
Preti: «Equitalia obbedisce alle regole, che il governo deve cambiare»
Il conto è drammatico: sono già una dozzina i piccoli imprenditori che strozzati dai debiti, insolventi rispetto alle tasse o costretti per la crisi a licenziare, hanno deciso negli ultimi due mesi di togliersi la vita. «Di fronte a queste notizie la mia riflessione è duplice» afferma a Tempi.it il prof. Paolo Preti, docente di organizzazione per le piccole e medie imprese presso l’università Bocconi di Milano, quotidianamente a contatto con il mondo imprenditoriale. «Prima di tutto sospendo il giudizio su di loro, perché quando c’è di mezzo la vita umana e non si conoscono a fondo le vicende personali, si rischia di essere superficiali e un po’ cinici. Penso però che questi episodi drammatici denotino la solitudine di persone che spesso, nell’approcciarsi al lavoro imprenditoriale, sacrificano il tempo e i rapporti umani, anche familiari. Io li chiamo “uomini soli al comando”».
Spesso però tra i motivi dei suicidi c’è il ritardo della Pubblica amministrazione, che non paga gli imprenditori per il lavoro svolto. Si parla in media di due o trecento giorni, se non di più.
È una grave piaga, a cui una legge europea, recepita dallo Stato italiano, pone rimedio, anche se sarà obbligatoria solo dal 2013. Verrà posto un limite di novanta giorni, che poi diverranno sessanta, per i pagamenti che la Pubblica amministrazione deve ai propri fornitori, in particolar modo alle piccole e medie imprese. Una volta attiva la legge, restano però dei dubbi per quanto riguarda i rimborsi, che in generale ammontano a novanta miliardi di euro.
Quando non si viene pagati per così tanti giorni, un’azienda, specie se piccola, fa fatica a restare in piedi.
È vero, per questo bisognerebbe diversificare. Faccio l’esempio delle ditte dell’indotto Fiat. Già negli anni ’80, malgrado resistenze della stessa casa automobilistica torinese, alcune vollero diversificare il listino clienti e sono quelle che ora stanno reagendo meglio alla crisi economica e della Fiat. Forse ci doveva essere la stessa lungimiranza per le imprese che si lamentano dei ritardi dei pagamenti da parte dello Stato. Non è un giudizio col senno di poi, è una pura constatazione.
Ma il problema non riguarda solo il ritardo nei pagamenti. Perché c’è anche Equitalia che esige riscossioni sull’unghia, senza ritardi. Lasciando stare gli eccessi di Beppe Grillo, forse qualche critica a questa Agenzia va fatta.
Condivido che gli eccessi vadano condannati senza “se” e senza “ma”. Detto questo, è vero che Equitalia ha un ruolo nella drammatica vicenda dei suicidi. Ora, secondo logica, se io devo ad un ente chiamato Stato dei soldi e dallo stesso ente, sto semplificando, devo ottenere altri soldi, dovrebbe scattare il meccanismo di “dare e avere”, potendo trattenere dalle tasse il credito che denuncio.
Però questo non si può fare.
Purtroppo sappiamo che la Pubblica amministrazione non è sinonimo di efficienza e tra gli uffici si fa fatica a interagire: in sintesi, la mano che deve pagare l’imprenditore è diversa da quella che deve ricevere, ma non comunicano tra di loro. Questo non giustifica Equitalia, anche se l’Agenzia è lo strumento tecnico di esazione, non fa le leggi in materia tributaria, è semplicemente chiamata a metterle in pratica. Sono i regolamenti che, proprio in questo momento particolare di crisi, dovrebbero essere rivisti.
L’ex ministro Tremonti ha affermato al Corriere della Sera che, grazie all’opera di Equitalia, negli ultimi tre anni sono stati recuperati più di venticinque miliardi di euro “non contabilizzati”. L’evasione fiscale rimane una piaga sociale e culturale in questo Paese?
Sì, e dobbiamo intenderci: in questo paese si vuole avere un servizio senza pagare il giusto corrispettivo. È chiaro che a nessuno fa piacere prendere la medicina amara, dovrebbe fare bene ma non la si vuol prendere, ecco allora che entra in campo uno strumento, Equitalia, resa sempre più forte proprio da una situazione dove sempre più persone cercano di evadere le tasse. Insomma, non ci si può lamentare dell’eccessiva evasione e un secondo dopo criticare l’impatto di Equitalia. È la solita contraddizione italiana: tutti vorrebbero che le cose funzionassero meglio ma il primo a pagare perché questo succeda deve sempre essere il proprio vicino.
Secondo gli ultimi dati della Guardia di Finanza su 14.000 famiglie controllate nei primi dieci mesi del 2011, un terzo ha dichiarato un reddito inferiore a quello reale con l’autocertificazione Isee.
È il problema culturale cui accennavamo: le famiglie, per avere una retta più bassa all’asilo nido, per accedere alla mensa scolastica in università o per accedere ai costi ridotti di trasporto urbano, hanno il permesso di autocertificarsi, sfruttando un rapporto fiduciario con lo Stato, un metodo per niente vessatorio e occhiuto; se, però, col metodo “dimmi tu”, dobbiamo registrare a valle che una famiglia su tre dichiara un reddito inferiore al reale, allora si conviene che avere un’ Equitalia più forte dovrebbe essere nell’interesse di tutti.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!