
Questa è una costituzione giacobina
«Sono un ebreo praticante, ma sono anche un costituzionalista praticante». Così Joseph H. Weiler al Meeting di Rimini ha fulminato i giornalisti che gli domandavano come potesse conciliare la sua pratica religiosa con la convinta perorazione a favore del riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa nel trattato costituzionale dell’Unione Europea (Ue). Ed effettivamente la logica costituzionalistica basta e avanza per bollare come faziosa la bozza di trattato attuale, nella quale, nonostante le richieste di alcuni paesi fra cui l’Italia, Dio e il cristianesimo non trovano posto. Ma questa non è l’unica motivazione che ha spinto l’illustre costituzionalista ad esporsi, come dimostra l’intervista che ci ha rilasciato.
Professor Weiler, perché il costituzionalista che è in lei insorge contro l’esclusione del cristianesimo dal trattato costituzionale europeo?
Perché questa scelta non è rispettosa del pluralismo costituzionale degli Stati membri. Opta per un impianto simbolico di tipo giacobino, che è quello della costituzione francese, ed esclude le scelte diverse fatte da molte altre costituzioni di paesi che sono o che presto saranno parte della Ue. Se noi analizziamo le costituzioni dei paesi europei, scopriamo una costante: nei loro articolati, che sono la parte che crea il diritto positivo, il diritto alla libertà religiosa viene affermato come libertà dei singoli di praticare oppure di non praticare la religione. In pratica, per quel che riguarda la religione lo Stato si dichiara agnostico, e su questa base si impegna a garantire ai credenti di tutte le religioni la libertà di praticare ed ai non credenti la libertà da qualunque coercizione religiosa. Ma le costituzioni non hanno solo la funzione di stabilire le basi del diritto positivo nelle varie materie. Hanno anche quella di custodire e riflettere valori, ideali e simboli condivisi in una determinata società. E questa funzione normalmente viene assolta dal Preambolo. Ora, mentre gli articolati costituzionali europei sono omogenei nel presentare lo Stato agnostico come fonte del diritto positivo, i vari Preamboli non lo sono affatto: ci sono paesi a simbologia laicista e ci sono paesi a simbologia religiosa.
Sono molte le costituzioni di paesi Ue e aspiranti tali che presentano riferimenti religiosi nei rispettivi Preamboli?
Sì, circa la metà. La costituzione tedesca parla di “responsabilità davanti a Dio e agli uomini”, quella irlandese è stata adottata “nel nome della Santissima Trinità, da cui proviene ogni autorità”, le costituzioni di paesi diversi come Malta, Grecia e Danimarca riconoscono chiese e culti religiosi di Stato, che sono rispettivamente la religione cattolica, la Chiesa ortodossa, la Chiesa evangelica luterana; la costituzione scritta danese e quella non scritta britannica individuano nel monarca il capo della Chiesa nazionale. Di fronte a questa pluralità, recepire nel Preambolo della costituzione europea solo la simbologia laicista francese sarebbe un atto di imperialismo culturale, o di giacobinismo culturale, se vuole.
Si obietta che privilegiare il cristianesimo nella costituzione europea sarebbe anche questo un atto di imperialismo culturale, sarebbe l’imposizione di un’egemonia.
La soluzione a questo problema c’è. Si potrebbe adottare una soluzione simile a quella del Preambolo della nuova costituzione polacca, che concilia simbologia religiosa e a-religiosa: «Avendo riguardo per l’esistenza e per il futuro della nostra patria… tutti i cittadini della Repubblica, sia quelli che credono in Dio come fonte di verità, giustizia, bene e bellezza, sia quelli che non condividono questa fede ma rispettano quei valori universali come derivanti da altre fonti…». E comunque un riferimento diretto ed esplicito all’identità cristiana dell’Europa non mi farebbe nessun problema.
Come ebreo praticante non si sentirebbe minacciato, o messo ai margini, da un’Europa che si autodefinisse cristiana nella sua identità?
Assolutamente no. In primo luogo perché le norme di diritto positivo in tutte le costituzioni europee e in tutti i trattati internazionali sottoscritti dai paesi europei garantiscono la libertà di culto a tutte la religioni. In secondo luogo perché considero indispensabile per qualunque tipo di rapporto che gli interlocutori, che siano persone o soggetti politici, dichiarino esplicitamente la loro identità. L’identità cristiana dell’Europa è un fatto, nel bene e nel male. Affermandola, l’Europa si assume sia gli splendori che le ombre che storicamente corrispondono a questa identità. Io, ebreo, per essere ebreo ho bisogno anche che chi è diverso da me affermi la sua diversità, e non la nasconda. L’Altro non è semplicemente una realtà sociale; ontologicamente, è necessario perché possa esserci l’Io. Se non c’è l’Altro, non c’è un Io distinto. L’orientamento degli europei a negare le loro radici cristiane può anche generare in ebrei, musulmani e credenti di altre religioni sospetto o disprezzo. Sospetto circa una mancanza di buona fede. E disprezzo perché potrei domandarmi: «Come possono costoro rispettare la mia identità se non rispettano la loro stessa?».
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