Perché tesserarsi con Forza Italia

Di The Silver Team
22 Maggio 2003
Per chi ha scelto Forza Italia non solo con il voto ma con quella scelta d’appartenenza che è il tesseramento, è arrivato il momento di fare uno sforzo

Per chi ha scelto Forza Italia non solo con il voto ma con quella scelta d’appartenenza che è il tesseramento, è arrivato il momento di fare uno sforzo, rinnovare quella scelta e, se possibile, allargare la cerchia degli amici a cui proporla. Parliamoci chiaro: al gesto di rinnovare la tessera si oppone l’esperienza frustrante degli scorsi congressi sempre annunciati e mai avvenuti, con peso democratico degli iscritti pressoché nullo. Ma tutti i segnali depongono ora perché questa scelta abbia motivazioni ragionevoli. Intanto si è ormai fatta strada nei vertici la consapevolezza che il partito, dopo la fase movimentista e di opposizione, abbia pagato un tributo alla fase di governo troppo pesante perché non si debba porre rimedio. In pratica, Forza Italia si trova troppo sguarnita per poter reggere. I congressi si faranno perché voluti, ma anche perché si è obbligati. E tutto si può dire fuorché che saranno momenti di facciata. Al proposito val la pena di ricordare che l’unico congresso finora celebrato, nel 1998, ha proposto sullo scenario nazionale un certo Scajola, e da allora, da quel certo Scajola è passato quello che meno di facciata c’è a questo mondo, ovvero quasi tutte le candidature. I congressi dunque. Nell’autunno i grandi comuni e i provinciali. Nella primavera prossima il nazionale. Il tutto in previsione di tornate elettorali da far tremare i polsi: europee, province e comuni nel 2004, regionali nel 2005, politiche nel 2006.
Come abbiamo avuto già modo di ricordare, l’altro elemento positivo è il lavoro delle quattro commissioni preparatorie: identità, statuto, comunicazione, formazione. Il lavoro è a buon punto e sarà consegnato prima delle vacanze. Ci sono poi due motivi particolarmente pressanti perché le realtà popolari che si sono riconosciute in Forza Italia arrivino preparate alla stagione dei congressi. Il primo è fin troppo semplice nella sua brutalità. Si conta se si conta nel partito: questa è la logica di un bipolarismo come il nostro, nemmeno corretto, perché non può permettersele, da primarie, ad esempio, all’americana. Dunque esserci per essere. Ma non è solo questo. A questa pur non indifferente motivazione si aggiunge la constatazione che la presenza di realtà popolari è l’unica, vera garanzia di possibilità democratica in Forza Italia. Chiamiamo realtà popolari quelle realtà che, pur essendo a pieno titolo di Forza Italia, vivono un riconoscimento e un’origine che sono prepolitici. Hanno quindi un luogo, rapporti, progettualità in cui si origina un giudizio sulla politica. è solo questa presenza che introduce, per il solo fatto di esserci, una dialettica reale, e quindi un inizio di democrazia sostanziale nel partito. Senza la presenza di quelle che qui abbiamo identificato come realtà popolari, la dialettica politica è una dialettica chiusa, ristretta fra circoli di potere e il partito a lungo andare scompare. Non siamo noi a dirlo. Come ricordato da queste pagine prima di noi, e ben più autorevolmente, il fenomeno è stato descritto con una chiarezza definitiva da Dell’Utri. A nostro parere chi nel partito vive più acutamente la coscienza del problema, è Bondi: la sua convention di Gubbio, ponendo un punto di raccordo innanzitutto culturale, ha creato un punto dialettico nel partito e principiato, con il suo stesso esserci, un fatto di democrazia sostanziale. Esserci per essere quindi. Ma, e attraverso questo, esserci per far essere il partito. Ovvero un’ipotesi politica nel Paese. E questo è un fatto di servizio, non di poltrone.

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