Perché in Cina i nazionalisti «festeggiano per la morte di Shinzo Abe»

Di Leone Grotti
09 Luglio 2022
Per Pechino l'ex premier giapponese era «il principale politico anticinese del mondo». Abe, infatti, ha sempre cercato di frenare l'influenza del Dragone, tanto che a dicembre il regime lo minacciò così: «Finirà in un bagno di sangue»
Shinzo Abe, ucciso ieri in Giappone, mentre annuncia le dimissioni nel 2020

Shinzo Abe, ucciso ieri in Giappone, mentre annuncia le dimissioni nel 2020

«Per celebrare la morte di Shinzo Abe regaliamo un articolo per ogni acquisto. Tutto il mondo è in festa». «Per festeggiare la morte di Abe, a tutti coloro che acquistano una bici regaliamo un paio di guanti». «Sconto prendi due paghi uno per tre giorni per festeggiare la morte di Abe». Sono solo alcuni esempi degli striscioni che sono stati appesi in tutta la Cina dai nazionalisti alla notizia dell’assassinio dell’ex premier del Giappone.

L’assassinio di Shinzo Abe in Giappone

Abe, 67 anni, è stato ucciso ieri mattina a Nara, durante un comizio elettorale di presentazione dei candidato del suo Partito liberaldemocratico. L’ex premier è stato ucciso da un colpo di arma da fuoco esploso, secondo le prime ricostruzioni, da un uomo di 41 anni, Tetsuya Yamagami, già definito «eroe» in Cina. Le ragioni del suo gesto sono ancora sconosciute.

Mentre i giornali eterodiretti dal Partito comunista cinese versavano lacrime di coccodrillo sull’uccisione di Abe, i nazionalisti per le strade e sui social, così come molti giornali in lingua cinese, esultavano per la scomparsa di quello che era considerato «il principale politico anticinese del mondo».

Il ritorno del Giappone come potenza militare

Al di là delle tante e giustificate ragioni storiche per cui il Giappone è odiato in Cina, Pechino non ha mai visto di buon occhio il tentativo dell’ex premier nipponico (dal 2006 al 2007 e dal 2012 al 2020) di restituire al paese una dimensione di potenza militare.

Abe è sempre stato convinto che di fronte a una Corea del Nord e a una Cina sempre più aggressive, il paese non potesse permettersi il lusso del pacifismo a oltranza. Pur cedendo a una visione marcatamente nazionalista in diverse occasioni, ha cercato (forse senza successo) di far superare ai giapponesi i fantasmi e le paure per le atrocità compiute durante la Seconda guerra mondiale.

Striscioni in Cina per festeggiare la morte di Shinzo Abe
Nello striscione si legge: «Per celebrare la morte di Abe, offriamo un tè gratis per ciascuno acquistato per tre giorni. Tutto il mondo è in festa»

Shinzo Abe e le alleanze anticinesi

Nel 2015, ad esempio, Abe è riuscito a far passare una legge che autorizzava le forze di autodifesa di Tokyo a partecipare a missioni di combattimento all’estero insieme alle truppe alleate. Ha aumentato il budget dedicato alla difesa e istituito un consiglio di sicurezza nazionale. Ha però fallito nel tentativo di modificare l’articolo 9 della Costituzione che impone al paese di rinunciare alla guerra.

L’ex premier ha sempre cercato di rafforzare i rapporti internazionali, specie con gli Stati Uniti, per porre un freno all’influenza cinese, criticando a più riprese un’eventuale annessione di Taiwan da parte di Pechino (posizione comprensibile, dal momento che se accadesse Tokyo si ritroverebbe con l’esercito cinese a soli 100 km di distanza dalle isole giapponesi Ryukyu). Ha dunque lavorato per far entrare il Giappone nel Tpp, ha migliorato i rapporti in Asia con India e Vietnam, ha lanciato l’idea del Quad con Usa, Australia e India in funzione anticinese.

«Finirà in un bagno di sangue»

Anche dopo l’uscita di scena politica, Abe ha continuato a far discutere. Ha proposto di ospitare alcuni ordigni atomici americani in Giappone, scatenando un’ondata di proteste tanto in Cina quanto in patria. Ha denunciato le mosse aggressive e «suicide» di Xi Jinping nei confronti di Taiwan, chiedendo agli Stati Uniti di modificare la politica dell’ambiguità strategica e di dichiarare che in caso di invasione gli Usa avrebbero difeso l’isola. «L’emergenza di Taiwan è l’emergenza del Giappone», ha anche affermato.

Le sue dichiarazioni spinsero il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, a tuonare in dicembre: «Shinzo Abe dice un sacco di sciocchezze. Chiunque tenti di ritornare sulla vecchia strada del militarismo e di sfidare il popolo cinese, finirà sicuramente in un bagno di sangue».

La previsione del portavoce si è avverata. Abe è stato assassinato ieri e per le strade cinesi si festeggia: «Comprate una birra e ve ne diamo una in regalo per celebrare l’assassinio di Abe».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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