
Perù. Beati i tre religiosi uccisi dai comunisti perché «predicavano la pace»

Beati e quindi a un passo da quanto predisse nel 1991 Giovanni Paolo II che, raggiunto dalla notizia durante la Gmg di Czestochowa, reagì così: «Sono i nuovi santi martiri del Perù».
La beatificazione di fra Michele Tomaszek e di fra Sbigneo Strzałkowski, dei Frati Minori Conventuali, sarà celebrata questa mattina a Chimbote, a 24 anni dal martirio (9 agosto 1991), dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Con loro sarà reso beato anche don Alessandro Dordi, bergamasco, che operava nella parrocchia del Señor Crucificado a Santa e ucciso con tre colpi di pistola il 25 agosto del 1991. I guerriglieri, dopo l’assassinio di Michele e Sbigneo, glielo avevano promesso: «Il prossimo sarai tu».
CONTRORIVOLUZIONARI. Nel 1989, un anno dopo l’apertura della casa francescana a Pariacoto, fra le cime della Cordillera Nera del Perù, l’ordine decise di affidare la nuova missione al ventinovenne Michele, al trentunenne Sbigneo e al confratello Jarek Wysoczanski, poi scampato all’assassinio. Di fronte a una popolazione poverissima, i tre giovani risposero con grande spirito di sacrificio. Senza corrente elettrica riuscirono a far fronte alla siccità e al colera avviando un’opera educativa che, pur lentamente, permise uno sviluppo duraturo della popolazione. Ma i tre frati erano preoccupati innanzitutto di annunciare il Vangelo, vivendolo nel servizio ai poveri e rifiutando l’utopia della teologia della liberazione.
«Non avevamo mai toccato problematiche legate alla politica. Il nostro lavoro a Pariacoto consisteva nel servire i poveri ed evangelizzare. A noi sembrava di non fare niente per provocare», spiegò poi padre Jarek. I tre giovani francescani erano diventati i medici, gli insegnanti, i catechisti del villaggio, per cui celebravano Messa ogni giorno anticipata dall’adorazione eucaristica. Ma fu proprio questo a renderli invisi ai guerriglieri comunisti di Sendero Luminoso, che li accusavano di tramare contro la rivoluzione e la liberazione del popolo «con la recita del rosario, il culto dei Santi, la Messa e la lettura della Bibbia, predicano la pace e così addormentano la coscienza rivoluzionaria del popolo» e distribuendo «alimenti della Caritas, che è imperialismo».
IL SANGUE E I FRUTTI. Nonostante il pericolo dei guerriglieri i tre frati non avevano smesso di continuare la loro missione, ma la sera del 9 agosto 1991 i terroristi si presentarono a Pariacoto. Fra Sbigneo aveva appena concluso l’adorazione eucaristica e attendeva Michele, che stava medicando un bambino, per celebrare la Messa. All’arrivo degli uomini incappucciati Sbigneo riuscì a mettere in salvo alcuni novizi, mentre lui e il confratello furono caricati su una camionetta diretta al cimitero dove vennero uccisi insieme al sindaco del paese: «Così muoiono i lacchè dell’imperialismo», fu il messaggio lasciato dai guerriglieri sui loro corpi.
L’omicidio dei frati colpì la popolazione, che li pianse portando sulle spalle le loro bare in una lunga processione e che rimase fedele agli insegnamenti dei francescani. La lenta opera avviata dai tre sacerdoti, che in soli tre anni avevano assunto le abitudini della popolazione nativa contagiata attraverso una dedizione gioiosa e pacifica, esplose grazie al loro martirio, con una missione che oggi serve ben 72 comunità.
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2 commenti
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…’STI COMUNISTI!
Certo,il sangue dei martiri non cade a terra senza germogliare..Fu così anche per il Sangue di Cristo, e nacque la Chiesa….
Anime così, in punt odi morte, non possono non aver pregato per i loro uccisori…
Il bene trionfa sul male, sempre. Anche se a volte non sembra.
Dico io.