Questione di famiglia

Di Alessandro Giuli
25 Ottobre 2007
Spiazzato dal successo delle primarie ma ancora forte della fiducia vaticana, Pezzotta studia da playmaker dei cattolici nel Pd. In attesa che si (ri)aprano spazi per il suo progetto centrista

Il piano di Savino Pezzotta e della sua Officina 2007 c’è e rimane inalterato. Soltanto è cambiato il contesto, ci sono troppe variabili in movimento per rispettare quel calendario che nella scorsa primavera sembrava indicare la via della lacerazione rumorosa a sinistra, contro il Partito democratico, e dell’incontro al centro con l’Udc di Pier Ferdinando Casini. Per registrare come le cose si stiano rimescolando, basta sapere che la Cei ha di recente convocato i leader dei movimenti vicini a Pezzotta e al popolo del Family day, per dire loro: aspettate, guardate al Pd sine ira ac studio, senza veti, ma incalzando la creatura veltroniana con un’insistenza politica che ai vescovi non si addice praticare. I vescovi si occuperanno di martellare sotto il profilo della cultura e della presenza spirituale, in perfetta continuità con la strategia di Camillo Ruini, ma delegando qualcosa in più ai campioni del cattolicesimo militante, al proprio braccio secolare.
Di fatto questa è una via subordinata che prevede di seminare “anche” nel Pd, sapendo che prima o poi la vendemmia arriverà altrove. Pezzotta si fermerà per qualche tempo entro il recinto del movimento “parapolitico” che aveva promesso di offrire al mercato delle idee, e così terrà buone e organiche al programma le Acli, che mal vedevano la prospettiva di un atterraggio parlamentare. Pezzotta resta comunque il volto pubblico di un orgoglio in movimento: «Vai avanti anche se i tempi si allungano, rivedi la traiettoria, non destabilizzare quanto nel Pd può aprirsi adesso d’interessante per la causa che rappresenti». Gli hanno detto questo, durante le conversazioni riservate nel dietro le quinte delle Settimane sociali. Lui ha riposto sì e in effetti nessuno aveva ascoltato, nei giorni immediatamente successivi alle primarie, sue parole di fuoco contro il Pd. Ecco il punto: il Partito democratico veltroniano è un animale ancora troppo indecrittabile per tenersene pregiudizialmente fuori. Soprattutto se dovesse seguire la via consigliata dal Foglio, vista con interesse dal sindaco romano e caldeggiata da Francesco Rutelli: quella di azzerare i tesseramenti per marginalizzare le oligarchie e dare una forma liquida e onnicentrica al prodotto democrat. I teodem di Enzo Carra e Paola Binetti (si è aggiunto anche Gerardo Bianco), consanguinei al gruppo di Pezzotta (rivendicano una doppia appartenenza che nessuno osa discutere), hanno accolto con sorpresa e ottimismo la volontà veltroniana di tenerli a tutti i costi dentro la Costituente democratica. Walter Veltroni è troppo forte e generoso per chiudere lo spazio al dialogo. Visto il loro scetticismo di partenza, poteva massacrare i teodem e invece ha detto: «Per carità, voi siete dei nostri, venite con noi e aiutateci a darci un’anima». Sicché ora l’imperativo è di dare e trarre il meglio dal partito nascente. Un primo segnale Walter l’aveva dato inaugurando la propria campagna per le primarie insieme con Andrea Riccardi di Sant’Egidio. Un secondo segnale arriva dagli ex rivali del Ppi, Dario Franceschini e Giuseppe Fioroni, proconsoli mariniani ai vertici del Pd, pronti a battersi per disseppellire un’identità comune con i rivoli del cattolicesimo politico. Il consenso che amministrano su base locale è notevole e non va disperso adesso, non conviene perciò colpevolizzarli (come faceva Pezzotta a luglio) per un insuccesso politico che non c’è stato. È preferibile stabilire un canale privilegiato fra loro e l’ex capo della Cisl, attraverso Carra e i suoi.
Oltretutto la congiuntura politica ispira alla cautela. Il governo Prodi è vicino al trapasso, ma l’Udc sta disertando l’appuntamento al centro stabilito nella scorsa stagione. Casini non ha una legge elettorale tra le mani che gli consenta di abbandonare definitivamente Silvio Berlusconi, Clemente Mastella è inguaiato e debole, Veltroni esibisce un potere attrattivo enorme. Tanto vale allora rimanere equidistanti e non polemici, come sta facendo Pezzotta. Ma è chiaro che l’attenzione verso il Pd sovrasta la diffidenza, come accade quando ci si mette alla prova durante un corteggiamento, come se il Pd – per dirla con le parole d’un amico di Pezzotta – «possa essere sia lo strumento del demonio sia una novità angelicata e carica di potenziali virtù culturali e religiose». La differenza tra i due corni è abissale ma va indagata.

Sempre in pressing
Pezzotta lo farà a modo suo: con quel piglio valligiano e bergamasco che è al contempo un tratto rustico e una promessa di ascolto. Il suo movimento in questi giorni è meno luccicante perché il raggio dei media si dirige altrove, ma la sostanza numerica e la fiducia vaticana rimangono alte e inalterate. Il suo non sarà un pensatoio esangue né un club di disillusi dalla politica. Pezzotta continuerà insomma a esercitare la propria pressione culturale sui due Poli fino a che la circostanza storica non libererà lo spazio per la terza via centrista; pretenderà spazio per le proposte che sta scrivendo a favore della famiglia; si muoverà con l’ostinazione che Montini pretese dalle Acli nel secondo Dopoguerra, un misto di sindacalismo cattolico e presenzialismo vigoroso nella cosiddetta società civile. La permeabilità identitaria del Partito democratico, l’imminente implosione del prodismo, la ferite acute sulla pelle della sinistra radicale e l’incertezza programmatica che affligge l’opposizione (post)berlusconiana – crede Pezzotta – immetteranno presto altro combustibile nell’altoforno dell’Officina 2007.

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