Quando i tedeschi eravamo noi (finché non ci siamo immolati sull’altare dell’Europa)

Di Pier Giacomo Ghirardini
27 Settembre 2015
Piccole e medie imprese (spesso possedute da una famiglia) con forti legami con le comunità locali che si specializzano e si innovano producendo prodotti di nicchia di alta qualità
epa04634195 German Chancellor Angela Merkel wears a Siemens company smock during her visit to the Siemens electronics factory (EWA) in Amberg, Germany, 23 February 2015. Chancellor Merkel was given information about digitalization of the industry during her visit to Bavaria. The factory is considered to be the prime example of the Siemens 'digital factory' business field. EPA/ARMIN†WEIGEL

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Il mercato del lavoro tedesco è il migliore d’Europa. Una terra promessa che conta, secondo il dato Eurostat più recente (secondo trimestre 2015), qualcosa come 1 milione 58 mila 772 posti di lavoro vacanti. E ciò spiega perché migliaia, decine di migliaia di profughi e migranti (forse centinaia di migliaia in futuro), si incolonnano in un’epica anabasi che finirà non al grido «Thalassa! Thalassa!» dei compagni di Senofonte, ma con un altrettanto liberatorio «Germany! Germany!».

Bella forza: quali paesi europei possono vantare colossi come Bmw, Bosch, Mercedes, Sap o Siemens? No, il successo della Germania è in realtà la rivincita della sua caparbietà nel restare un’economia manifatturiera altamente regolata e coordinata, mantenendo vive e attuali le sue radici artigianali nella Mittelstand: piccole e medie imprese (spesso possedute da una famiglia) con forti legami con le comunità locali che si specializzano e si innovano producendo prodotti di nicchia di alta qualità. Stabili nei loro legami con le scuole, le banche (cooperative) locali, le grandi imprese, l’apprendistato e la comunità allargata – il loro vero vantaggio concorrenziale.

Una competitività non basata sul prezzo, ma che si è dispiegata in prodotti dal solido design, elevata qualità, innovazione e complessità tecnologica e affidabilità. È per questo motivo che il numero maggiore degli attuali posti vacanti in Germania (ben 397.131) si concentra nelle attività professionali, scientifiche e tecniche e nei servizi avanzati alle imprese. A queste imprese. Un modello dove chi lavora ha tutto l’interesse a stare concentrato e usare la testa. Perché si è squadra, comunità, si ha tutto da imparare e guadagnare. Non perché qualcuno ti controlla le pause pipì.

Ma scusate, questo non vi ricorda qualcosa? Ma questo modello – fatte le debite proporzioni, certo – non è quello che ha caratterizzato la fase più felice dello sviluppo di regioni come la Lombardia, l’Emilia-Romagna e il Veneto? Che quando crescevano di alcuni punti percentuali più della media nazionale venivano irrise dagli stessi vati dell’economia globalizzata che oggi esultano per la crescita dello zero virgola? Non era forse questo l’embrione di federalismo, di reale radicamento e di prossimità delle istituzioni alla società e all’economia, che l’attuale neocentralismo sta sacrificando sull’altare del patto di bilancio europeo? Ma siamo matti? Pensiamo a questo, mentre ci incamminiamo verso la Porta di Brandeburgo – o, tutt’al più, al valico di Brogeda.

Foto Ansa

Articoli correlati

8 commenti

  1. Giovanni Passali

    All’origine della prosperità economica tedesca c’è…. la svalutazione!
    Infatti, se noi uscendo dall’Euro avremmo una moneta svalutata, loro avrebbero una moneta enormemente rivalutata, che bloccherebbe istantaneamente le loro esportazioni perché (come dovrebbero essere) troppo care.
    E mentre loro si avvantaggiano di una moneta fin troppo svalutata per la loro economia, noi ci troviamo svantaggiati per una moneta per noi troppo rivalutata.
    Non a caso, alla fine degli anni 90 noi crescevamo mentre la Germania era il grande malato d’Europa. Poi si sono approfittati del loro potere per violare sistematicamente i Trattati di Maastricht con deficit sopra il limite. Oggi continuano a violarli avendo un surplus sopra i limite. I cricchi non cambiano mai e sono sempre imbroglioni.

  2. Orazio Pecci

    “regioni come la Lombardia, l’Emilia-Romagna e il Veneto”?
    E il dipartimento calzaturiero delle Marche centromeridionali? Un impero basato sulle imprese a conduzione familiare, ora smembrato e in ginocchio?
    E il “Miracolo Val Vibrata”, in provincia di Teramo, se lo ricorda più nessuno?

  3. Jens

    Vada come vada, ci riprenderemo solo nel momento in cui riprenderemo pieno possesso della sovranità monetaria. Senza quella non si va da nessuna parte.

  4. dodi

    ….piccole imprese fam. forse i tedeschi non sono tartassati come noi da stato,regione,provincia,enti inutili,corporazioni…forse…..

  5. recarlos79

    i tedeschi non hanno i vigili urbani che fanno carte false per fare a casa il 31 dicembre senza che nessuno dice nulla. né gli scioperi al colosseo con la folla dietro i cancelli e gli scioperai che ne rivendicano il diritto. non hanno imprese morte ma tenute in vita per fare campagna elettorale.
    e come dice l’autore un sistema scolastico adeguato, non il nostro stipendificio. ecco la differenza.

    1. Alberto Dalla Villa

      Verissimo !

  6. Filippo81

    Interessantissimo articolo.

  7. antonio

    nessun commento . dove sono quelli che L’EURO E’ IRREVERSIBILE? avete distrutto una nazione. vergognatevi.

I commenti sono chiusi.