
Psicologismo e sociologismo, ubbie che ammorbano il mondo
Cara Flannery O’Connor, ho visto che spesso Lei accoglie e risponde a lettere di lettori che La criticano per le Sue idee “negative”. Le dirò subito che la mia non è una di queste. Anzi penso che tutti coloro che La contestano in nome di un ideale di vita spensierato non abbiano capito quasi nulla del tempo in cui viviamo. Sento talvolta alcuni amici parlare di una ripresa della religione e del senso del potere di Dio sulla nostra vita. Ho letto addirittura qualche giornalista che parla del “ritorno a un senso dello Spirito Santo tra la gente”. Ma in che mondo vivono, costoro? Nel mondo di Sanremo e delle vacanze al mare? Penso che abbia molto più ragione chi, come Oswald Spengler, parlava di “Tramonto dell’Occidente”, con la conseguente fine della Chiesa, che dell’Occidente è lo spirito animatore. E condivido anche la visione di quegli acuti teologi della crisi, e dei teologi della morte di Dio, che magari in forma un po’ paradossale, capivano che il mondo in cui viviamo è il mondo della catastrofe di ciò che è umano. Solo che questi teologi della crisi sono stati troppo pochi, e troppo poco ascoltati. So che la mia visione è un po’ sconfortante, ma penso che ormai in Italia nessuno capisca più nulla delle grandi questioni della chiesa, dalla liturgia quaresimale alla verginità di Maria.
Mi scusi per lo sfogo, e mi creda Sua Daria De Robertis – Lucca Carissima Daria, Non posso offrirle alcun argomento realmente apocalittico. E’ infatti della natura della Chiesa di sopravvivere a tutte le crisi. La Chiesa non può essere identificata con la cultura occidentale, e suppongo che la rovina della cultura occidentale non le causi un eccessivo senso di crisi. Noi non abbiamo avuto molti “teologi della crisi”, ma nelle Chiese dell’Est ci sono stati e ci sono molti martiri, il cui sangue conta molto di più nell’ordine delle vere questioni teologiche. Penso che quel che a entrambi dà fastidio quando scrivono del “ritorno a un senso dello Spirito Santo tra la gente”, nient’altro sia che il fatto che la religiosità sembra invece estirpata nel tipo di società che viviamo a partire dal 18° secolo. Ed è estirpata dalla gente ancor piu in modo rapido ora, con i surrogati religiosi della religione. Può darsi che il nostro sia un tempo propizio per la Fede, ma certamente non è un tempo di Fede. Non si approda a nulla a cui attaccarsi, e lo si vede sia nei personaggi dei racconti che nel pubblico. Se c’era un esile senso di teologia ordinaria nella gente (molto meno di “teologia della crisi”), era solo il credere che Dio ha il potere di fare determinate cose. Ma nessuna concezione di Dio come potente potrebbe concepire l’Incarnazione e la Resurrezione. Sono tutti cosl affannati a cercar di spiegare la nascita virginale e cose simili, riducendo ogni cosa a misura umana, che contemporaneamente perdono il senso dell’umano stesso, cioè ciò cui tentavano di ricondurre tutto. E’ la stessa esperienza di quando scrivi racconti: il significato di un racconto emerge solo laddove ogni psicologismo e ogni sociologismo sono stati sradicati. Esperienza, questa, che Le auguro di fare. Buona Pasqua.
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