
Quando Il Fatto Quotidiano stravedeva per la bella figlia dell’amico Gheddafi
Il Fatto Quotidiano, come è noto, ce l’ha con B. Anche quando B. fa un ottimo servizio alle ragioni di stato e nazionali nel siglare gli accordi che ha siglato – economici e di contenimento dell’immigrazione – con la Libia di Gheddafi. Ce l’ha con B. anche quando B. viene plaudito dagli americani (vedi lettera dell’ex ambasciatore Spogli oggi sul Corriere della Sera, 25 febbraio, p. 21) per aver fatto dell’Italia “il migliore alleato Usa”. Insomma, FQ ce l’ha con Berlusconi a prescindere.
E così, oltre che come Hitler e violentatore di bambini, lo ha rappresentato anche come il massimo leccapiedi del dittatore libico. Poi uno si imbatte per caso in un archivio e si chiede perché, sabato 16 ottobre 2010 (praticamente alla vigilia dei moti in Libia, non chissà quanto tempo fa), Il Fatto Quotidiano abbia riservato un’intera pagina per beatificare via intervista la figlia del rais di Tripoli Aisha Gheddafi. Signorina che, proprio in questi giorni di sangue, è ricomparsa alla tv libica per sostenere la parte del padre (“vedete, non sono scappata, non sta succedendo niente, io e papà amiamo il nostro popolo eccetera”) e che il 16 ottobre scorso l’intervistatore del Fatto Quotidiano aggredì con frasi tipo: “Aisha, sicuramente la più bella di tutti”, “le sue risposte sono di una chiarezza assoluta”, “Saddam? Mi sento obbligata a difendere chiunque venga ingiustamente accusato”, “risarcire le vittime di Lockerbie? La Libia non è un bancomat”.
Tutte cose molto anticonformiste che l’intervistatore trascrive senza fiatare e che la direzione del Fatto Quotidiano mette in pagina senza postillare una virgola. Di più, non bastando la piaggeria, l’articolo contiene un’intensa dichiarazione d’amore per la Libia, qualcosa di più e di meglio di una volgare democrazia. Infatti, scrive di sua sponte Il Fatto Quotidiano, “Invece della democrazia parlamentare che concentra il potere nelle mani di pochi rappresentanti eletti, in Libia le decisioni vengono prese dal Congresso del popolo”. Bella lezione cari Padellaro&C. Ma più bella ancora è la confessione che vi è scappata in quel titolo di apertura, martedì 22 febbraio: “Il genocidio dell’amico Gheddafi”.
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