Quadrio Curzio: «La nostra finanza pubblica è in ordine. Lo spread diminuirà, ma lentamente»

Di Massimo Giardina
15 Novembre 2011
Per Alberto Quadrio Curzio, professore di Economia politica alla Cattolica di Milano, «il rapporto deficit-Pil italiano marcia al 4 per cento, quello francese al 6. La Francia rischia davvero il downgrade. Il nostro spread lentamente rientrerà all'interno di 300 punti base»

Alberto Quadrio Curzio, professore emerito di Economia politica all’Università cattolica di Milano, è intervenuto telefonicamente a Radio Tempi, esprimendo la sua preoccupazione per il sistema creditizio italiano ingiustamente sotto attacco. Quadrio Curzio non ha risparmiato critiche alla Francia e a chi dovrebbe rappresentare il nostro paese all’interno dell’European Banking Authority.

Partendo dai fatti degli ultimi giorni, dobbiamo ancora considerare la Francia un paese amico?

La Francia ha percepito che potrebbe diventare oggetto di un attacco da parte del mercato. Se si guardano alcuni fondamentali economici francesi non si evincono dei segnali incoraggianti: il rapporto deficit-Pil italiano per il 2011, salvo imprevisti, marcia al 4 per cento, mentre in Francia il medesimo indicatore è al 6 per cento. Le previsioni per il 2012 non vedono cambiare questa tendenza. La Francia rischia seriamente il downgrade, cioè il peggioramento del proprio grado d’affidabilità, che attualmente è al massimo (tripla A). 
Quanto detto è da sommare a due fatti appena accaduti. Il primo: il cambio delle regole da parte dell’Authority delle banche europee, già ampiamente discusso la scorsa settimana, mentre il secondo è il cosiddetto Clearing House. Con questo termine si identifica l’aumento della ritenuta fiscale sul deposito dei titoli italiani per fornire alle banche francesi liquidità e nello stesso tempo creando alle aziende di credito italiane un bel problema. Ritengo che questi fatti non siano semplici sviste.



C’è pericolo per le banche italiane?

Le banche italiane sono un boccone molto interessante, se poi dovessero verificarsi gli aumenti di capitale per 14,5 miliardi previsti dall’autorità bancaria europea, aumenterebbe ancor di più l’appetibilità nei loro riguardi. Bisogna trovare delle soluzioni alternative per ricapitalizzare le nostre banche anche se la miglior ipotesi sarebbe un ritorno sui propri passi dell’Authority europea. Nell’Eba c’è un rappresentante della Banca d’Italia, mi chiedo dov’era questo signore il giorno della decisione delle nuove regole. Il fatto che non si sia duramente impuntato a favore del suo paese mi lascia molto perplesso.

Una banca come Unicredit potrebbe cambiare la propria identità italiana ed essere acquisita da investitori esteri?
Unicredit è a rischio, molto più di Banca Intesa, perché l’istituto di Piazza Cordusio dovrebbe aumentare il proprio capitale intorno ai 7 miliardi. Oltre al rischio di perdere un’azienda strategica come Unicredit, un aumento di capitale di queste dimensioni determinerebbe una restrizione del credito per le imprese che sarebbe veramente dannoso per l’Italia. Sto lavorando, insieme ad un collega, ad una soluzione alternativa per ricapitalizzare le banche italiane utilizzando un meccanismo indiretto che passi attraverso la Cassa depositi e prestiti, ma per ora il progetto è embrionale.


A suo giudizio, quanto tempo ci vorrà per tornare a vedere degli spread più razionali sui titoli di Stato?
Dipende molto dalla fiducia che questi mercati così volatili, e governati da mani più o meno invisibili, riprendano la consapevolezza che i fondamentali italiani non sono affatto cattivi, e che la finanza pubblica italiana, malgrado l’alto debito, è sotto controllo. Il differenziale si è ridotto negli ultimi giorni, anche rispetto alla Spagna la differenza è ormai di 50 punti base. Mi auguro che pian piano rientri sotto i 300 punti base, ma ci vorrà un po’ di tempo.

Ascolta l’intervista integrale

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