
Elogio fazioso del presidente del Portogallo, che ha affossato l’eutanasia

Il presidente del Portogallo, Marcelo Rebelo de Sousa, si è rifiutato per la seconda volta di firmare la legge sull’eutanasia, affossandola definitivamente. Il Parlamento ha infatti il diritto di modificare la legge o anche di rigettare il veto, ma non ha più tempo per discuterne: lo stesso presidente infatti, rieletto a gennaio per un secondo mandato con il 60 per cento dei voti, il 4 novembre ha annunciato lo scioglimento delle Camere (previsto per domenica) e indetto nuove elezioni per il 30 gennaio.
Il primo veto all’eutanasia
«Questo veto non è normale: riflette solo la posizione personale del presidente. Ha seguito le sue idee, ma ha deviato dalla Costituzione», ha commentato infuriata la parlamentare socialista Isabel Moreira, alludendo alla fede cattolica del presidente.
Il Parlamento portoghese aveva approvato la legalizzazione di eutanasia e suicidio assistito il 29 gennaio in pieno lockdown, con record giornalieri di morti e contagi e le terapie intensive al collasso. Il presidente aveva in precedenza affermato che avrebbe rispettato il volere delle Camere, ma invece che apporre la sua firma alla legge, a febbraio la girò alla Corte costituzionale, evidenziando un testo troppo interpretabile.
Il secondo veto
La Corte, accogliendo le riserve, bocciò il testo a maggio riconoscendo l’ambiguità giuridica di alcune parti della legge: «Eccessivamente indeterminati» i termini utilizzati nel definire i requisiti di accesso all’eutanasia quali «sofferenza intollerabile» e «lesione definitiva di estrema gravità». Pertanto ne dichiarò l’incostituzionalità.
Il Parlamento ha quindi riscritto la legge, approvandola nuovamente il 5 novembre con una maggioranza di 138 voti favorevoli e 84 contrari. Ma il 30 novembre Rebelo de Sousa si è rifiutato per la seconda volta di firmarla, notando che in un caso la legge permette l’eutanasia in presenza di «una malattia mortale», in un altro quando si verifica una «grave malattia». Il presidente ha dunque rispedito al mittente il testo per la seconda volta, chiedendosi se «la proposta di legge non rappresenti una visione troppo radicale e drastica rispetto a quella dominante nella società portoghese».
«Il presidente è stato cinico»
Tutta la sinistra (a parte il Partito comunista, contrario all’eutanasia) ha protestato con forza contro il presidente sapendo che dopo le elezioni potrebbe non esserci più in Parlamento una maggioranza favorevole all’eutanasia. «Questo è un veto cinico da parte del presidente, ma l’eutanasia sarà legge prima o poi», ha twittato Pedro Filipe Soares, leader del Blocco di sinistra.
Forse il parlamentare ha ragione, forse il Portogallo un giorno approverà l’eutanasia. Forse Rebelo de Sousa è veramente «cinico», forse l’ha fatto proprio perché cattolico. Sta di fatto che ha fermato, almeno per un po’, gli alfieri del diritto di morire. E l’ha fatto grazie ai poteri attribuitigli dalla legge.
Rebelo de Sousa come re Baldovino
La sua presa di posizione e la sua opposizione ricordano quelle del re Baldovino, che pur di non ratificare la legge che avrebbe legalizzato l’aborto in Belgio, il 4 aprile del 1990 si dimise. Scrivendo al capo del governo Wilfried Martens: «So che agendo così non scelgo una strada facile e che rischio di non essere capito da un buon numero di concittadini. Ma è la sola via che in coscienza posso percorrere».
Forse anche Rebelo de Sousa non sarà capito dai suoi concittadini, che secondo un sondaggio sarebbero al 60 per cento favorevoli alla “buona morte”. Ma ha deciso, in coscienza e nel pieno rispetto della Costituzione, di rigettare una legge barbara che avrebbe sancito, oltre al diritto di morire, anche la morte del diritto. Evviva allora il cinico e cattolico Rebelo de Sousa, presidente del Portogallo.
Foto Ansa
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