Perché, nonostante la guerra, la finanza non sembra nel panico

Di Francesco Megna
27 Aprile 2022
I principali indici di Borsa confermano una contingenza complicata ma con dati in decisa controtendenza rispetto al tonfo durante la pandemia
Due trader al lavoro nella Borsa di New York
Foto Ansa

I primi tre mesi del 2022 sono stati senz’altro densi di avvenimenti drammatici, con evidenti ripercussioni sull’economia reale e sui mercati finanziari. Nonostante ciò, specialmente sui mercati finanziari, le perdite, pur importanti, non si sono rivelate particolarmente infauste. I principali indici di Borsa confermano una contingenza complicata ma con dati in decisa contrapposizione con la rilevazione precedente.

Guardando al passato gli occhi vanno ai primi mesi del 2020, in coincidenza con l’inizio della circolazione del virus, quando tutti i listini hanno riportato importanti flessioni per poi comunque recuperare velocemente nei mesi a venire. In questi primi mesi del 2022 tra le macroaree geografiche è l’Asia a ottenere la miglior performance, seguita da Stati Uniti ed Europa. Chiude il ranking la Russia.

Il rallentamento del comparto green

Discreti i movimenti sul piano valutario: l’euro allunga sulla lira turca e sullo yen; si indebolisce, al contrario, nei confronti del dollaro Usa e dello yuan. Per quanto riguarda invece il risparmio gestito, le categorie più efficienti dal punto di vista geografico sono quelle che investono in Brasile, Turchia, Africa e Indonesia. I paesi emergenti figurano anche in chiusura del ranking accanto alla Russia.

Il clima di insicurezza incoraggia società a elevata capitalizzazione di borsa e mature. Nelle categorie azionarie settoriali e tematiche primeggia la corsa delle materie prime, in particolare i metalli minerali non preziosi e le fonti tradizionali di energia. Soffrono nel periodo in esame i prodotti Esg a causa di una rotazione settoriale originata da prese di profitto e operazioni speculative. La natura temporanea del rallentamento dei comparti green potrebbe aver generato delle buone occasioni di acquisto.

Le opzioni preferite dagli investitori europei

Flette anche il mercato obbligazionario. L’America latina è l’unica area con buoni risultati per l’investitore europeo. In proporzione, il conflitto ha impattato sul comparto obbligazionario più che sull’azionario: le perdite in media sono solo lievemente inferiori a quelle registrate nel primo trimestre del 2020.

L’inflazione si conferma un tematica vincente, anche se non realizza performance positive ma, in ogni caso, si posizione discretamente e continua a raccogliere le preferenze dei risparmiatori. Le scadenze brevi e i rating meno elevati rappresentano altri fattori di successo. Per un investitore europeo anche i bond statunitensi risultano vantaggiosi ma la causa è principalmente l’apprezzamento del dollaro.

Alta volatilità ma nessuna fuga di capitali

In conclusione, possiamo sostenere che nonostante il conflitto scoppiato in Ucraina con tutte le conseguenze sull’economia reale, i mercati finanziari non sono nel panico. È vero che la volatilità è ampia e non trascurabile, ciononostante i volumi sono ancora apprezzabili. Non si registrano fughe dagli investimenti o mercati immobilizzati, come invece si era verificato nel corso della crisi dei debiti sovrani. È inoltre evidente un trasferimento di capitali verso quegli asset che, a vario titolo, traggono vantaggio dalla tensione: settoriali difesa, materie prime e secondariamente beni rifugio sono le destinazioni privilegiate.

Storicamente l’alta volatilità si presenta sotto forma di movimenti fulminei e violenti, che si concludono in tempi relativamente brevi. Si nota infine che i macrotrend strutturali non risultano invalidati dai ritracciamenti dell’ultimo trimestre: con le dovute correzioni, un portafoglio bilanciato in ottica di medio-lungo periodo può risultare ancora efficiente.

Foto Ansa

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