
Rassegna stampa/1 Piano per la crescita: anche il Pd propone qualcosa
Ieri il Consiglio dei ministri ha presentato il Piano per la crescita che, secondo Silvio Berlusconi, deve portare almeno a una crescita del Pil «dell’1,5%», abbassando così le pretese da quel «3-4%» annunciato al Tg1. Il governo ha dato così il via libera ai provvedimenti economici, illustrando la riforma degli articoli 41, 97 e 118 della Costituzione e il piano che riordina gli incentivi, soprattutto a favore del Sud e delle Pmi. Tremonti non ha partecipato molto alla conferenza stampa, salvo dire poche parole in cinque minuti e andare via subito dopo.
“Il silenzio tremontiano, come spesso capita, diventa un caso. […] Le ragioni vengono fatte risalire, da autorevoli esponenti di governo e da alcuni membri del suo staff tecnico, a due ordini di motivi: uno è macroeconomico, l’altro è invece maliziosamente politico. I ministeri del Tesoro europei stanno in queste ore negoziando, in vista del Consiglio europeo di marzo, i dettagli di un pacchetto di misure sulla ‘nuova governance europea’” (Foglio, p. 1).
“Le trattative prevedono un rapido aggiustamento del rapporto tra debito e pil dei paesi europei fino ad arrivare al 60 per cento. Una riduzione dell’eccesso di debito pari a un ventesimo l’anno, ovvero circa cinquanta miliardi annui. […] Il ministro teme, spiegano i tecnici del suo dicastero, che le nuove regole europee passino. Per questo non ha nessuna voglia di mettere la propria faccia su un piano per la crescita che contenga provvedimenti di spesa” (Foglio, p. 1). E se è vero che il piano appena varato non ne contiene, si teme un allontanamento politico dal premier.
Dall’Europa, dunque, non arrivano buone notizie ma “il fatto che il governo abbia messo all’ordine del giorno la crescita e le liberalizzazioni è stata una buona idea anche perché ha suscitato una proposta di 41 ‘liberalizzazioni’ a effetto immediato da parte del Pd. […] E’ buona la proposta numero 4 del settore ‘professioni’: una legge che equipari le professioni ai servizi, per il riconoscimento delle misure comunitarie e italiane di sostegno economico per lo sviluppo dell’occupazione e degli investimenti, con particolare riguardo ai giovani” (Foglio, p. 1).
“Sin qui si tratta di propostine. Quelle grosse sono tre nel campo della libertà di impresa: stabilire l’avvio immediato di stabilimenti produttivi con autocertificazione e controlli ex post, consentire alle aziende di scegliere i tempi di esercizio delle loro attività e quindi i loro orari (mi pare che sia il modello Marchionne per gli stabilimenti Mirafiori e Pomigliano, avversato dalla Cgil) e piena attuazione della direttiva europea sulla libertà di accesso ai servizi” (Foglio, p. 1).
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