
Perdona le nostre patacche e liberaci dagli irruiniti elettorali
C’è un paradosso simpatico in queste elezioni. C’è un sacco di gente che ad un certo punto delle discussioni si impanca, alzando il dito e misteriosamente circonfusa di luce. Inizia a pronunciare: «Un vero cristiano non dovrebbe mai votare». Mai s’era visto un fiorire così di autorità teologali, pastorali ed esegetiche in giro per salotti, bar, redazioni. Tutto un “inruinirsi” – verbo di nuova fattura che significa mettersi nei panni del presidente della Cei – un invescovirsi, preoccuparsi delle sorti della cristianità. Gli inruiniti si preoccupano per te, che tu non cada nell’abisso del peccato dentro la cabina elettorale. E così giù delle casistiche quasi gesuitiche sui peccati di quel leader o di quell’altro. In genere, a farne le spese è quel leader che è “evidentemente” un peccatore: un vero cristiano mica può votare l’imbonitore di ex cassiere della Standa come la povera Veronica, e imbonitore di mezza Italia, abbronzato, vestito come un gangster e creatore di tv “diseducative” per i giovani (con programmi firmati, a dire il vero, da gente di altra sponda politica).
A volte, visto che altri argomenti di natura più semplicemente politica non bastano, è meglio rifugiarsi in corner, e agli splendenti inruiniti mormorare: padre, ho peccato, sono una patacca di cristiano.
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