
Quando l’assistenza è una storia d’amore

Ci sono luoghi che non fanno rumore. Non alzano la voce. Non gridano per essere visti. Eppure, sono lì, ogni giorno, a trattenere ciò che altrimenti crollerebbe. C’è un’Italia che non appare nei talk show, che non partecipa ai dibattiti sul nulla. Un’Italia che non cerca il centro, perché ha scelto le periferie. Le periferie dell’anima. Quelle in cui si inciampa nella fragilità, nella solitudine, nella malattia che trasforma ogni gesto in un’impresa. Lì, accanto a un letto, lungo una scala, dentro un appartamento che profuma di stanchezza e silenzi, c’è qualcuno che entra in punta di piedi. Non per portare una soluzione, ma la cura. Una carezza. Per esserci. Con una flebo in mano, un sorriso pronto, un respiro regolato sul ritmo dell’altro.
Lì c’è Osa (una delle principali cooperative italiane dedicate all’assistenza domiciliare, con oltre 50 mila assistiti ogni giorno, fondata su continuità, professionalità e umanità). Ma non come marchio. Non come sigla. Come comunità silenziosa. Come presenza che accade. Questa Cooperativa ha fatto della cura un linguaggio. E di quel linguaggio una pratica. Non retorica. Non pubblicità. Ma una grammatica umana che non ha bisogno di essere spiegata. Perché si intuisce. Si tocca. Si sente.
La sfida della sanità
Chi assiste a domicilio, chi lavora con i fragili, chi resta quando tutto il resto va via, non è un professionista qualsiasi. È un ponte tra il visibile e l’invisibile. Tra ciò che appare e ciò che resta nascosto. Ed è proprio lì, in quell’invisibilità luminosa, che si gioca oggi la sfida della sanità. Non nei numeri. Non nei proclami. Ma nei corpi curvati, nelle mani aperte, nei cuori stanchi che ancora sanno restare.
Osa ha deciso di abitare questa soglia. Di costruire relazioni dove altri vedono solo costi. Di dare valore a ciò che per il mondo è scarto. È necessario entrare con rispetto in ogni storia, per raccontarla, per ascoltarla, per renderla visibile. Chi cura e chi è curato. Chi assiste e chi è assistito. Chi sorride e chi, per l’ultima volta, piange. Meritano tutti una narrazione capace di commuoversi senza reticenza.
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