
La campagna elettorale in Polonia è una gara a chi la spara più grossa

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Dal nostro inviato a Varsavia. Il traffico di Varsavia è congestionato a causa della chiusura per lavori di alcune arterie principali, ma l’atmosfera è apparentemente tranquilla e non si vedono in giro tracce di militanza politica all’indomani della “marcia di un milione di cuori” organizzata da due dei principali partiti di opposizione, Piattaforma Civica (aderente al Partito Popolare Europeo) guidata da Donald Tusk e Sinistra (aderente al Partito Socialista Europeo) di Włodzimierz Czarzasty e Robert Biedron. Terza Via, forza di opposizione centrista che ha la prospettiva di eleggere deputati al Parlamento, non ha aderito formalmente ma molti suoi militanti erano presenti a titolo personale.
L’apparente tranquillità sorprende, perché la domenica è stata carica di polemiche, roventi accuse reciproche e pesanti minacce scambiate fra il palco di Varsavia, dove la star era l’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, e Katowice, dove si riunivano i pesi massimi di Diritto e Giustizia, PiS nella sigla polacca, il partito di destra (aderente al Partito dei Riformisti e Conservatori europei, di cui è presidente Giorgia Meloni) che dal 2015 governa la Polonia.
La manifestazione di piazza e le elezioni del 15 ottobre
La prima, scontata polemica, riguarda il numero dei partecipanti: un milione per le strade di Varsavia secondo gli organizzatori, centomila secondo la tivù di Stato (di tendenza governativa), 60 mila secondo Jarosław Kaczyński, il leader del PiS. La verità pende più dalla parte dei primi che della seconda e del terzo: i manifestanti non erano un milione ma formavano un corteo di quattro chilometri lungo gli ampi viali che portano i nomi di Marszalkowska, Swietokrzyska e Giovanni Paolo II.
Probabilmente al milione si arriverebbe sommando il numero dei partecipanti a manifestazioni gemelle che si tenevano in contemporanea in altre importanti città della Polonia. Il successo di partecipazione non indica necessariamente una vittoria alle elezioni politiche previste per domenica 15 ottobre: i sondaggi consultabili sono unanimi nel dare un vantaggio di 6-7 punti al partito del premier Mateusz Morawiecki su quello di Tusk (35-36 per cento contro 29-30 per cento), anche se quest’ultimo non ha mancato di affermare che i sondaggi commissionati dal suo partito indicano una forbice di appena due punti percentuali a vantaggio dei rivali.
Sarà forse per questo che il Financial Times nel suo pezzo di commento sull’evento di domenica ha citato una frase conciliatoria pronunciata da Tusk, che ha promesso di «mettere fine alla guerra fra polacchi il giorno dopo le elezioni. Una volta cacciato l’aggressore, non ci saranno più ragioni per farci la guerra». Ma è lo stesso leader che a proposito del destino dei suoi avversari aveva appena detto: «Molti di loro andranno in prigione per furto, per avere violato la legge e la Costituzione».
Una campagna elettorale sopra le righe
In realtà tutta la campagna elettorale è stata fin qui caratterizzata da un linguaggio costantemente sopra le righe da una parte e dall’altra. Mentre a Varsavia Tusk prefigurava il carcere per i suoi avversari politici, a Katowice il premier Morawiecki annunciava: «Se batteremo Piattaforma Civica, cacceremo via Tusk. Dove? A Berlino!». Non da ieri il leit motiv della propaganda politica del PiS è che l’ex presidente del Consiglio europeo, definito «il marito politico di Angela Merkel», ha fatto in passato e farà in futuro gli interessi della Germania piuttosto che quelli della Polonia. In particolare Kaczyński si esercita nella demonizzazione di Tusk, definito di volta in volta «la personificazione del male puro», «la più grande minaccia alla sicurezza della Polonia», «un inviato dell’élite di Bruxelles», ecc. Per concludere che «i tedeschi vogliono installare Tusk in Polonia perché gli svenda le nostre proprietà pubbliche».
Una gara a chi la spara più grossa in Polonia
Qualche tempo fa Morawiecki avvertiva gli elettori che l’opposizione avrebbe trasformato la Polonia in un «inferno per le donne» caratterizzato da «stupri, rapine e omicidi» e attraversato da «giovani migranti sradicati che prendono d’assalto le frontiere». Queste e altre parole di esponenti del PiS sono state rinfacciate a chi le ha pronunciate quando, pochi giorni fa, è scoppiato lo scandalo dei visti “venduti” a richiedenti extraeuropei per somme fino a 5 mila dollari dai consolati polacchi in India e in paesi africani: 7 persone sono incriminate e il viceministro degli Esteri che sovrintende ai consolati si è dovuto dimettere.
Negli ultimi quattro anni la Polonia ha rilasciato 2 milioni di visti Schengen, 370 mila dei quali per cittadini extra Ue che non sono ucraini o bielorussi. Secondo Tusk si tratta del «più grande scandalo della storia polacca», ma questa è decisamente un’esagerazione, a meno che non venga a galla altro. D’altra parte l’alzata di ingegno di Morawiecki faceva da contraltare a un’altra sparata di Tusk, che nel maggio scorso aveva detto: «Oggi a farla da padroni sono i beoni, quelli che picchiano i bambini e le donne e che non si prendono la briga di trovarsi un lavoro da anni e anni. Loro sono la clientela politica ideale per queste autorità che hanno la loro stessa mentalità».
«Donne, non andate a letto con elettori di destra!»
Un’antologia di interventi sopra le righe di questo genere potrebbe andare avanti per pagine e pagine. Merita di essere ricordato il più recente dei teatrini, andato in scena subito dopo la marcia di domenica: Robert Biedron, uno dei leader di Sinistra, ha invitato le donne a rifiutarsi di fare l’amore con potenziali elettori del partito Confederazione Libertà e Indipendenza, il più a destra nell’attuale panorama politico. Confederazione (in loco è nota semplicemente così) è data al 9-10 per cento nei sondaggi, e rischia di essere il king maker del prossimo parlamento. È contraria alla spesa pubblica e alle nazionalizzazioni, ma su aborto, Lgbt, Unione Europea e immigrazione la pensa come il PiS.
«Ragazze, se un tizio vi dice che voterà Confederazione, non andate a letto con lui. Devono spaventarsi», ha dichiarato Bidron a una tivù. «Dobbiamo fare di tutto per spingere quel partito sotto la soglia elettorale (che per i partiti non coalizzati è fissata al 5 per cento – ndr), in modo che Confederazione non entri in Parlamento». A stretto giro su X ha risposto Samuela Torkowska, una candidata di Confederazione: «Sono totalmente d’accordo. Non andate a letto con lui, portatelo all’altare!».
Il rischio di un Parlamento bloccato in Polonia
La questione della soglia elettorale però introduce i discorsi seri: in base alla legge elettorale polacca entra in Parlamento il singolo partito che supera il 5 per cento dei voti e le coalizioni elettorali che superano l’8 per cento mentre c’è un premio di maggioranza per chi supera il 40 per cento. I sondaggi attuali escludono che il PiS possa ripetere l’exploit di quatto anni fa, quando raccolse il 43 per cento dei voti. Ma una coalizione post-elettorale fra Piattaforma Civica, Sinistra e Terza Via (auspicata a Bruxelles e per nulla impossibile sulla carta) potrebbe non bastare a dar vita a un governo tripartito che manderebbe all’opposizione Kaczyński e Morawiecki.
Nessuno, però, vuole allearsi con gli appestati di Confederazione, mentre i leader di tale partito affermano che non si alleeranno né con Diritto e Giustizia né con Piattaforma Civica, considerati alla stessa stregua, cioè come la “vecchia” politica che deve morire. Dunque si rischia di andare verso un Parlamento bloccato e un governo di minoranza, con alta probabilità di una fine anticipata della nuova legislatura ed elezioni anticipate.
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