Promemoria dal Regno Unito: occhio a rendere reato l’odio “percepito”

Di Redazione
07 Agosto 2020
La nuova legge contro l’hate speech proposta dal governo scozzese è talmente ambigua che chiunque è a rischio, scrive il comico Andrew Doyle. «Impossibile difendersi dagli abusi di potere»

Seguendo le polemiche in corso sul progetto di legge contro i crimini d’odio proposto in Scozia dal governo espresso dallo Scottish National Party, è impossibile non avvertire gli echi di quanto sta accadendo qui in Italia intorno al ddl Zan contro l’omotransfobia. 

Il progetto di legge si chiama Hate Crime and Public Order Bill, e in merito qualche giorno fa abbiamo ripubblicato la nota in cui la Conferenza episcopale scozzese ha riversato tutti i suoi timori per la libertà religiosa e di coscienza, minacciata dall’introduzione di nuovi reati di opinione definiti in maniera sufficientemente vaga da colpire potenzialmente chiunque.  

Adesso a rilanciare le obiezioni dei vescovi è il comico britannico Andrew Doyle, in un breve ed efficace commento ospitato dallo Spectator. Ricorda Doyle:

«Il progetto di legge si spinge fino a criminalizzare il possesso di materiale “istigatorio”, motivo per cui i vescovi cattolici hanno sollevato la preoccupazione che anche il possesso di una Bibbia possa diventare un reato penale. Non va dimenticato che il Levitico 20,13 prevede la pena di morte per i gay».

Tuttavia il punto di Doyle non è religioso. Riguarda soprattutto la satira, che è il suo lavoro. Scrive il comico:

«[Il progetto di legge] è stato proposto con l’intento dichiarato di cancellare le misure ormai sorpassate contro la blasfemia, ma al contrario introdurrà di nascosto tutta una serie di nuove leggi contro la blasfemia». 

La parte «controversa» del testo, secondo Doyle, è quella in cui si configura come reato «l’istigazione all’odio», allo scopo di punire chi «si comporta in modo minaccioso, ingiurioso o offensivo», nonché chi «comunica a un’altra persona materiale minaccioso, ingiurioso o offensivo». Ma non è finita. Ancora Doyle:

«Inoltre, il progetto di legge permette di ignorare le intenzioni. Se un atteggiamento o il materiale in questione è in grado “presumibilmente” di istigare odio contro uno qualsiasi dei gruppi protetti (definiti in base a età, disabilità, identità etnica o razziale, orientamento sessuale, identità transgender o “cambiamento dei connotati sessuali”), allora è irrilevante se il responsabile del reato lo abbia compiuto intenzionalmente o meno. Perfino un attore che interpreti un personaggio intollerante potrebbe essere perseguito in base alla legge proposta». 

Peggio. Nella legge c’è un intero articolo che si concentra sulla recitazione in pubblico, dove sta scritto, spiega il comico, che «attori e registi possono essere ritenuti colpevoli qualora qualche membro dei gruppi protetti trovi offensivo il loro materiale». «L’anno prossimo», chiosa Doyle, «sarà interessante il Festival di Edimburgo», una delle manifestazioni di teatro più importanti del mondo (avete presente, tanto per fare un esempio «istigatorio», il personaggio di Shylock nel Mercante di Venezia di Shakespeare?).

Prosegue il comico:

«Di certo alcuni degli sketch più sovversivi che vanno regolarmente in scena a Comedy Unleashed, una serata di cui sono cofondatore a Londra, sarebbero a rischio di azione penale se quelli si avventurassero oltre il loro confine settentrionale. Con una dichiarazione che ha superato Donald Trump in donaldtrumpismo, il ministro della Giustizia dello Scottish National Party Humza Yousaf ha sostenuto che il progetto di legge “non minaccia la libertà di espressione”, al contrario “la tutela”. Dal momento che la norma vedrebbe finire in carcere per 7 anni chi sia giudicato colpevole di comportamento “offensivo”, l’affermazione di Yousaf appare allo stesso tempo esilarante e inquietante».

A non contrariare Doyle, comunque, è soprattutto – rieccoci – il problema della vaghezza delle definizioni contenute nel progetto di legge contro l’hate speech, una nebulosità che consente troppe interpretazioni, e dunque troppi abusi. 

«In conformità con tutte le linee guida ufficiali per l’applicazione della legge nel Regno Unito, il sito web della Polizia scozzese definisce i casi di crimine “d’odio” sulla base della percezione della “vittima” (termine della Neolingua per “querelante”). Se l’odio è una questione di percezione e non di intenti, ed è considerato irrilevante perfino il contesto di una rappresentazione drammatica, come potremo mai difenderci dall’abuso di potere dello Stato?».

Conclusione perfetta, e perfettamente applicabile alla situazione in Italia:

«Dobbiamo stare sempre all’erta contro l’introduzione di leggi formulate in termini tanto vaghi. La convinzione espressa da Yousaf che “la libertà di espressione non è mai un diritto assoluto” fa capire chiaramente che l’ambiguità del progetto di legge non è affatto accidentale». 

Da ultimo, per la cronaca, vale la pena di sottolineare che il comico Andrew Doyle è omosessuale. E di sinistra.

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