
Qualche domanda su Simone Farina (e una sullo “sconosciuto” Pisacane)
Fabio Pisacane. Sarebbe bello chiedere conto di questo nome ai tanti giornalisti che in questi giorni hanno scritto di Simone Farina e della sua impossibilità a trovare una squadra che lo volesse in Italia. Ha fatto scalpore infatti leggere dell’ex-terzino del Gubbio costretto, a detta di molti, a migrare all’estero per lavorare, e accettare l’offerta dell’Aston Villa come community coach perché nessun club italiano era disposto a offrirgli un contratto, essendo lui “colpevole” di aver svelato un tentativo di combine da 200 mila euro. Non ci poteva essere notizia migliore da enfatizzare per sparare addosso al mondo del calcio, sporco, sudicio, mafioso, emblema dell’Italia corrotta. Nessuno parla però di Pisacane, l’altro ragazzo che ha fatto il suo dovere, rifiutando lodevolmente 50 mila euro per perdere una partita contro il Ravenna, quando nel 2011 era in forza alla Lumezzane. C’era anche lui a Coverciano con Farina mesi fa, quando la lealtà dei due venne premiata da Prandelli con una convocazione in Azzurro. Eppure nessuno parla di lui. È terzino della Ternana, e se non fosse per un brutto trauma al ginocchio rimediato a inizio ottobre probabilmente non avrebbe perso neanche una partita quest’anno. Con la squadra umbra non paiono esserci particolari problemi: nessuna difficoltà a lavorare ed essere tenuto in campo, nessuno ha voluto fargliela pagare per la sua “lingua lunga”, nessuno lo vede come un giocatore scomodo da tenere in rosa.
COMMUNITY COACH. Intanto Farina è andato in Inghilterra, e da due giorni lavora per le giovanili dell’Aston Villa: avrà il compito di insegnare ai ragazzini del vivaio i principi e le regole di lealtà sportiva. A lui va il mio “in bocca al lupo” e tutta la mia invidia, anche solo per la possibilità di essere diventato parte di una società inglese storica ed efficiente, anche solo per la fortuna di poter indossare quei colori (l’affascinante accostamento di claret and blue è qualcosa che solo Oltremanica potevano inventare). Lecito però farsi qualche domanda sulla mission con cui è stato portato a Birmingham (sono troppo cinico se penso che questa assunzione sia una mossa di pura facciata in favore del club inglese?) e lecito è dubitare sui risultati futuri del suo lavoro, anche a livello sportivo (fortunatamente per lui, Farina sarà affiancato da un altro tecnico: Simone mastica poco l’inglese, e le sue competenze calcistiche sono quelle di un difensore di provincia mai andato oltre la B italiana).
DA UOMO A SIMBOLO. Ed è lecito anche farsi un’altra domanda: giusto trasformare un uomo in un simbolo? La pesante glassa di moralismo ha zavorrato il suo nome, la cui storia è stata ormai fin troppo strumentalizzata. A trattare così il suo esempio lo si priva di quello che in realtà è: il dovere di calciatore, leale e rispettoso delle regole. Per questo è un paradigma straordinario, e tale sarebbe dovuto rimanere. E infine, ultimissima domanda, ma non meno importante: siamo sicuri che, al di là delle vicende extra-calcistiche, per Farina ci sarebbe stato mercato? Basterebbe un po’ di lealtà per guardare alla carriera di questo calciatore e accorgersi di quanto umile sia stata: 30 anni, una continua altalena tra C1 e C2 fino al salto col Gubbio in Serie B, dove però la squadra umbra ha fatto un campionato sottotono ed è retrocessa con 12 punti di ritardo sulla penultima e la peggior difesa della classe. Siamo proprio sicuri che le squadre dei Cadetti avrebbero fatto la fila per assicurarsi le sue “straordinarie” prestazioni?
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1 commento
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Fra i vari suoi…”è lecito”…è lecito sapere perché ha scritto un articolo così”acido” su Simone Farina??
Cordiali saluti