Perché a Renzi non basta essere il più sveglio di tutti

Di Martino Loiacono
09 Luglio 2021
Si muove astutamente nel Palazzo ed è sempre una mossa avanti ai suoi avversari. Eppure la sua creatura politica non riscuote consensi
Matteo Renzi, leader di Italia Viva

La manovra con cui ha messo in crisi il Partito democratico sul ddl Zan è l’ennesima dimostrazione del talento politico di Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva lo scorso fine settimana, grazie a una serie di emendamenti graditi al centrodestra ma non al Pd, ha sparigliato nuovamente le carte, mettendo con le spalle al muro Enrico Letta e il suo massimalismo sui diritti. Con la conta in Senato, dovuta all’intransigenza dei dem che non vogliono modificare alcunché, e con un voto segreto, il ddl rischia di essere affossato. A meno che si trovi una mediazione con il centrodestra e con lo stesso Renzi. Soluzione già esclusa da Pd e Movimento 5 Stelle.

Il regista

Insomma, l’ex premier è riuscito a mettere i giallorossi alle strette costringendoli a una trattativa o a un rischioso voto in aula. Non è da escludere che la manovra renziana guardi all’elezione del presidente della Repubblica e sia il primo tentativo di instaurare un dialogo con il centrodestra per trovare un candidato comune per il Quirinale. Renzi, con questa prima mossa, sembra stia cercando di diventare il regista per l’elezione del Capo dello stato che si terrà a inizio 2022.

Spina nel fianco

Resta da capire se sarà in grado di mettere la ciliegina su una legislatura di cui è stato uno dei principali protagonisti. Basti ricordare la svolta del Papeete e la cacciata di Conte e Casalino. Nel 2019 con la svolta del Papeete spiazzò Zingaretti, evitando le urne anticipate grazie alla proposta di alleanza con i grillini, e riuscì a tagliare fuori Salvini che sarebbe quasi certamente andato a Palazzo Chigi. In quel frangente il Pd fu costretto a seguirlo, malgrado l’ex premier fosse ai margini della Ditta. Non a caso poco dopo avrebbe fondato Italia Viva e sarebbe diventato la spina nel fianco del neonato governo Conte-bis grazie a un numero di senatori cruciale per la sopravvivenza dell’esecutivo sostenuto da dem e pentastellati.

Un partito lillipuziano

Tramite tale potere di ricatto nel gennaio 2021, con le dimissioni delle ministre Bonetti e Bellanova, il senatore semplice di Scandicci è riuscito a far cadere l’esecutivo giallorosso che lui stesso aveva contribuito a creare. Una mossa decisiva che ha portato Draghi al governo e ha permesso l’accelerazione della campagna vaccinale e la riscrittura del Pnrr. Un’operazione politica di alto livello che tuttavia non ha regalato consensi a Italia Viva che resta inchiodata tra il 2 e il 4 per cento e che non sembra avere prospettive per il futuro.

Miracoli senza voti

Una volta terminata la legislatura, esaurito il potere coalittivo di cui Renzi dispone e che usa per le sue abili manovre, la sua creatura rischia di sparire. D’altronde la sconfitta del personalizzatissimo referendum costituzionale del 2016 ha generato una frattura irreparabile con gli italiani che hanno smesso di credergli. Se a questa assenza di fiducia (l’ex premier è sempre agli ultimi posti nei sondaggi di gradimento individuale), si somma la spregiudicatezza del suo agire politico, privo di posizionamenti chiari e di valori stabili, la situazione si fa ancor più limpida. Renzi potrebbe fare anche miracoli, ma guadagnerebbe probabilmente solo una manciata di voti.

Foto Ansa

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