Quel che Sergio “il caldo” non dice

Di Emanuele Boffi
04 Ottobre 2001
Dalla Finanziaria un aiuto (ma nessuno se ne è accorto) alle piccole e medie imprese. Il contrario di quel che fece Visco. Meteo agitazioni sindacali: Sergio “il caldo” e Savino “il calmo” di Emanuele Boffi

«Compagno Visco, perché hai finanziato i padroni e spremuto il popolo?» si chiedeva Tempi in aprile. Berlusconi non aveva ancora vinto, Luttazzi era un Robin Hood, Genova era la città del pesto e non dei pestaggi, New York aveva le sue torri. Tempi allora dimostrò, dati alla mano, che le aliquote reali del prelievo fiscale in Italia erano solo il 30,6 per cento per le grandi imprese e addirittura il 70 per cento per le medie e piccole. Un bel regalo dell’Ulivo alla grande industria che era passato sotto silenzio.

Regali e regalie

Grazie a un’autorevole fonte, membro dello staff del ministro Tremonti, Tempi apprende che nella relazione tecnica dei provvedimenti finanziari viene corretta la logica del governo precedente. «Si è parlato molto di famiglia e pensioni ma poco della “rivalutazione volontaria”. Si è detto qualcosa falsando però il senso dell’operazione. Lo stesso ministro, dopo averla illustrata, ha ammesso: “nessuno ne ha capito l’importanza”. L’anno passato era stata fatta una rivalutazione volontaria che andava a beneficio solo delle grandi imprese. Veniva data la facoltà alle grandi industrie di pagare un’imposta molto bassa aumentando i valori del proprio capitale. Quest’operazione di rivalutazione permetteva di usufruire dei benefici legati alla Dit». La Dit (Dual Income Tax), aveva permesso alle grandi imprese di realizzare quelle plusvalenze che, mandate al capitale netto, consentivano l’abbassamento dell’aliquota fiscale. Questa manovra spiega perché, al tempo di Visco, le imprese finanziarizzate stessero al 30,6 e quelle industriali al 69,4 per cento di aliquota. «Alle grandi imprese – spiega la fonte – non solo veniva fatto lo sconto ma pure un regalo. Noi oggi abbiamo riaperto quest’operazione per il 2002 ma l’abbiamo fatto rivolgendoci non al mondo delle imprese ma a quello delle persone che, in Italia, è quello delle società a nome collettivo e delle piccole società industriali. Senza fare regali a nessuno, facendo pagare qualcosa a tutti, si consente alle piccole e medie imprese di usufruire di benefici finora negati».

Il buco con l’Ulivo intorno

Di tutt’altra natura il “regalo” lasciato in eredità al futuro governo: quel buco nei conti oggi calcolabile intorno ai 30mila miliardi. Oggi, come allora, Visco-Fisco e il caro Amato hanno sempre negato l’esistenza di quel buco. Anzi, proprio nei giorni della presentazione della nuova finanziaria, è circolata sui giornali la notizia che il “buco” non c’era mai stato. «E invece c’era. Eccome se c’era» rispondono spazientiti dalla polemica da via XX Settembre. «Se noi facciamo una finanziaria di questo tipo è proprio perché siamo stati costretti dagli eventi. E per eventi intendiamo una “sorpresa” da 30mila miliardi. Se ora la situazione è migliorata è grazie ad agenti esterni e all’intervento del nostro governo. Da un lato il crollo del mercato azionario (che non è cosa per cui esultare) ha spinto la gente all’assalto dei Bot, dall’altro le entrate per 4 o 5mila miliardi per la vendita degli immobili e la manovra per l’emersione del “nero” ci hanno consentito di vedere il futuro in maniera più rosea». D’altro colore lo vedono però i sindacati. Pensioni, lavoro, famiglia. Per un Sergio Cofferati (Cgil) che «non salva nulla», c’è un Luigi Angeletti (Uil) che «vede qualche spiraglio» e un Savino Pezzotta (Cisl) «in attesa degli eventi». Tra una minaccia («sarà un autunno caldo», Cofferati) e una ritirata («mi auguro un autunno calmo», Pezzotta) che si dice nei corridoi del ministero del Tesoro? «La situazione – raccontano – è diversa: per Cisl e Uil si tratta di non rimanere fuori dai giochi. Il timore di essere esclusi dal tavolo delle contrattazioni, al quale erano abituati a partecipare, è ora per loro la questione più importante. Più che sul merito della finanziaria sono preoccupati per il metodo che fin qui è stato usato. Con la Cgil, vabbè, c’è bisogno di dirlo? È dall’estate che ha una posizione pregiudiziale nei nostri confronti. Qualunque cosa avessimo fatto ci sarebbe stati contro. Insomma, tutto come preventivato, tutto secondo copione».

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