
Quale centrodestra? Il dibattito è aperto

Di seguito pubblichiamo l’editoriale apparso su intelligonews.it firmato dal direttore Fabio Torriero. Un contributo al dibattito sul centrodestra suscitato dalla copertina di Tempi da oggi in edicola.
EDITORIALE – Il centrodestra che verrà non può essere quello del 1994: nuove categorie
22 giugno 2017 di Fabio Torriero
Merito del settimanale “Tempi” aver riproposto un tema che per la sua ovvietà (ma anche urgenza), rischia di essere sempre vecchio e sempre nuovo. E ha ragione il suo direttore Alessandro Giuli a scrivere che le interviste contrapposte che ha pubblicato, quella di Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, andavano titolate “la destra spiegata bene”. Una spiegazione che finalmente, rispetto alle urla e alle semplificazioni da spot tv, ci spinge finalmente a riflettere in profondità sui contenuti non solo politici, ma anche culturali, di una ricomposizione che dopo le amministrative ha trovato (o ritrovato) nuovo smalto.
Indaghiamo, quindi, sulle tracce, sulle impronte, di una destra ritrovata, grazie a “Tempi”.
Giorgia Meloni, dopo aver ipotizzato la sua ricetta elettorale, parla di “federazione di patrioti, di coalizione” e (avvertendo Silvio Berlusconi, qualora fosse attratto ancora dalle sirene del Nazareno-2), annuncia che “non morirà renziana”. Afferma, rispetto alla Francia, che in Italia “non esiste incomunicabilità tra sovranisti e centro-destra moderato”. E aggiunge che: “La storia italiana è quella di un populismo e di un popolarismo”, facendo comprendere molto bene il suo nuovo posizionamento geometrico.
Da constatare l’apertura al popolo del Family Day, confermando la scelta antropologica di Fratelli d’Italia: “Metteremo al centro la Famiglia, la natalità, la composizione tradizionale della nostra società, il reddito per l’infanzia e l’aiuto alle mamme”.
Silvio Berlusconi, dopo aver elogiato la Meloni (“rappresenta una storia e una cultura politica, quella della destra italiana, che merita rispetto e che deve essere protagonista”), si concentra sulle sintesi del ricostruendo schieramento di centro-destra: “Meno tasse sulle persone, sulle imprese, sul lavoro, flat-tax più bassa, reddito di dignità”. Sullo ius soli, un colpo al cerchio e uno alla botte: “Mi pare giusto e naturale, ma chi vuole essere italiano deve amare l’Italia”.
Un indubbio passo in avanti “a due” che va apprezzato, ma anche decodificato.
Il dialogo e la compenetrazione tra popolarismo e populismo, tra cattolicesimo politico conservatore e identitarismo, è una grande scommessa, che va saputa fare.
Quale è stata la causa del fallimento maggiore del centro destra di governo? In questa sede non interessa il ruolo del partito-persona, di Silvio tappo e viatico del polo (federatore, ma pure limite per i suoi interessi aziendali), la dittatura del pensiero unico e il ruolo della magistratura. C’è una ragione più profonda che attiene proprio al dna del centro-destra.
Mi riferisco al collante, al coesivo, al mastice stesso della coalizione (sia quando ha composto vari partiti, sia quando si è strutturata nel Pdl, nel partito unico degli italiani, la fusione a freddo tra Fi e An).
Senza omogeneità culturale non ci può essere governabilità coerente. Come si è strutturato il centro-destra dal 1994? Come un’Armata Brancaleone con dentro tutto e il contrario di tutto: liberali, liberisti, statalisti, sociali, cattolici, laici, europeisti, nazionalisti, radicali, post-dc, post-psi, post-msi, etc. E anche ora, il rischio (rafforzato dal tipo di sistema elettorale che sarà scelto) di una Cdl2.0 è forte. Si vince, si supera numericamente la sinistra, ma non si governa. Che idea di società, di città, il centro-destra ha scritto, disegnato quando ha amministrato? Si stenta ad averne memoria (oltre i troppi esempi negativi, legati alla sua classe dirigente, che al momento non è stata ancora totalmente azzerata, rinnovata).
Giorgia Meloni occhieggia alla famiglia e al diritto naturale. Ma una scelta se fatta realmente, deve essere fatta integralmente, non a pezzi. Può essere disgiunta da tutti i provvedimenti laicisti che i governi Renzi e Gentiloni hanno fatto e stanno per varare? Andiamo a vedere come si sono comportati i Fratelli d’Italia su divorzio lampo. Unioni civili, adozioni gay, eutanasia, gender nelle scuole, liberalizzazione delle droghe, matrimoni gay, sono un tutt’uno. I valori o sono non negoziabili o non sono. Per non parlare, poi, della Lega, su molte cose antropologica, ma per altre, propone la legalizzazione della prostituzione. E sulla liberalizzazione delle droghe leggere nicchia.
E Berlusconi, come si evince nell’intervista a “Tempi”, nella sintesi utile a unire Fi, Lega e Fdi ripropone un collante sostanzialmente liberal-liberista: meno tasse, burocratizzazione, incentivi agli imprenditori.
Per carità, cose legittime, ma trite e ritrite.
Oggi la scomposizione e ricomposizione dei poli passa obbligatoriamente attraverso la comprensione delle nuove categorie politiche (si sono viste ad esempio, con la Brexit, Trump etc).
Nuove categorie (non più destra-sinistra, o dicotomie ottocentesche come liberalismo, socialismo etc), che si stanno prepotentemente affacciando sulle rovine della narrazione globalista, destinate a superare la stessa narrazione populista-sovranista.
E cioè, “alto-basso”, popoli contro caste (nazionali e non) e “valori antropologici”. Quest’ultimo sarà il principale discrimine tra gli schieramenti: chi sta a livello legislativo, con la cultura della vita, chi con la cultura della morte (pure se raccontata con parole buoniste, amorevoli e compassionevoli). Il pensiero unico laicista (che sta contaminando sia la destra sia la sinistra), sta modificando (col gender) la stessa umanità. E in molti considerano ancora i temi etici marginali, rispetto alle ricette economiche, o addirittura divisivi.
Se fotografiamo le politiche, le scelte parlamentari, ad esempio, di Fi, Pd e 5Stelle, vediamo che al di là, delle schermaglie da strategia elettorale, sono molto simili: liberali in politica, liberisti in economia, e laicisti sui temi etici.
Ecco perché tali scelte non possono essere fatte in modo superficiale o marginale. O addirittura sacrificate sugli altari della mediazione tra partiti (la famosa logica di coalizione).
È tempo di nuovo, radicale e intransigente. Su questo si può e si deve ricostruire.
Il dibattito è aperto.
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