
Radici della ricchezza occidentale
Uno degli argomenti preferiti di terzomondisti, antiglobalizzatori, comunisti e cattocomunisti vari per suscitare lo scandalo generale nei confronti dell’economia di mercato moderna e giustificare il progetto di abbatterla è quello dell’“80-20”: «il 20 per cento della popolazione mondiale consuma l’80 per cento delle risorse», scriveva ancora un settimanale qualche giorno fa, mentre il restante 80 per cento dell’umanità deve accontentarsi del misero 20 per cento che i predoni gli hanno lasciato. Premesso che certamente non tutto ciò che costituisce il sistema economico-finanziario internazionale è equo, non si può fare a meno di notare che il 20 per cento dell’umanità “consuma” l’80 per cento dei beni per il semplice fatto che li ha prodotti. La reazione di una normale mente razionale di fronte a ciò non dovrebbe essere lo scandalo, ma la sorpresa: come fa una frazione dell’umanità ad essere così superiore alla restante parte per quanto riguarda la creazione di benessere diffuso? La risposta di marxisti, catto-comunisti e sinistra radicale in genere è: attraverso il dominio e lo sfruttamento. Cioè l’imperialismo e il colonialismo ieri, poi lo “scambio ineguale” e oggi anche il meccanismo del debito estero. Ma questa interpretazione non regge. Negli ultimi mille anni molti popoli hanno creato imperi, ma nessuno di essi può vantare i risultati dell’Occidente in termini di benessere diffuso e sviluppo socio-politico (libertà & democrazia): arabi, cinesi, turchi, aztechi, incas, songhai, ecc. hanno conquistato terre e razziato ricchezze per secoli, ma senza avvicinarsi nemmeno un po’ ai risultati occidentali in termini di sviluppo. La teoria dello scambio ineguale, secondo cui europei ed americani sono ricchi perché comprano il caffè e le banane africane a prezzi sempre più bassi e vendono i loro macchinari a prezzi sempre più alti, è solo patetica: negli ultimi 30 anni il prezzo dei computer è diminuito del 99,999 per cento, decisamente di più delle oscillazioni delle agroesportazioni tropicali. Lo stesso dicasi a proposito del debito estero: gli interessi che i governi dei paesi poveri pagano alle banche dei paesi ricchi non sono che una piccolissima frazione del pil di questi ultimi. E non va dimenticato che non tutti i paesi indebitati sono uguali: Corea del Sud e Zambia registrano lo stesso indebitamento pro capite, ma la prima ha saputo investire i prestiti, e oggi vanta un reddito pro capite di 8.600 dollari, il secondo no, e il reddito è appena di 330. In realtà la ricchezza dell’Occidente è il prodotto di secoli di cultura giudaico-cristiana, di progresso scientifico e tecnico, di sviluppo politico e sociale che non si spiegano senza il profetismo ebraico e l’antropocentrismo cristiano. Ma questo il popolo di Seattle e i suoi cappellani non possono capirlo, perché hanno reciso il legame con le origini e si sono condannati –supremo paradosso- ad una visione economicistica della realtà: quella dell’“80-20”.
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