Processi e inchieste senza schiacciare il Paese

Di Giorgio Vittadini
31 Luglio 2003
È ancora alla ribalta il tema della giustizia

È ancora alla ribalta il tema della giustizia. L’Italia è bloccata da alcuni giorni sul caso delle rogatorie e si minaccia una crisi di governo. Vediamo i diversi attori sulla scena. Iniziamo con l’opposizione. Delle due, l’una: o si accetta il governo di questo premier e si cerca di vincere le prossime elezioni, oppure, come avviene oramai da dieci anni, si cede ai facinorosi che vogliono usare le inchieste giudiziarie per ribaltare il potere. Sfruttando una strana magia per cui il falso in bilancio, la corruzione, la concussione, i reati si sarebbero concentrati solo da un lato del parlamento, si continua a sperare che qualcuno copra il vuoto delle proposte e il mancato sviluppo di un progetto riformista alla Blair. Vediamo ora la maggioranza. Molti hanno un peccato originale: aver cavalcato il giustizialismo per andare al potere, senza ammettere l’errore. Oggi sono vittime di ciò che hanno favorito. Quindi, invece di affrontare il problema da statisti lo affrontano faziosamente; invece di riformare la giustizia, da un anno, fanno leggi speciali e perdono credibilità. Non solo. Ma nel giusto intento di evitare processi sommari a qualcuno difendono coloro che sono chiaramente colpevoli, cadendo nell’inganno di chi, strumentalizzando la giustizia, pensa che esistono reati collettivi o assoluzioni altrettanto collettive. Le colpe sono da provare come le assoluzioni: chi se ne è dimenticato, da una parte e dall’altra ha violato leggi e Costituzione. C’è infine chi denuncia solennemente il ministro prendendo pubblicamente le distanze. Grande coraggio per chi si è mosso su leggi recenti senza alcuna trasparenza favorendo quel clima di consociativismo e difesa di corporazioni che distrugge l’Italia. Qual è il tratto comune a tutti questi attori? L’abnorme peso dato a vicende che nella vita di un paese devono avere un’importanza limitata rispetto a problemi più gravi. Ha detto il Governatore della Banca d’Italia che è in pericolo il benessere, la competitività del nostro Paese e la vita di migliaia di imprese. Chi è in parlamento, al governo o nei palazzi di giustizia deve essere interessato a questo. Come si fa a sprecare per un anno le maggiori energie in controversie giudiziarie riguardanti il possesso di panettoni di trent’anni fa? Non si sta dicendo di non perseguire i colpevoli anche in questo caso delle rogatorie. Ma è assurdo, quando si è indifferenti alle peggiori cose, mettere in crisi un governo per questo. Come si può pensare di fermare il paese per un anno perché un giocatore, forse, è stato pagato in nero o perché un’azienda (una sola?) ha frodato il fisco? Si facciano i processi, ma gli si dia il peso che devono avere, senza frenare il paese, senza monopolizzare la vita di una nazione con essi. La vicenda più immorale è che ancora una volta, dopo 10 anni, a pochi interessa il benessere della nazione visto che si decide di usare la maggior parte del tempo per questi temi. Avanziamo una proposta: politici improvvisamente amanti dell’ideale, indignati o atti a coprire chiunque rubi la marmellata, si trasferiscano in qualche paesino dell’entroterra insieme a giudici e avvocati. Senza televisioni né giornali, si scannino pure tra di loro. Se vogliono chiamino Schulz a fare il sindaco e, se pagano bene, di consiglieri comunali ne troveranno molti.

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