
Pullman assaltati, arbitri venduti (per regolamento), pistole in campo. È in Nigeria il campionato più pazzo del mondo
Dei 55 punti che il Gombe United ha totalizzato nell’intera stagione non ce n’è nemmeno uno arrivato da match in trasferta, dove la squadra ha sempre perso: per arrivare settimi è stato necessario far fruttare al meglio le gare casalinghe, con un ruolino di marcia che farebbe impallidire la Roma di Garcia, 18 vittorie ed un solo pareggio. Più mourinhano è invece l’Enyimba, bravo a sfruttare i sei pareggi esterni e i 17 successi tra le mura amiche, tutti per altro senza mai subire reti, che sono valsi al club il secondo posto in classifica, ad un solo punto di distacco dal Kano Pillars, campioni nazionali con un differenza reti estemporanea, 46 a 40, manco ad allenarla ci fosse Zeman.
Benvenuti in Nigeria, il campionato più duro al mondo, o forse quello più bluffato, dove vincere in casa è letteralmente scontato mentre un 2 in schedina è pagato oro, e tutte le squadre, dalla prima all’ultima in classifica, sono raccolte in un fazzoletto di 17 punti.
SE VIAGGI IN PULLMAN TI DERUBANO. La Premier League del Paese africano si è chiusa lo scorso week-end, e mai come quest’anno è stata segnata da viaggi pericolosi, tifoserie accanite, arbitraggi fasulli che hanno falsato le gare di chiunque giocasse fuori casa. Come racconta oggi il Guardian in una sua inchiesta, qui le trasferte sono vere e proprie imprese: chi può concedersi di pagare a tutta la squadra il biglietto aereo può star sicuro, almeno durante gli spostamenti, chi invece è costretto a prendere il pullman rischia di essere fermato e derubato, come accaduto ai Sunshine Stars e ai Wikki Tourists.
In più, i continui scontri tra l’esercito e i ribelli di Boko Haram nel nord del Paese rendono ardue persino le coperture televisive: Supersport, la rete nigeriana che detiene i diritti del campionato, raramente manda cameramen e giornalisti a seguire i club del nord, come i campioni del Kano Pillars, l’El-Kanemi Warriors e il Gombe. L’assenza di dirette e immagini autorizza società e arbitri a fare quel che vogliono.
IL PAGAMENTO DELL’ARBITRO. Alle preoccupazioni politico-militari si aggiungono poi altre complicanze legate proprio al direttore di gara e al suo stipendio. Perché la federazione non ha soldi e non paga le giacchette nere, così i fischietti ricevono un rimborso spese dal club di casa.
La regola vorrebbe che, per garantire imparzialità, i soldi vengano dati prima della partita: ciò che accade in molti casi è che invece la mazzetta arrivi dopo il triplice fischio, influenzata ovviamente dall’andamento della partita, senza che le “contro-offerte” della squadra ospite riescano a invertire la tendenziosità delle decisioni del direttore di gara.
INTIMIDAZIONI. Il tutto accade ovviamente in un clima di fuoco, dove il pubblico fa quel che vuole. Con episodi che viaggiano al confine tra il bizzarro e lo squallido. Prendi, ad esempio, quanto accadde sette anni fa nella gara tra Kwara United e Sharks: un rigore venne concesso alla squadra ospite e per protesta alcuni tifosi invasero il campo. L’arbitro, Dogo Yabilsu, era però un colonnello dell’esercito, tirò fuori una pistola e cacciò dal campo la folla, ma il club ospite era ancora impaurito, e volutamente perse il match.
Più “tranquillo” fu invece il clima della sfida tra i Kano Pillars e i Dolphins di due anni fa, quando ad essere intimorito fu il portiere di questi ultimi: Sunday Rotimi era un famoso “para-rigori”, ma quando un avversario si presentò al tiro dagli 11 metri lui si tuffò deliberatamente dalla parte opposta. Storie di un calcio di frontiera, dove se azzecchi due partite puoi evitare la retrocessione e se hai il coraggio di vincere in trasferta puoi trovarti a lottare per lo scudetto. Sempre che ti abbiano lasciato il pullman per scappare a casa.
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