Precari scuola: Gelmini che fai? Un ministro tra la scure dei tagli e i “ricatti” dei sindacati

Di Carlo Candiani
31 Agosto 2011
Roberto Pellegatta, presidente Disal: «Il ministro ha accettato il do ut des delle organizzazioni sindacali. Ma non si possono affrontare i problemi dell'istruzione secondo logiche di baratto». L'anno comincia nel peggiore dei modi, con le famiglie e gli studenti disorientati da «un carosello incomprensibile di docenti»

L’organizzazione scolastica in Italia è così malmessa che, in qualunque modo il ministero decida di agire, deve fare fronte a proteste, anche legittime. Sull’annoso problema dei precari e della loro abilitazione all’insegnamento, il ministro Mariastella Gelmini deve subire le contestazioni delle associazioni di settore che vedono in questi atti amministrativi un grave ostacolo all’immissione di forze fresche tra le fila dei docenti. Abbiamo chiesto a Roberto Pellegatta, presidente di Disal, associazione di dirigenti di scuole autonome e libere, il perché di tanta contrarietà.

Professore, innanzitutto, da quale ragionamento parte il ministro Gelmini, per quanto riguarda l’immissione in ruolo dei precari?
Purtroppo a livello pubblico non vi è stato alcun ragionamento. Il problema dei precari si trascina da decenni. Da quel che si sa, all’interno di un patto più generale, iniziato intorno alla vicenda Fiat, dove alcuni sindacati hanno avviato col governo un patto di collaborazione, c’era una richiesta da parte del sindacato scuola di affrontare concretamente la stabilizzazione del precariato, una specie di “do ut des” al quale il ministro Gelmini ha acconsentito.

E quali sono i motivi della vostra contrarietà?
Noi pensiamo che non si possano affrontare i problemi della scuola barattandoli con una problematica tipicamente sindacale. Purtroppo i problemi della scuola sono affrontati da decenni in maniera meramente occupazionale: lo fece il governo di sinistra, istituendo i moduli, per aumentare l’occupazione; al contrario, quando il ministro Giulio Tremonti ha iniziato i tagli sulle ore, l’ha fatto per una diminuzione della spesa pubblica, cioè colpendo l’occupazione. Noi continuiamo a ripetere che la questione scolastica non è un problema di occupazione e che affrontare il problema dando priorità alla sistemazione del precariato non risolve i bisogni reali della scuola. Una scuola che ha bisogno di una stabilità di insegnanti e non di immissioni forzate, senza valutazioni sulle competenze e sulle capacità.

C’è chi afferma che inserire nelle schiere dei docenti abilitati un 50 per cento di precari e un 50 per cento di giovani alla prima esperienza sarebbe stata una decisione più equilibrata. L’impressione è che sarebbe stato, invece, il solito compromesso all’italiana. Sbaglio?
Questa non è un’opinione né un compromesso! C’è una legge ben precisa che lo stabilisce: è la legge sul cosiddetto “doppio canale”. Le immissioni in ruolo vanno fatte, per legge, al 50 per cento attraverso le graduatorie “ad esaurimento”, che tra l’altro non si esauriscono mai, e al rimanente 50 attraverso concorsi, quindi forze nuove abilitate. È la legge che lo stabilisce. Il vero guaio è che la linea che il ministro ha assunto contravviene a questa norma, la bypassa. Nuove assunzioni solo dalle graduatorie permanenti è il risultato grazie all’accordo con i sindacati. Con tanti saluti ai giovani laureati che escono dall’università e che hanno piena abilitazione. Altro che 50 per cento, non raggiungono nemmeno il 20!

Intanto, in queste ore, a Milano, sono centinaia i precari convocati per posti a materne, primarie, medie, superiori e di sostegno. Nei prossimi giorni saranno chiamati 2.000 insegnanti, tutti con il posto fisso nelle scuole di Milano e provincia. Il Corriere della Sera racconta le loro storie e, quello che colpisce, è l’età di queste persone: non scende sotto i trent’anni, addirittura ci sono cinquantenni. Un’attesa così lunga e ostinata per la sicurezza di un posto di lavoro. Non è un’anomalìa?
È un’enorme anomalìa! C’è una ancora più grave: in Lombardia su 1.300 scuole statali, attualmente quasi 500 sono senza preside, anche qui per la stessa ragione, sono anni che non vengono banditi i concorsi, di conseguenza si alza l’età media dei docenti e degli aspiranti docenti. Senza concorsi si crea non solo un problema di selezione sul merito e capacità, ma crea anche un rapporto tra generazioni. Quindi non si tratta di avviare una “guerra tra poveri” tra giovani che aspirano e anziani che attendono, si tratta di dare attuazione ad una norma che è molto precisa sull’immissione in ruolo.

La cosiddetta “guerra tra poveri”, tra l’altro, non è soltanto tra precari e giovani laureati che premono per un ruolo di docenti; anche all’interno del mondo dei precari c’è chi si lamenta di dover “gareggiare” con candidati di altre regioni…
Purtroppo anche questa è una misura spinta e voluta dal sindacato, appoggiata dalle amministrazioni che ha creato situazioni assurde: ci sono provincie dove precari in attesa del posto sicuro, dopo anni di insegnamento, si sono visti scavalcati, da chi, provenendo da altre zone, con un punteggio maggiore, per la prima volta quest’anno, impedirà a loro di concludere un percorso di servizio. Il risultato è un carosello incomprensibile di docenti, per famiglie e alunni.

Concludendo: il ministro Gelmini è da una parte esecutrice ossequiosa dei tagli “tremontiani” e dall’altra succube di un “ricatto” sindacale. Anche quest’anno scolastico si preannuncia molto caldo.
Inizia male, molto male… Innanzitutto perché, a causa di una norma che ha spostato al 31 agosto le nomine in ruolo, le supplenze si decideranno dopo settembre e, in secondo luogo, per i tagli che hanno ridotto la capacità delle scuole di affrontare i bisogni educativi e formativi: è come se nel suo giardino un giardiniere avesse tagliato insieme alle erbacce anche i tulipani e i garofani. Come al solito, invece di anteporre un progetto di scuola alle esigenze reali, si è voluto applicare un sistema ragionieristico percentuale, questo, insieme ai ritardi dell’amministrazione, darà un segno negativo all’imminente inizio dell’anno scolastico, tra gravi e serie difficoltà.

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