Presidenti di guerra. Il su e giù dell’elmetto nei protagonisti della corsa per il Quirinale

Di Damato Francesco
21 Aprile 1999
Terrazze romane

La sanguinosa crisi dei Balcani ha prodotto nuovi effetti sulla corsa al Quirinale, dopo la rinuncia di Scalfaro alle dimissioni per accorciare, sia pure di poco, il suo mandato.

La commissaria europea Emma Bonino, che si autodefinisce simpaticamente una rompiscatole, ha rilanciato la sua candidatura alternando apprezzamenti per le bombe della Nato sulla Serbia a proposte o iniziative a favore dei kosovari deportati o in fuga.

Ma, di nuovo, ha conquistato solo il cuore dell’elettore Antonio Di Pietro, che con il cervello ha dichiarato di essere per Ciampi. Il ministro degli Esteri Dini pedala invece verso il colle alternando bacchettate a strizzatine d’occhio a Milosevic, nella speranza di guadagnarsi gli applausi e i voti sia di chi vuole o accetta la guerra, sia di chi l’ha osteggiata fin dal primo momento. Un pensierino presidenziale viene attribuito anche al ministro cossighiano della Difesa Scognamiglio, che alterna elogi in perfetto inglese ai piloti dei bombardieri e assicurazioni in perfetto italiano contro il ricorso a forze terrestri senza una copertura dell’Onu. Scalfaro intanto ha fatto riportare qualche paio di calze della figlia Marianna al Quirinale per proteggerne le gambe in caso di una sua rielezione per forza maggiore. Che potrebbe essere elencata fra i danni della guerra.

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