
Pizzaballa: «La domanda non è “dov’è Dio?”, ma “dov’è l’uomo?”»

Il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, ha lanciato un appello – “Perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace” – affinché la giornata di martedì 17 ottobre sia dedicata alla preghiera, al digiuno e all’astinenza per la pace e la riconciliazione.
In una breve intervista realizzata da Andrea Avveduto per il sito Pro Terra Santa, il cardinale ha raccontato lo sgomento, suo e della popolazione, per quanto accaduto in Israele dopo l’attacco dei terroristi di Hamas. «La situazione è grave», ha detto Pizzaballa, «c’è grande tensione nel Paese. Le famiglie cristiane di Gaza stanno bene, ma le loro case sono distrutte, scarseggia l’acqua e il gasolio, non c’è corrente».
Dov’è l’uomo?
«Se sapessi qual è la soluzione a questo conflitto, probabilmente vincerei il Nobel», ha detto ancora il cardinale. «Oggi non ha molto più senso andare a scavare su cosa abbia portato a questa situazione. Siamo in una fase nuova, drammatica. Sarà difficile dopo questa guerra ricostruire un minimo di fiducia tra le due parti. Ma questa è una necessità perché israeliani e palestinesi rimarranno qui. La domanda è “come” e “quando”: ci vorrà molto tempo, pazienza e l’opera di tante persone di buona volontà».
«La domanda in questi casi non è “dov’è Dio?” ma “dov’è l’uomo?”», ha detto ancora Pizzaballa. «Dio è qui, è presente. È il momento in cui dobbiamo rivolgerci a lui, per questo ho chiesto che ci sia questa giornata di preghiera e digiuno. Cosa abbiamo fatto della nostra umanità, cosa abbiamo fatto della nostra vocazione al rispetto dei diritti, delle persone? Queste sono le domande che ci dobbiamo fare. In questo momento, i cristiani devono innanzitutto guardare Cristo, che è l’uomo concreto, altrimenti restano nel vago. Gesù come presenza reale che cambia la vita».
Preghiera e lavoro
«La preghiera – ha aggiunto il cardinale – non risolverà nessuno dei nostri problemi, non ci esenta da un lavoro, ma illumina il percorso che dobbiamo fare. La preghiera ci apre il cuore, non consente al cuore di essere inquinato dall’odio. Quando noi siamo in difficoltà cerchiamo una persona vicina. E se Dio è una presenza reale, lo vogliamo vicino e nella preghiera lo troviamo».
«Poi, naturalmente, – ha concluso Pizzaballa – c’è da lavorare dal punto di vista umanitario. Ora siamo un po’ paralizzati, ma verrà il momento in cui ci sarà bisogno, quindi occorre essere pronti. Ed evitare di usare un linguaggio esclusivo, violento, che significa cadere nella narrativa di coloro che vogliono questo disastro. E che noi non vogliamo».
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