
Più libertà, meno banane
Martin Wolf, condirettore e principale commentatore economico del “Financial Times”, è uno dei più noti giornalisti finanziari. E’ l’unico giornalista europeo ad aver vinto due volte il premio per il giornalismo economico della Wincott Foundation ed è docente all’università di Nottingham. Già economista della Banca Mondiale, si dichiara seguace dell’”ortodossia economica” e considera il “neoliberismo” un’etichetta inventata dai neomarxisti a scopi propagandistici. Questo è il suo punto di vista sulle polemiche che circondano la sostituzione della vecchia convenzione di Lomé con il nuovo accordo di Suva.
Mr Wolf, fra poche settimane nelle isole Figi l’Unione Europea e i cosiddetti paesi ACP firmeranno un nuovo accordo di cooperazione, che sostituirà la convenzione di Lomé. Nonostante l’accesso preferenziale ai mercati europei concesso per 25 anni alle loro merci, i paesi ACP sono quelli che hanno conosciuto la più bassa crescita economica nell’ultimo quarto di secolo. Perché? Il fallimento della maggior parte dei paesi firmatari della convenzione di Lomé è il risultato di due fattori. Il primo è costituito dalle condizioni iniziali estremamente svantaggiate da cui sono partiti, con economie molto deboli e risorse umane inadeguate perché prive di formazione. Il secondo consiste nei pessimi regimi politici che hanno retto questi paesi. Molti di questi paesi hanno perseguito politiche economiche isolazioniste e interventiste per troppo tempo.
Il nuovo accordo prevede una graduale transizione dal sistema dell’accesso preferenziale e delle compensazioni per mancati guadagni a quello delle aree di libero scambio. Molti terzomondisti protestano che questo sistema è destinato a danneggiare i paesi poveri, perché essi non possono competere alla pari coi paesi più ricchi.
Questa concezione è assolutamente sbagliata. Essa si fonda sulla classica confusione fra vantaggio assoluto e vantaggio comparato. Invece è giusto l’obiettivo del nuovo accordo: il libero scambio costringerà i paesi ACP a specializzarsi in aree di vantaggio comparativo, che è esattamente ciò di cui hanno bisogno questi paesi.
A sostegno dell’idea che l’economia di mercato non avvantaggia i paesi poveri, molti citano l’”affare” delle banane: privati dell’accesso preferenziale delle loro banane al mercato europeo, i paesi Acp perdono un sacco di soldi. Come si fa a dire che il libero scambio li avvantaggia? Ma la politica delle banane attuata dalla concenzione di Lomé si è dimostrata una politica di sviluppo altamente inefficiente: si sono incoraggiati i paesi Acp a specializzarsi in un prodotto in cui non sono competitivi. In luogo di questo, l’Ue dovrebbe contabilizzare i benefici dell’attuale politica e darli sotto forma di aiuto a questi paesi, o ancora meglio direttamente ai piantatori di banane.
In una battuta, ha ancora senso la partnership fra Ue e paesi Acp? Se sì, su quali basi andrebbe collocata? Sì, il rapporto ha senso, ma dovrebbe essere centrato su un accordo di libero scambio più un programma di aiuti scrupolosamente mirato.
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