i coriandoli di antichissime fedi sparsi per tutto il Vicino e Medio Oriente contrastano singolarmente col panorama europeo, dove fino a un secolo fa l’unica religione diversa da quella cristiana dominante (pur divisa al suo interno fra cattolici, protestanti e ortodossi) era l’ebraismo, e non se la passava tanto bene. Commenta Russell: «Questo ci deve ricordare che non dobbiamo pensare che i musulmani siano stati sempre intolleranti, o che i cristiani siano stati sempre tolleranti. È più giusto dire che in Europa abbiamo imparato la tolleranza, mentre nel Medio Oriente è stata dimenticata. Spero e prego che la riapprendano: diventerà un posto migliore, se ciò accadrà». Forse c’è un’altra cosa che i cristiani europei dovrebbero ricordare, soprattutto quelli angelisti che non perdono occasione per condannare la “Chiesa costantiniana” dei loro antenati in nome della purezza della fede. La quale fede probabilmente non sarebbe arrivata fino ai nostri giorni se la Provvidenza non avesse disposto le cose in una certa maniera. Come ci ricorda Russell: «In Occidente il manicheismo promuoveva l’adorazione di Gesù e fu un serio rivale del primo cristianesimo. A metà del quarto secolo, un manicheo di nome Sebastiano si avviava a diventare imperatore di Roma: se vi fosse riuscito, la storia del mondo sarebbe stata molto diversa. Invece il manicheismo sparì quasi completamente dalle terre dell’impero quando il cristianesimo divenne la religione di Stato e le autorità di Roma iniziarono a estirpare le fedi rivali».

@RodolfoCasadei

Foto Ansa

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