
Perché la fatwa laicista contro Kamel Daoud è una fatwa contro tutti noi

Caro direttore, lo scorso 12 febbraio, sulle pagine di Le Monde, 19 intellettuali francesi hanno lanciato una sorta di fatwa laicista contro lo scrittore algerino Kamel Daoud, che pochi giorni prima, in un articolo apparso sullo stesso Le Monde e sul New York Times, aveva cercato di spiegare, con estremo garbo, perché i maschi musulmani fanno molta fatica ad avere un rapporto equilibrato con le donne, specialmente con quelle libere. Nel testo della fatwa si legge: «Pur affermando di voler decostruire caricature promosse dalla “destra” e dalla “estrema destra”, l’autore ricicla i cliché orientalisti più banali.»
Davvero un gran bel paradosso: degli intellettuali occidentali accusano un intellettuale musulmano di calunniare i musulmani. Sospetto che la maggior parte degli intellettuali che oggi si dedicano con zelo gesuitico alla “caccia agli islamofobi”, non meno superstiziosa dell’antica caccia alle streghe, siano gli stessi che negli anni Sessanta occupavano le università e negli anni Settanta occupavano, una dopo l’altra, tutte le cattedre universitarie e tutte le redazioni dei media, come Gramsci comanda.
Questi rivoluzionari in pantofole, che cianciavano di “abbattere la borghesia” e “riscattare il proletariato” sorseggiando Martini nei salotti che contano, hanno potuto condurre fino ad oggi una raffinata esistenza borghese grazie all’aborrita economia liberal-capitalista e grazie ai soldi dei contribuenti “borghesi” (ne uccidono più i finanziamenti alla stampa che la stampa medesima). Dall’alto dei suoi 91 anni, uno di questi borghesissimi anti-borghesi si permette il lusso di dire quello che ha sempre pensato veramente dei “proletari” che voleva riscattare: «Gli uomini hanno bisogni primari come gli animali. E i poveri, salvo pochissimi, non hanno bisogni secondari». Un paio di anni fa si è saputo che in privato il rivoluzionario al caviale che abita all’Eliseo si riferisce ai poveri come agli “sdentati”.
Fino a trent’anni fa la sinistra marxista non era affatto relativista. Quando la civiltà occidentale sembrava essere diventata definitivamente ateo-comunista, i marxisti non dubitavano che fosse superiore a tutte le altre. Quando la civiltà occidentale si è liberata del sistema ateo-comunista e le sue radici cristiane sono emerse in superficie, la sinistra marxista è diventata improvvisamente relativista, multi-culturalista, terzomondista, filo-islamica: in una parola, violentemente anti-occidentale. Infatti, gli ex sessantottini attempati hanno capito che “civiltà occidentale” è definitivamente sinonimo di “civiltà cristiana” (come ho spiegato in precedenza) e di conseguenza combattono contro l’occidente per combattere contro il cristianesimo, che è sempre stato il loro vero “nemico da abbattere”. E per combatterlo stringono oggi alleanze con i portatori di valori anti-occidentali.
Non a caso, i sottoscrittori della fatwa trovano addirittura “scandalosa” la proposta, avanzata da Daoud, di “insegnare” ai musulmani i valori occidentali, in primo luogo quello del rispetto delle donne: «Secondo lui… dei valori dovrebbero essere “imposti” a questa massa malata, a cominciare dal rispetto per le donne. (…) Questo progetto è scandaloso, non solo a causa della insopportabile abitudine di evocare la missione civilizzatrice e la superiorità dei valori occidentali. Al di là del paternalismo coloniale, questo equivale anche ad affermare, in opposizione allo “spirito utopico che ci ucciderà”, che la cultura deviante di questa massa di musulmani è un pericolo per l’Europa.»
Questo brano è volutamente ambiguo. Non si capisce bene se, dal loro punto di vista, non bisogna insegnare gli immigrati il valore del rispetto delle donne perché gli immigrati già lo conoscono oppure non bisogna insegnarlo a nessuno semplicemente perché questo valore non è poi così importante. Probabilmente entrambe le cose. Probabilmente per i sottoscrittori della fatwa, come per tutti gli intellettuali di sinistra, gli immigrati sono “diversamente rispettosi delle donne”.
Paolo Flores D’Arcais lo ha detto chiaramente: «Consideriamo tutti un male le mutilazioni genitali: ma le madri di quelle bambine ritengono che sia giusto farle. La loro ragione non è abbastanza “illuminata”, è “imperfetta”? Ma chi decide sulla perfezione di ogni ragione individuale? Su quale lista prestabilita di verità?» (Repubblica, 22 giugno 2005). E Umberto Galimberti ci ha spiegato che la tolleranza consiste nella «capacità di ipotizzare che l’altro abbia un tasso di verità superiore al mio, a cui io non riesco ad accedere» (D la repubblica delle donne, 31 maggio 2005). Per la cronaca, Galimberti avvertiva la presenza di un tasso di verità superiore al suo nelle parole con cui un imam difendeva la necessità di legalizzare la poligamia anche in Italia. Quindi per Galimberti, D’Arcais e i loro compagni di merende post-marxiste l’infibulazione, la poligamia, le molestie rituali di gruppo (note come “Taharrush gamea”) e gli atri usi e costumi cari a certi imam contengono un “tasso” di rispetto per le donne talmente elevato che i “colonialisti” non riescono ad accedervi.
Potete rigirarla come volete, ma a rispettare le culture-altre si finisce sempre per mancare di rispetto alle donne libere. E mentre sei lì per credere che solo degli uomini potrebbero solidarizzare con i “diversamente rispettosi” delle donne, ti accorgi che vi solidarizzano anche le femministe di vecchia data. E allora non capisci più niente o forse capisci tutto e taci per pudore (perché non sta bene parlare in pubblico delle oscure pulsioni porno-sado-maso che certe attempate signore fanno fatica a reprimere). E pure di impedire ai musulmani illuminati come Daoud e ai loro amici “colonialisti” di contaminare le culture-altre con i valori occidentali, i sinistresi ambosessi sono disposti a sacrificare la libertà e l’incolumità delle donne occidentali, che oggi non possono più festeggiare il capodanno e il carnevale senza temere attenzioni “diversamente rispettose” da parte dei portatori di culture-altre.
Per proteggere le culture-altre da ogni critica, la sinistra chiama “razzista” chiunque provi a criticarle. Non a caso, in questi giorni sul web gira il seguente messaggio: “Uno stupro può durare 30 secondi, il razzismo dura per sempre. Fateli entrare”. Se anche questo messaggio fosse un “fake”, resta che tutti gli esponenti della sinistra tedesca lo hanno approvato e condiviso sui loro siti. Quindi, se nei paesi arabi le vittime di molestie vengono additate come “sgualdrine”, mentre le vittime di stupro rischiano di finire direttamente sotto una pioggia di pietre, invece oggi nei paesi occidentali le donne che non accettano di farsi molestare e stuprare in silenzio dai non-occidentali vengono additate come “razziste”.
Spero che la maggior parte delle donne abbia chiaro che è meglio passare per razziste che stare zitte (anche la vecchia femminista francese Elisabeth Badinter, almeno lei, ha capito che, pure di difendere certe conquiste, «non bisogna avere paura di essere trattati da islamofobi»). E spero che la maggior parte della gente abbia chiaro che chiamare “razzista” chi critica le culture-altre è una impostura, dal momento che, secondo il dizionario, “razza” e “cultura” non sono mai sinonimi. Ecco che cosa sono i sinistresi: degli impostori.
Vorrei adesso fare notare che in tutti i ragionamenti degli intellettuali di sinistra c’è sempre una sfumatura di nominalismo. Sebbene i nominalisti fossero tutti cristiani, di fatto la filosofia nominalista, nata alla fine del Medioevo, ha preparato la strada al pensiero ateo e materialista (per la cronaca, Il nome della rosa dell’ateo Umberto Eco è sostanzialmente un monumento pseudo-letterario al nominalismo). In estrema sintesi, secondo il nominalismo non esistono le qualità degli oggetti, le specie viventi, le culture su base etnico-religiosa eccetera: esistono soltanto i singoli oggetti, i singoli esseri viventi, i singoli rappresentanti di una determinata cultura. Per fare degli esempi concreti, secondo il nominalismo non esistono il colore rosso, la bellezza, la specie “cavallo”, la specie “uomo”, il cristianesimo, l’islam, la pioggia: esistono soltanto i singoli oggetti rossi, i singoli oggetti belli, i singoli cavalli, i singoli uomini, i singoli cristiani, i singoli musulmani… e perfino le singole gocce di pioggia (ipse Umberto Eco dixit).
Ora, sarebbe troppo lungo spiegare come dalla negazione dell’esistenza della specie “uomo” (intesa come l’insieme delle caratteristiche comuni a tutti gli uomini, così come le ha pensate Dio) si sia arrivati, un passo alla volta, al razzismo, all’eugenetica e al nazismo. Quello che adesso ci interessa è che, come la negazione dell’esistenza della specie uomo ci ha portato ad Auschwitz, così la negazione dell’esistenza dell’islam come cultura religiosa unica che esiste attraverso e al di sopra dei singoli musulmani potrebbe portarci a tante nuove Auschwitz. Di fatto, gli ebrei già stanno scappando in massa dall’Europa.
Ma andiamo con ordine. I 19 sottoscrittori scrivono: «Per cominciare, in questo testo Daoud ha ridotto uno spazio di più di un miliardo di abitanti, che si estende su migliaia di chilometri, ad un’entità omogenea, definita dal suo rapporto con la religione, “il mondo di Allah”. Tutti gli uomini sono prigionieri di Dio e le loro azioni sono determinate da un rapporto patologico con la sessualità. Il “mondo di Dio” è un mondo di dolore e frustrazione. (…) Kamel Daoud… biasima la violenza sessuale commessa da individui considerati devianti, pur negando questi individui ogni autonomia, dal momento che le loro azioni sarebbero determinate interamente dalla religione.» In sostanza, i 19 non credono che la umma islamica (l’insieme dei fedeli musulmani) sia “un’entità omogenea, definita dal suo rapporto con la religione” in quanto, dal loro nominalistico punto di vista, esisterebbero tanti diversi islam quanti sono i singoli fedeli musulmani, così come esisterebbero tanti diversi cattolicesimi quanti sono i singoli fedeli cattolici.
Più in generale, nella loro ottica ogni singolo essere umano interpreterebbe soggettivamente la sua cultura di appartenenza. Ad esempio, i terroristi e i molestatori non agirebbero in base all’islam in sé stesso (in quanto non esisterebbe neppure un unico e ben definito islam) ma in base alle singole (cattive) interpretazioni soggettive dell’islam elaborate da ciascuno di loro. Ma perché allora questi ultimi, invece di interpretare soggettivamente l’islam come religione di pace, la interpreterebbero come religione violenta e misogina? A questa domanda gli intellettuali di sinistra rispondono: “Perché sono vittime della società”.
Gli intellettuali di sinistra da una parte difendono gli usi, i costumi e i valori anti-occidentali propri delle culture-altre con argomenti relativisti, dall’altra interpretano tali usi, costumi ed anti-valori come effetti collaterali dell’oppressione economico-militare che, secondo la grande narrazione marxista, l’occidente “imperialista” infliggerebbe da tempo immemorabile alla umma islamica. Per loro, il terrorista e il molestatore seriale sarebbero soltanto “vittime”, da scusare e compatire, di presunte “ingiustizie sociali” inflitte da noialtri occidentali borghesi-capitalisti.
Come si vede, gli intellettuali di sinistra sottovalutano radicalmente il ruolo della religione e sopravvalutano enormemente il ruolo dell’economia. Infatti il marxismo interpreta la religione e la cultura come conseguenze o espressioni (“sovrastrutture”) dell’economia (“struttura”). Parallelamente, interpreta i pensieri e gli atti di ogni individuo come conseguenze o espressioni delle condizioni del suo corpo, giacché dal punto di vista materialista l’uomo è un corpo pensante, non un’anima rivestita di corpo. Non avendo dunque un’anima ed essendo solo corpo, sebbene pensante, se sta materialmente bene pensa e agisce bene, se sta materialmente male pensa e agisce male. In quest’ottica, il musulmano interpreta soggettivamente l’islam come religione di pace se sta materialmente bene mentre lo interpreta male, divenendo misogino e terrorista, se sta materialmente male. Quindi, dal loro punto di vista per integrare i musulmani non bisogna fare altro che migliorare le loro condizioni economiche (ossia smetterla di infliggere loro “ingiustizie sociali”) senza stare a criticare la loro cultura e la loro mentalità.
Ora, tutti dovrebbero sapere che, in realtà, i musulmani stanno materialmente molto meglio in Europa di quanto stiano nei loro paesi di provenienza e tuttavia in Europa hanno la stessa mentalità chiusa (per usare un eufemismo) che hanno nei loro paesi. E tutti dovrebbero sapere che gli autori delle più devastanti stragi degli ultimi 15 anni, a partire da quella dell’11 settembre 2001, erano tutti benestanti e dotati di istruzione superiore, mentre la maggior parte dei guerriglieri dell’Isis sono nati e cresciuti in Europa, dove hanno potuto godere di un tenore di vita molto alto. In sostanza, non è vero che il terrorismo è effetto di ingiustizie sociali e non è neppure vero che l’occidente infligge ingiustizie sociali al mondo islamico.
In secondo luogo, non è vero che esistono tanti islam quanti sono i musulmani, così come non è vero che esistono tanti cattolicesimi quanti sono i cattolici. Da che mondo è mondo, i cattolici non hanno facoltà di stabilire, ognuno per sé, le regole del cattolicesimo, casomai sono tenuti a rispettare le regole del cattolicesimo: alcuni le seguono bene, alcuni le seguono male, alcuni le seguono malissimo, alcuni anzi pochissimi le seguono benissimo (i santi). Analogamente, l’islam è uno: i suoi princìpi sono scritti, nero su bianco, su un famoso testo sacro. Secondo una lunga tradizione, quel testo non può essere interpretato: può essere solo preso alla lettera (e infatti fra le diverse versioni dell’islam fornite dalle diverse scuole non ci sono delle differenze significative). Quindi, un musulmano non può neanche pensare di farsi il suo islam privato. All’interno del mondo islamico non ci sono tanti diversi islam ma piuttosto ci sono musulmani che seguono bene le regole dell’islam e musulmani che le seguono male, musulmani coerenti e musulmani svogliati.
Dunque non esistono solo i singoli musulmani ma anche l’islam attraverso e al di sopra di essi. Nessuno, tanto meno Daoud, pensa che gli individui di religione musulmana non abbiano nessuna “autonomia” e che “le loro azioni sarebbero determinate interamente dalla religione”. Ma se è vero che non determina interamente le azioni dei fedeli, è altrettanto vero che la religione influenza profondamente i loro comportamenti. Il fatto è che la visione antropologica materialista è profondamente sbagliata: l’uomo, infatti, non è un corpo animato ma un’anima rivestita di corpo. Dal momento che l’anima è superiore al corpo, le scelte dell’uomo non sono determinate da altro che dalla sua libera volontà (per questo, secondo il cristianesimo, ognuno è totalmente responsabile delle sue azioni). Ma dal momento che non è un’anima isolata in un mondo spirituale, l’uomo è parzialmente influenzato dall’ambiente. Nello specifico, la sua volontà è influenzata meno dai fattori materiali-economici che non dai fattori di carattere culturale e spirituale: la cultura e dalla religione. Se la sua cultura e la sua religione lo incoraggiano a fare il bene, egli cercherà di farlo veramente per la maggior parte del tempo, anche se ogni tanto gli capiterà di inciampare nel male.
Ebbene, il cristianesimo incoraggia il fedele a rispettare le donne e ad amare i nemici. E l’islam? Incoraggia a rispettare le donne e i non musulmani oppure no? Lascio che siano gli esperti dell’islam a rispondere. Per il momento, noi profani possiamo registrare alcuni fatti. Dicono i buonisti di sinistra: “Non possiamo confondere milioni di immigrati musulmani pacifici con pochi facinorosi che fanno i terroristi e con pochi ubriaconi che aggrediscono le donne, così come non possiamo confondere milioni di italiani con pochi mafiosi”. Questo argomento, squisitamente nominalista, non sta mai in piedi ma i buonisti si ostinano lo stesso a tirarlo fuori come un jolly in ogni occasione.
In primo luogo, la percentuale di mafiosi fra gli italiani è molto più bassa rispetto alla percentuale di terroristi fra i musulmani. Soprattutto, la maggioranza degli italiani non protegge i mafiosi e non approva la cultura delinquenziale-mafiosa, mentre la maggioranza dei musulmani non si dà molto da fare per combattere contro il terrorismo (finora non hanno consegnato alla polizia uno solo dei tanti aspiranti terroristi che circolano nelle loro comunità) e non lo condanna con molto entusiasmo (le manifestazioni contro il terrorismo organizzate dai musulmani sono state parecchio sotto tono).
Per quanto riguarda Colonia, se è vero che non tutti i musulmani d’Europa sono andati in giro a molestare le donne nella notte del 31 gennaio, è altrettanto vero che tutti quelli che sono andati a molestare le donne a Colonia sono musulmani ed è altrettanto vero che il numero di reati contro le donne commessi dai musulmani presenti in Europa è incomparabilmente superiore al numero dei medesimi reati commessi da europei autoctoni. Inoltre, assumendo che, dal punto di vista statistico, solo una percentuale (apparentemente) piccola di immigrati musulmani si dedica alla caccia alla donna bianca e al terrorismo, dobbiamo dedurne che, più cresce il numero complessivo degli immigrati musulmani, più cresce in proporzione il numero di musulmani che corrisponde a quella percentuale.
In conclusione, gli immigratici musulmani non hanno problemi economici ma problemi di cultura e di mentalità. Quindi, se vogliamo che si integrino, dobbiamo indurli a fare autocritica e a riformare la loro cultura e la loro mentalità. Scrive a questo proposito la Badinter: «In Francia si è lasciata mano libera ai predicatori salafiti arrivati dall’Algeria e guardate la fortuna che ha fatto Tariq Ramadan, il maître-à-penser delle periferie». Inoltre, in una intervista alla Stampa sottolinea che fino alla fine degli anni Ottanta c’è stato un islam moderato: «Era un islam dei lumi, c’era chi faceva il ramadan e chi no. È colpa nostra che non aiutiamo gli intellettuali musulmani e le donne delle periferie che difendono l’islam dall’islamismo, persone con un coraggio formidabile. Lasciamo che le loro siano grida nel deserto».
Quando non possono metterli a tacere, gli intellettuali di sinistra lanciano fatwe contro i musulmani riformisti, che cercano di avvertirci che “la cultura deviante di questa massa di musulmani è un pericolo per l’Europa”. Mettendo sul rogo la “strega” Daoud, i sottoscrittori della fatwa confessano implicitamente che è proprio questo che vogliono: lasciare che quella pericolosa massa di musulmani distrugga l’Europa. È dal 1989 che meditano vendetta. Dal momento che la maggior parte degli europei hanno rifiutato sdegnosamente il comunismo, i vecchi comunisti vogliono punire l’Europa.
Nel dettaglio, i vecchi marxisti sembrano avere un obiettivo anzi due obiettivi precisi, strettamente connessi: il primo è destabilizzare la società europea (forse perché sognano di organizzare una eventuale, impossibile, nuova “rivoluzione d’ottobre”), il secondo è tenere in piedi le strutture pericolanti del welfare-state (perché il welfare-state è alla base del socialismo reale). Ebbene, lo strumento che usano per raggiungere questi due obiettivi è precisamente l’immigrazione clandestina incontrollata. La sinistra post-marxista cerca di fare entrare in Europa il maggior numero possibile di immigrati perché spera che essi da una parte finiscano al più presto di disintegrare dall’interno l’odiata società borghese con i suoi odiati valori (lo ha confessato puntualmente un vecchio laburista inglese) e dall’altra si accollino pure, non si sa perché, i costi del welfare, divenuti ormai insostenibili. Gli esponenti della sinistra lo ripetono spesso: “Non possiamo fare a meno degli immigrati perché la popolazione invecchia”. Ma i sinistresi credono davvero che gli immigrati islamici, quando saranno in maggioranza, accetteranno di pagare le pensioni e le cure mediche agli “infedeli” e di lavorare a basso costo nelle loro fabbriche?
Se la popolazione europea invecchia, secondo logica bisogna incoraggiare gli europei a fare figli, non rimpiazzare gli europei autoctoni con gli extracomunitari. E se i costi del welfare sono ormai insostenibili in ogni paese, secondo logica bisogna buttare a mare il vecchio welfare di tipo socialista ed immaginarne uno nuovo. Oggi lo “stato sociale”, per continuare ad assistere tutti dalla culla alla tomba, è costretto a mandarne il più possibile nella tomba: nei paesi di antica cultura socialdemocratica, come il Belgio, i medici incoraggiano i malati terminali (ma non solo loro) a suicidarsi per alleggerire i conti del welfare. Ecco dove che cosa fa oggi il welfare-state: ammazza gli europei malati e li rimpiazza con giovani barbari.
Dopo avere occupato con gramsciana determinazione tutte le università e tutti i mezzi di comunicazione, i marxisti usano l’immigrazione musulmana incontrollata come un’arma per punire non soltanto la “borghesia” ma anche il “proletariato”. Dal momento che i proletari non li hanno mandati al potere, ossia non si sono fatti fregare, adesso i vecchi rivoluzionari benestanti e malvissuti li insultano: “Sono sdentati che hanno solo bisogni primari, come gli animali”. Quindi gli europei, molto prima che contro i barbari, devono lottare contro quelli che difendono la barbarie. Se vogliono impedire all’immigrazione incontrollata di distruggere l’Europa, devono prima cacciare uno per uno i vecchi malvissuti marxisti da tutte le cattedre universitarie e da tutte le redazioni dei media. Quando finalmente i nipotini decrepiti di Stalin saranno stati resi inoffensivi, Daoud e tutti gli altri musulmani di buona volontà potranno avviare un processo di riforma della cultura musulmana.
C’è qualcosa di significativo nel fatto che oggi è proprio dalle viscere del mondo islamico che emerge qualche nuovo Orwell: fra essi Boualem Sansal. Nel romanzo 2084. La fine del mondo, lo scrittore franco-algerino ci avverte che, se non invertiamo la rotta per tempo, entro pochi decenni saremo prigionieri di una mostruosa Oceania islamista. Dice il capo partito O’Brien in 1984 di Orwell: «Se vuoi un’immagine del futuro, pensa a uno stivale che calpesti in eterno il volto umano.». Quello stivale sarà musulmano.
Foto Ansa
Articoli correlati
7 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
Beh, Giovanna Jacob, potevi aggiungere una piccola chiosa:
che per i sapientoni d’oltralpe il “je suis Charlie” vale solo se si riferisce ai compagnucci loro.
Io appartengo alla Destra Identitaria e quindi politicamente distante da Giovanna Jacob,ma aldilà di questo, l’articolo è da incorniciare, per cui posso solo ringraziarla di cuore.
Articolo molto interessante che analizza una parte rilevante del complesso sistema di forze, non necessariamente coordinate, che spinge verso il baratro la società occidentale.
Fortunatamente la signora Jacob, immagino per ragioni di spazio e di opportunità, evita di esaminare anche il resto del macchinario diabolico (massoneria, Bildencomesichiama, libertinismo spacciato per liberismo con venti eccetera) e per questo la ringrazio, visto che ad agitare le mie notti ci pensa già la mia deliziosa prole.
Va bene tutto, ma le speculazioni sul Bildeberg e su una immaginaria onnipotente gigantesca massoneria giudaico-rettiliana no, le teorie del complotto no.
Che c’entra il complottismo scusi (e uno)?!
Vuol dire che la massoneria non esiste o se esiste non conta nulla?
Oppure che non esiste una élite economico-finanziaria che spinge la società all’individualismo?
Scusi (e due!) tanto se, nella mia somma insipienza, coltivo l’impressione che la deriva attuale dell’occidente non sia merito esclusivo delle fisime della sinistra radical chic, ma sia frutto di una concomitanza di forze eterogenee, ma non mi pare di aver scritto di credere (o voler far credere) che a coordinare tali forze ci sia una specie di “grande vecchio” o quelli che lei chiama “rettiliani”.
Scusi (e tre!) se mi permetto pure di chiamare per nome l’aire che ha spinto l’occidente giù lungo il piano inclinato su cui agli scarafaggi è consentito ruggire come leoni: si chiama “de-evangelizzazione”. Altro che “rettiliani”.
Chiedo scusa, ma nella mia esperienza quando uno mette di “Bildeberg” e “massoneria” nello stesso periodo 99 volte su 100 si riferisce ad una delle 200 o 300 diverse versioni un’unica grande mitologia complottista. Ormai i complottisti sono talmente tanti che, a distanza di pochi giorni, ne hanno dovuto parlare nell’ordine “Le scienza – Scientific American”, La Repubblica e il Foglio (e francamente vorrei parlarne pure io, prossimamente). Comunque chiariamoci: la massoneria esiste e ha fatto danni (come ha testimoniato Caillet, ex massone, su Tempi) ma di fatto l’ideologia della massoneria moderna è indistinguibile dalla ideologia di sinistra, nella maggior parte dei casi i massoni e i compagnucci della parrocchietta marxista sono le stesse persone. In secondo luogo la massoneria, per quanto dannosa, è piccola: non è quella organizzazione colossale immaginata dai complottisti. In terzo luogo, il Bildberg non c’entra nulla col declino dell’occidente, è solo una riunione annuale.