Ramificazione comunista

Ha più correnti della vecchia Balena Bianca. Più personalismi che un partito d'individualisti. Non sa se affidarsi a Epifani o a Vendola. E si prepara all'ennesima scissione (a sinistra)

Al Congresso del 1999 le correnti erano due: bertinottiani da una parte, ferrandiani dall’altra. Nel marzo 2006, VI Congresso di Venezia, erano diventate quattro. Ufficiali. Più un’altra emersa in un secondo tempo. Tutte con dentro tanti distinguo, a volte a titolo puramente personale. Le quattro mozioni furono l’effetto della svolta filogovernativa di Fausto Bertinotti, fino a quel momento presidente (quasi) incontrastato del Prc. La sua nomina alla presidenza della Camera dei Deputati ha fatto il resto, generando l’esplosione – o l’implosione – del partito; dando fiato alle aree critiche che covavano da sempre, e a correnti e movimenti che a volte contano poche centinaia di simpatizzanti e iscritti. Il prossimo appuntamento congressuale di marzo 2008 sarà la resa dei conti: Rifondazione comunista dovrà decidere cosa fare per andare avanti, nel nuovo scenario che si apre a sinistra.
Partito di lotta o di Governo? Federazione di sinistra o Cosa rossa? E qualunque cosa ne uscirà, chi la guiderà? In pole position ancora Paolo Ferrero o Gennaro Migliore, entrambi protagonisti di uno scontro per la successione a Bertinotti, che si concluse con l’elezione di Franco Giordano come punto di sintesi, come segretario di transizione. O il nuovo leader sarà Guglielmo Epifani, come si mormora in alcuni ambienti Cgil? O Nichi Vendola, che prende sempre più quota per la guida della futura aggregazione della sinistra radicale? O si cambia o si muore, sentenziano alcuni iscritti. Mentre altri fanno notare che siamo già alla spaccatura dell’atomo e che a novembre è prevista una nuova scissione. E che se la base è sempre più distante dai circoli, i quadri intermedi sono stanchi di assistere a balletti di poltrone e incarichi dentro e fuori il partito.
Così, mentre settimana scorsa la sinistra alternativa milanese si incontrava alla Camera del lavoro per trovare momenti comuni di dibattito, nel capoluogo lombardo si lavorava a un’assemblea degli autoconvocati. «Compagni che vogliono discutere al di là dei dirigenti», dice sbuffando un consigliere regionale. Che giura di non sapere né dove né quando si terrà questo appuntamento carbonaro.

Mozione 1. I bertinottiani
La corrente maggioritaria, con il 59 per cento dei voti, è rappresentata a pieno titolo dalla classe dirigente del Prc voluta da Fausto Bertinotti all’ultimo Congresso, quando dalla segreteria vennero espulsi i rappresentanti delle altre correnti. Sono i sostenitori di un partito che sia di Governo ma anche di movimento: attenti alle istanze pacifiste, all’area dei no global, ai “movimenti dei movimenti” come si chiamavano ai tempi del G8 di Genova.
Orfani non solo del leader carismatico ma anche del profilo assunto dopo i fatti del 2001 sono soprattutto i più giovani, quelli noti come i “figli di Genova”, quelli di Gennaro Migliore, capogruppo alla Camera: tra loro il segretario del Prc campano Giuseppe De Cristoforo, classe 1971, quello della Puglia Nicola Fratoianni, di un anno più giovane, uniche due regioni che alle amministrative dell’anno scorso hanno visto un balzo in avanti del partito. I giovani sperano in Nichi Vendola, oggi Presidente della Puglia, a capo della Cosa rossa, ma se la dovranno vedere con gli uomini e le donne del ministro della Solidarietà sociale che stanno sull’altro fronte, pur se sempre dentro la stessa corrente: Paolo Ferrero in questo momento pare essere il più forte all’interno della mozione maggioritaria. Dalla sua vanta le principali regioni del Nord: Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Friuli, e poi Umbria, Abruzzo e Lazio. La politica di Ferrero è meno legata ai movimenti e più agli apparati di partiti e associazioni. A Milano, ad esempio, il partito, coordinato da Nello Patta, ha rotto con lo storico centro sociale Leoncavallo e con Punto Rosso, ma ha tessuto una corrispondenza di sensi e di intenti con la Cgil regionale. Lo scontro si ripropone quindi fra i due aspiranti alla segreteria nazionale del post Bertinotti che incarnano due prospettive diverse nell’impianto delle relazioni con gli altri: per i più giovani miglioriani il partito del futuro dovrà essere più duttile e più aperto alle contaminazioni con i movimenti ma anche con le altre forze politiche della sinistra alternativa. La forma starebbe in un nuovo soggetto che oggi viene sintetizzato con il nome di Cosa Rossa. Tendono più a costituire invece una federazione dei partiti i sostenitori di Ferrero che infatti parla di “alleanza” e di “sinistre”. Sempre al plurale.
Lo scontro tra Ferrero e Migliore portò nel 2006 alla proclamazione di Franco Giordano quale segretario di transizione, come punto di sintesi e pacificazione. Tutti e tre bertinottiani doc eppure così diversi tra loro e pure rispetto agli altri colleghi di corrente in cerca del quarto d’ora di rappresentanza.

Mozione 2. I cossuttiani rifondaroli
è la seconda corrente per preferenze, con il 22 per cento del Congresso di Venezia. Raggruppa i cossuttiani rimasti in Rifondazione, i filosovietici: non hanno seguito la scissione nel Partito dei comunisti italiani perché contrari al sostegno al Governo Prodi nel 1998 sostenuto invece da Armando Cossutta. Ma del Prc non hanno mai accettato la revisione teorica del comunismo né la critica nei confronti del socialismo reale russo, cinese o cubano. L’esperienza di governo in corso ha portato a una scissione in due correnti che fanno riferimento ad altrettante riviste di dibattito politico. La più consistente è Essere comunisti: il coordinatore è Claudio Grassi, ex sindacalista Cgil, extraparlamentare negli anni Settanta: nel prossimo congresso lui e i suoi confluiranno nella mozione 1 appoggiando quindi la scelta bertinottiana. Rimane sulla posizione il gruppo de L’Ernesto (che è anche il nome della rivista dell’area). Conta due deputati: l’onorevole Gianluigi Pegolo e il senatore Fosco Giannini che è anche il direttore della rivista.

Mozione 3. I ferrandiani
Era la corrente di Marco Ferrando – ex Democrazia proletaria – che dopo anni di opposizione interna nel 2006 ha costituito il Partito comunista dei lavoratori. I ferrandiani di “Per un progetto comunista” sono sempre stati contrari a qualsiasi tipo di accordo con l’odiato Ulivo che, secondo la mozione, sarebbe troppo vicino e contiguo a Confindustria. A giugno Ferrando ha lanciato una manifestazione anti-Bush e anti-Prodi allo stesso tempo.

Mozione 4. Sinistra critica
Anche questa corrente – nota anche come Sinistra Critica – si raggruppa attorno a una rivista, Erre, dove le tre erre stanno per Resistenze Ricerche Rivoluzioni. Più trotzkista dei ferrandiani, è legata alla Quarta internazionale e alla Lega comunista rivoluzionaria che ha sede ad Amsterdam ma che vanta maggiore seguito in Francia. Il leader è l’ex senatore Luigi Malabarba che si è dimesso per cedere il posto a Heidi Giuliani, la mamma di Carlo, ucciso durante gli scontri di Genova 2001. Per la quarta mozione gli accordi con la sinistra moderata si possono fare ma solo per battere il centrodestra, senza mai rinunciare alla propria autonomia. Ne fanno parte i deputati Salvatore Cannavò e Franco Turigliatto: il loro no alla fiducia a Romano Prodi sul rifinanziamento delle missioni all’estero rischiò di far cadere il premier lo scorso marzo. Ora hanno annunciato che non voteranno il Protocollo di luglio su welfare e pensioni. Mentre preparano la scissione d’autunno con la creazione di un nuovo soggetto politico, forse inizialmente solo un’associazione e non un partito, assieme alla Fiom di Giorgio Cremaschi, ai Cobas di Piero Bernocchi e ai no global di Luca Casarini.

Mozione 5. Falce&martello
All’ultimo Congresso la mozione aveva un titolo inequivocabile: “Rompere con Prodi, preparare l’alternativa operaia”. è l’ultima delle correnti di ispirazione trotzkista, uscita dalla terza e coordinata da Claudio Bellotti: sostiene che Rifondazione comunista deve allearsi con il resto del

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