Recalcati sbaglia: l’odio di oggi non nasce dalla religione

Di Giovanni Maddalena
25 Marzo 2025
Lo psicoanalista e scrittore scrive su Rep. che il clima di violenza politica attuale ha origine nella "esclusione" del Dio Uno, mentre il pensiero laico e democratico sarebbe aperto e pacifico. Ma dimentica l'ideologia
Trump preghiera governo
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, prega con gli altri membri del governo prima di una riunione alla Casa Bianca (foto Ansa)

In un recente articolo su Repubblica Massimo Recalcati riconduce il problema del clima d’odio politico diffuso al fondamentalismo religioso e, infine, parrebbe, alla religione tout court. Il Dio Uno, argomenta Recalcati, conduce inevitabilmente all’esclusione e alla violenza perché l’unicità impedisce l’apertura all’altro, al secondo, al Due, che è invece appannaggio del pensiero aperto, laico e democratico. È un vecchio adagio della tradizione illuminista che Recalcati cala nella situazione presente. Tuttavia, è un pensiero che non tiene conto né della logica né della teologia né, soprattutto, dell’esperienza religiosa effettiva.

La logica di Recalcati non funziona

Logicamente, la vicenda della religione che è violenta perché chiusa nell’Uno, nella solitudine della sua credenza, non funziona. L’unicità è esclusiva per natura. Ma questo vuol dire proprio la creazione dell’altro, del Due, anche se in chiave di esclusione e di nemico. Quando si ama una sola persona, si escludono le altre, ma per escluderle devo considerarle. L’Uno non ha alterità e dunque non la può nemmeno odiare. L’Essere di Parmenide non è esclusivo perché è tutto. Invece, è proprio la dialettica del Due che crea la violenza. Uno dei due vince e l’altro viene sopraffatto, uno è incluso e l’altro è escluso. È la dinamica colta da tanti autori come Schelling, Florenskij, Peirce, Lévinas. Tutti costoro hanno spiegato che, per sfuggire alla violenza dell’Uno e del Due, occorre un principio triadico. Ci deve essere un Terzo perché ci sia giustizia.

Non tutte le teologie sono uguali

Dal principio logico segue anche quello teologico. Non tutte le teologie sono uguali, non tutti gli dei sono Uno. Nelle religioni orientali spesso gli dei hanno due facce, quella buona e quella cattiva, registrazione del fatto che il mistero dell’esistenza, il suo significato recondito, si manifesta alle volte in modi contraddittori. Il Dio cristiano poi è Trinità, cioè giustizia o il suo soprainsieme, carità e amore. Ciò non toglie che possa essere interpretato e vissuto non come tale, ma si tratta dei tradimenti del principio e non del principio stesso.

Infine, più importante, l’esperienza. Tutte le persone religiose, di qualsiasi religione, sanno che il rapporto con Dio è una relazione con qualcosa o qualcuno che è più di se stessi, la cui volontà è altra dalla propria perché è in ultimo misteriosa, ossia ultimamente imperscrutabile, non riconducibile alle dinamiche della mente umana. Gli aggettivi con cui l’esperienza religiosa chiama Dio dimostrano l’alterità totale che l’essere umano sente: incommensurabile, infinito, onnipotente, onnisciente.

Anche nelle forme rivelative o rivelate, Dio continua a essere mistero e alterità. Come faceva ben capire la filosofia di Gianni Vattimo, una rivelazione che togliesse del tutto il mistero di Dio sarebbe pura secolarizzazione. Più semplicemente, Agostino di Ippona diceva che “se lo puoi comprendere, non è Dio” (si comprehendis, non est Deus).

Caro Recalcati, la violenza di oggi nasce dall’opposto della religione

La violenza della società attuale, la sua polarizzazione, nasce allora piuttosto dall’opposto della religione, che è l’idolatria e, modernamente, l’ideologia. Nella dinamica descritta, essa significa mettere al posto di Dio qualcosa o qualcuno che non lo è affatto, che risponde o corrisponde ai nostri pensieri umani, e spesso al mero nostro piacere o desiderio, adorandolo come un dio. È un dio che è nostro possesso e di cui diventiamo schiavi.

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Ci sono idoli e ideologie grandi e piccoli: l’ordine sociale, l’eguaglianza, la razza, la classe; ma anche il successo, la carriera, il piacere, il denaro, la cultura; fino al partito, al gruppo, al clan, alla squadra di calcio. Tutto può essere trasformato in dio. Lo comprendiamo, sappiamo che non è dio, che non parla, non comunica niente di diverso da ciò che già pensiamo, ma lo trasformiamo in dio pensando che l’affermazione sua sia l’affermazione nostra. È il dio dei (cattivi) filosofi, il dio della mente che è principio di violenza, mai il Dio vivente delle tradizioni popolari vissute da cuori di carne.

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