
Prima ti meno, poi parliamo. Le ineguagliabili domande di Repubblica ai giudici cattolici

«Come giudica la decisione del Consiglio di Stato contraria alla registrazione in Italia delle coppie unite all’estero?
“Al di là dell’attivismo sui social network di uno dei componenti del collegio, il Consiglio di Stato si è limitato a sottolineare un dato di fatto, un vuoto normativo c’è e va colmato. Presumo fosse chiaro anche ai sindaci che avevano fatto la registrazione che quella poteva essere più una provocazione che una soluzione al problema che può venire soltanto dal Parlamento”.
Hanno deciso giudici cattolici, tre su cinque nel collegio. Sarà stata una decisione libera?
“Assolutamente sì. Ci sono giudici cattolici, atei, agnostici, ma nel momento in cui sono chiamati ad applicare la legge questo dato non è rilevante e in ogni caso non lo è stato in questa vicenda”».
Liana Milella, intervista al ministro della Giustizia Andrea Orlando, la Repubblica, 29 ottobre 2015
Pensatela come volete, davvero, sul giudice Deodato, il villanzone del Consiglio di Stato che si è permesso di bocciare la trascrizione in Italia dei matrimoni gay celebrati all’estero, manco ce ne impipasse ancora qualcosa della legge in questo paese. Pensatela come volete anche sulle stesse unioni Lgbtqi ciccicì coccocò. Soprattutto pensatela come volete sul Correttore di bozze e sulle sue idee da minorato. Nessuno però può negare che il meglio del meglio in questi giorni di tetra riscossa cristianista, l’unico raggio di luce in questo evo oscuro e oppressivo, sia arrivato dalle sfavillanti interviste di Liana Milella a due dei tre magistrati cattolici che componevano (assieme ad altri due colleghi che invece erano brave persone, e sottolineo “invece”) il collegio colpevole dell’inqualificabile verdetto.
Tutte le creature della palude come il Correttore di bozze debbono ringraziare Liana perché è riuscita a fare apparire Deodato e l’altro bifolco Giuseppe Romeo come due autentici giganti del diritto e della democrazia, quanto meno per contrasto con la di lei cortesia fucilatoria. L’avrà fatta apposta la figura da torquemadina della Garbatella, mettendo nero su bianco tutte quelle simpatiche domande alla Sorvegliato speciale? Nome e numero. Nome e numero. Nome e numero.
Comunque sia, grazie signora Milella. A causa sua, ora anche un cecato come il Correttore di bozze ha potuto vedere chiaramente chi c’ha davvero una “fobia”.
Ed ecco, una per una, tutte le domande messe in fila dalla giornalista giudiziaria di Repubblica nei due interrogatori:
INTERVISTA A DEODATO (27 OTTOBRE):
1) Se l’aspettava una bufera come quella di oggi?
2) Che cosa ha provato quando ha visto uscire sui siti web la notizia che, da cattolico, aveva scritto questa sentenza?
3) Beh, certo, nessuno in quel caso ha scoperto che il giudice estensore aveva espressamente dichiarato su Twitter di essere cattolico.
4) Com’è possibile che un giudice, quando valuta un fatto, possa tenere del tutto fuori le sue convinzioni, l’essere cattolico nel suo caso?
5) Il fatto che nel collegio ci fosse più di un cattolico, a partire dal presidente Giuseppe Romeo, non ha determinato la sorte della causa?
6) Sta dicendo che per una sentenza diversa doveva esistere una legge diversa?
7) Quindi se il governo non fa una legge sulle unioni civili, dopo questa sentenza ce ne potranno essere altre identiche o simili?
8) Visti i suoi convincimenti non ha pensato di astenersi?
9) Lei appare come un magistrato prudente. Come mai ha affidato a Twitter affermazioni che hanno svelato le sue convinzioni personali?
10) Ora come si sente? Riscriverebbe quella sentenza?
INTERVISTA A ROMEO (28 OTTOBRE):
1) Lei è dell’Opus dei?
2) Ed è stato anche il presidente del Centro studi Torrescalla di Milano dell’Opus dei?
3) Quindi è proprio dell’Opus dei…
4) Ma il rischio di un conflitto di interessi allora?
5) Però se un giudice ha un suo credo religioso questo può influire sulle sue decisioni.
6) È stato corretto formare un collegio in cui su 5 giudici 3 sono cattolici? Lei, Deodato, Ungari.
7) Lei è cattolico e dire bugie è peccato.
8) Essere dell’Opus dei non comporta anche di decidere in una direzione?
9) Cos’è per lei l’Opus dei?
10) Questa santificazione, come la chiama lei, non può influenzare le decisioni?
11) Lei è tranquillo?
Ma perché, si arrovella il Correttore di bozze, un giornalista si sente in dovere di domandare ventiquattro volte a un poveruomo se costui è dell’Opus dei, «proprio dell’Opus dei»? Liana, non ti prende il telefonino? O sei intollerante al pane azzimo?
Sarà che il Correttore di bozze ha la memoria corta, tuttavia egli non ricorda interviste altrettanto sputazzanti a Giuseppe Tesauro, allorché l’allora presidente della Corte costituzionale, all’indomani della sentenza con cui la “sua” Consulta ci regalò la fecondazione eterologa, rivendicò la propria fede cattolica come un Deodato o un Romeo qualunque. Perché Tesauro dovrebbe sentirsi tranquillo e invece Romeo no? È il caso di chiamare la Digos?
Il Correttore di bozze, insolente di uno, si permette qui di far notare a Liana che non si tratterebbe, per un organo di informazione, di indagare su chi è più cattolico tra Deodato e Romeo e Tesauro. Se mai il problema sarebbe provare a capire (e tentare di spiegarlo ai lettori) se un giudice ha fatto il proprio dovere applicando la legge oppure no. Ma per questo bisogna studiare le sentenze, il che purtroppo è più noioso – il Correttore di bozze ne sa qualcosa – che bruciare in piazza i peccatori.
Per i giornalisti è lo stesso. Repubblica è il quotidiano che ha dato il via al giropizza di bastonate sul coppino di Deodato e Romeo. Ma non è che basti essere repubblicone per meritarsi il sospetto di giornalismo squadrista.
Tuttavia, a scanso di equivoci: signora Milella, lei è repubblicona?
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4 commenti
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Vi ricordate? Colpirne uno per educarne …………………………………
Signori, stiamo parlando della professionalità di giornalisti di Repubblica – sì, proprio quel giornale che ha pubblicato la cosiddetta “intervista” di Scalfari al Papa. Con successivo richiamo e chiara smentita da parte della Sala stampa, luglio 2014. Questo, da parte del fondatore e già direttore dell’irreprensibile quotidiano.
A cascata, figuriamoci gli altri..
Più che altro stiano parlando dei giornalisti (e non solo quelli di Repubblica) che si stracciarono le vesti (in nome del diritto dei magistrati ad a una propria opinione politica) quando Berlusconi li accusò di essere di sinistra e di andare a convegni nei quali lo sbertucciavano e ne invocavano la messa alla gogna.
Oggi le vesti se le stracciano per i motivi opposti. Non che sia una novità: a sinistra la coerenza ha fatto sempre un po’ difetto.
Si ricava netta l’impressione che far parte dell’Opus Dei per taluni è peggio che essere affiliati a Cosa Nostra.
Che ne dicono, questi stessi taluni, dei giudici che sono affiliati alla massoneria e pure senza farlo sapere in girio?