
PRO ELIGENDO MICKEY ROURKE
Quattro operazioni al volto che ne celano l’età, le Camel Lights sul tavolino «perché sta cercando di ridurre il numero di Marlboro», un cane cui si è affezionato da quando «gli ha staccato un labbro». L’intervista più bella dell’anno è quella del Sunday Times Magazine a Mickey Rourke (ripubblicata da Io Donna). Racconta l’attore, che oggi vive come un selvaggio in un monolocale dopo gli anni ruggenti di “9 settimane e 1/2”, «un giorno ti svegli ed è tutto sparito. Sei solo. Era una specie di buco nero, in cui pregavo Dio. Intendo letteralmente, in ginocchio: “Per favore, puoi mandarmi un po’ di luce?”. (…) Se non fossi stato cattolico, forse mi sarei fatto saltare il cervello».
La visita al fratello malato di cancro che non vuole morire perché preoccupato per lui e Mickey che gli dice: «Se devi andare ora, va’. Ci incontreremo lì fra un po’ di tempo. Se devi andare ora, va bene, perché io sto bene capisci?». Il fratello che fa qualche rantolo e gli muore fra le braccia. O l’incontro col padre sconosciuto che si decide a vedere a 26 anni: «”Ehi, io sono ecc ecc., tu sei ecc. ecc.?”. Rispose: “Sì”. Poi fece un tiro dalla sigaretta e disse: “Ho sempre saputo che saresti venuto un giorno o l’altro”. Passammo cinque ore assieme. E fu tutto». Oggi quando si guarda allo specchio cosa vede? «Quello che vedo è un estraneo». Serve altro per un “Pro eligendo Mickey” a intervista dell’anno?
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