Processo Telecom-Sparkle, Micucci: 14 mesi in carcere senza poter parlare con un pm

Di Chiara Sirianni
02 Maggio 2011
L'avvocato dell'imputato Massimo Micucci, implicato nel processo Telecom-Sparkle: «Mi è stato spiegato che se il mio assistito avesse voluto fornire elementi utili per l'accusa sarebbe stato ascoltato volentieri. Altrimenti, l'interrogatorio sarebbe risultato inutile»

Prosegue il processo per il presunto maxi riciclaggio di due miliardi di euro che coinvolge anche ex manager delle società telefoniche Fastweb e Telecom Italia Sparkle. L’udienza 24 del processo è stata dominata dalle dichiarazioni spontanee. La più drammatica è stata resa dall’imprenditore Massimo Micucci, accusato di aver contribuito in vario modo a riciclare i capitali in capo a Carlo Focarelli.

Nell’udienza della mattinata, prima di sapere della sua prossima scarcerazione, Micucci aveva fatto presente, con una dichiarazione spontanea, di non esser mai stato interrogato nel corso dei 14 mesi di detenzione, nonostante le richieste in tal senso del suo difensore. «In data 30 marzo 2010 – conferma l’avvocato Fabio Federico – ho presentato per conto del mio assistito un’istanza in tal senso. Ma non ho mai ricevuto una risposta ufficiale». E in via informale? «Mi è stato spiegato che se il mio assistito avesse voluto fornire elementi utili per l’accusa sarebbe stato ascoltato volentieri. Altrimenti, l’interrogatorio sarebbe risultato inutile».

Insomma, si può stare 14 mesi in carcere senza incontrare un inquirente per spiegare la propria posizione, a meno che non si vogliano rendere dichiarazioni gradite alla tesi di accusa? «È così – conferma l’avvocato Federico – anche se, in realtà, l’articolo 358 del codice di procedura penale prevede che il pm indaghi anche fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini. Inoltre, secondo l’articolo 374, il pm riceve le dichiarazioni spontanee dell’indagato, cosa che, a mio avviso, vale a maggior ragione per chi sta in carcere».

In 14 mesi, dunque, Micucci non è riuscito a parlare con un pm. La sua detenzione, dall’arresto nel febbraio 2010 nell’ambito dell’inchiesta “Iva telefonica” con l’accusa di associazione per delinquere e riciclaggio internazionale, si collega all’ordinanza firmata dal gip Aldo Morgigni. In essa si accusa lo stesso Micucci, amico di Carlo Focarelli, di aver collaborato in qualità di amministratore unico di alcune società che facevano capo allo stesso Focarelli, per favorire l’evasione fiscale di quest’ultimo attraverso le società da lui amministrate.

A queste accuse Micucci oppone, come dichiarato in aula, di aver assunto l’incarico di amministratore delle società di Focarelli dopo i fatti contestati nell’ambito della frode fiscale. Le accuse verranno esaminate nella loro sede processuale ma occorre riflettere su questi 14 mesi di silenzio “forzato”.

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