«Per una buona scuola c’è bisogno di buoni insegnanti. Lasciamo le nostre scuole libere di scegliersi i migliori»

Di Matteo Rigamonti
03 Maggio 2014
«Con meno Stato e più autonomia scolastica i presidi assumono i docenti più bravi. Altrimenti devono tenersi quelli impreparati». Intervista a Stefano Blanco, direttore generale della Fondazione Collegio delle università milanesi

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«Abbiamo ancora troppi insegnanti impreparati nelle classi italiane a cui nessuno impone sviluppo professionale o uscita dal corpo docente e troppi con professionalità e desiderio di innovare che, al contrario, non sono adeguatamente incentivati a proseguire». Così Stefano Blanco, direttore generale della Fondazione Collegio delle università milanesi, in un suo editoriale per il Corriere della Sera del 30 aprile scorso. Tempi.it ha chiesto a Blanco di spiegare perché è così importante introdurre un sistema oggettivo di valutazione dei docenti e quale sia il modo migliore per farlo.

Blanco, perché è conveniente adottare un sistema per valutare gli insegnanti?
Perché ormai è sotto gli occhi di tutti che il concorso che dovrebbe garantire il loro reclutamento non funziona. Non è certo un caso, infatti, se il 99,9 per cento dei docenti che superano il concorso, al termine del primo anno di prova, entra in ruolo, senza che praticamente nessuno venga bocciato. Ciò significa che non c’è alcun tipo di selezione all’ingresso. Inoltre, chi diventa docente è destinato a rimanerlo a vita, senza mai poter ricevere alcun tipo di valutazione. Se veramente crediamo che l’educazione dei nostri figli sia una cosa importante, e lo è, dovremmo pensare anche alla valutazione dei docenti. Sono i buoni docenti, infatti, che contribuiscono a fare una buona scuola. Per questo motivo è importante valutarli, anche ricorrendo a forme di incentivazione di carattere retributivo o scatti di carriera per spingere a proseguire chi veramente è meritevole di farlo.

Come si può fare?
Al mondo ci sono diversi modelli che funzionano e che potrebbero essere di ispirazione anche per noi qui in Italia. Basti pensare, per esempio, a quello delle charter school statunitensi di cui hanno parlato nel loro libro Liberiamo la scuola Andrea Ichino e Guido Tabellini. Forse è un modello per certi versi ancora dibattuto, è vero, e può avere i suoi pro e i suoi contro, nessuno lo nega; però, ha un merito indiscutibile, che è quello di aver introdotto maggiore autonomia di gestione e finanziaria, consentendo alle scuole pubbliche sia di poter scegliere da sé i propri docenti sia come ripartire le spese rispetto ai finanziamenti ricevuti, che poi saranno valutati solo alla fine. Sarebbe già un bel passo in avanti se anche in Italia ci fosse un po’ meno centralismo da parte dello Stato e questo si limitasse a stabilire i criteri dell’abilitazione a livello nazionale, lasciando che un insegnante sia libero di inviare il suo curriculum alla scuola che più preferisce e questa sia a sua volta libera di scegliere da sé i docenti che vuole.

Come si fa, nel corso degli anni, a valutare la qualità di un professore?
Intendiamoci, la qualità di un docente non può essere valutata esclusivamente in base a dei numeri, è un fatto molto più complesso. A maggior ragione lo è oggi che gli insegnanti si trovano di fronte a classi eterogenee, talvolta addirittura problematiche da gestire. L’emergenza educativa di cui si sente ancora parlare è reale e per nulla superata. Detto questo, però, non ci sarebbe alcun male se, per esempio, anche un professore, analogamente a quanto avviene con i medici, debba aggiornarsi ogni anno per poter insegnare, dovendo guadagnasi crediti attraverso adeguati percorsi di formazione. Il mondo dell’insegnamento non può più limitarsi ad essere un grande sistema di welfare per collocare i docenti. Così non può più funzionare. In questo senso la figura del dirigente scolastico è fondamentale per valutare gli insegnanti e così condurre una scuola. Nessuno meglio di lui può farlo. I paesi del Nord Europa, in questo, sono all’avanguardia, mentre in Italia, troppo spesso, i dirigenti non hanno l’autorevolezza, o non vogliono prendersi la responsabilità, per farlo.

@rigaz1

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17 commenti

  1. la stella della senna

    la prima insegnante di cl l ‘ho conosciuta per caso in libreria.
    ho notato subito che tra tutti era l’unica ad essere interessata ad 1 bimbo , il figlio della commessa, che stava svolgendo i suoi compiti.
    ha detto 2 parole, ma credetemi, sono passati anni e io me le ricordo ancora.
    un angelo.
    ha detto, con una voce di petto, dolce, profonda quasi maschile, una cosa che nemmeno la sua mamma aveva cosi chiaro nella mente, tanto e’ che il bimbo , l’ha guardata con uno sguardo estatsiato.
    che spettacolo.
    ho chiesto subito dopo alla commessa chi era, da dove veniva, quell’ essere cosi’ diverso dagli altri elei con un po’ di invidia mi ha risposto: un insegnante ciellina !!!!

  2. la stella della senna

    I piu’ grandi imsegnati, versmente inteessati ai ragazzi, li ho conosciuti in Cl,
    tanto che ho pensato che la differenza con altri metodi/ modelli e’ talmente emergente che
    in Italia i ciellini piu che la politica dovrebbereo fare la scuola, prenderla in mano tutta.
    e’ un mio parere, ma credo di nin sbagliare.
    se cl prendesse in mano la scuola, avremmo molti meno giovanidrogati, alcolizzati, col cuore da novantenni.
    dai su penasateci

    1. filomena

      OK però devi mettere in conto che non tutti i genitori hanno piacere che ai loro figli si insegni tutto in chiave dottrinale.

      1. la stella della senna

        I genitori alla fin fine, anche quelli più ciechi, sono contenti quando incontrano insegnanti che curano il proprio figlio.
        Sono i fatti che contano, a e alla fine, sono loro che emergono in maniera dirompente.

  3. Anonimo

    Lasciamo le scuole libere di scegliere gli insegnanti migliori? E con cosa li convincerebbero? Ah, con uno stipendio e/o con benefici vari…

    E quali scuole potrebbero attirare gli insegnanti migliori? Quelle in aree disagiate o povere, con infrastrutture fatiscenti, scelta obbligata (per distanza, costi ecc.) per molti studenti? Oppure quelle prestigiose, dove le famiglie sono in grado di rimpolpare le casse della scuola, permettendo così di offrire stipendi da favola?

    Oggi ci sono degli incentivi a insegnare in istituti svantaggiati (come ricevere maggiori punteggi per il ruolo). Se lasciamo comandare il dio denaro, pensate veramente che sarebbe meglio?

  4. filomena

    Eh no se fai riferimento alle leggi di mercato lo Stato deve restare fuori e non dare in mano denaro agli studenti, cosi crei turbativa. Inoltre così veramente dai vita al pensiero unico che segue le masse e si adegua alla moda del momento.
    Infine tu fai riferimento alla scuola ma qualcuno accennava di applicare questo principio del merito a tutta la PA compresa la santità dove i rischi che si correrebbero sono molto gravi.

    1. filomena

      Era sanità non santità, chiedo scusa se no non si capisce il senso.

    2. Filippo

      Scusa… punto primo.. da genitore sarei molto più contento di destinare i soldi che comunque spendo alla scuola che ritengo più idonea alla formazione dei miei figli e non esiste genitore al mondo che non vorrebbe questo.
      Punto secondo… “Pensiero Unico”… scusa ma dove vivi? i nostri figli sono bombardati ogni giorno da questo pensiero unico che si chiama nulla…
      Punto terzo, applicarlo a tutta la PA… ipotesi interessante, non so valutare la cosa ma non mi sembra che sulla sanità i servizi ai cittadini vadano tanto male….

      1. filomena

        Rispetto al fatto che vuoi scegliere una buona scuola per i tuoi figli sono ovviamente d’accordo, ma ritengo che la scuola statale garantisca il pluralismo di idee e non il pensiero unico. So che non sei d’accordo ma questo permette il confronto tra più visioni che è sempre una ricchezza anche quando il proprio credo è diverso.

  5. filomena

    Tutti vogliono insegnanti preparati, validi e meritevoli. Detto questo che è un principio nobile bisogna passare ai fatti. Per prima cosa bisogna stabilire dei criteri di giudizio e soprattutto chi decide come si valuta il merito. Mettere d’accordo tutti su questi due punti fondamentali è già una impresa titanica. Poi si potrà vedere come premiare i meritevoli e sanzionare i non meritevoli. Ma questa seconda fase a mio parere, dove tutti si sbizzarroscono a tirar fuori il meglio o il peggio di se, tutto sommato è meno complicata della prima.
    Cosa significa merito, quali sono gli indicatori del merito?
    Chi ha titolo per formulare i criteri?
    Si accettano suggerimenti…..

    1. Filippo

      Filomena la tua analisi è perfetta.
      La risposta è semplice, i criteri li fa il mercato, quindi…
      Vaucher.
      A parità di prezzo come faccio a sapere qual’è il ragù migliore?
      Quello che vende di più.
      Diamo un vaucher in mano agli studenti e facciamo scegliere a loro, in pochi anni uscirebbero da sole le scuole migliori, cioè quelle con gli insegnanti più preparati, validi e meritevoli.
      Certo prevengo qualche possibile obiezione dicendo che all’inizio potrebbe esserci qualche scostamento dalla realtà, basti pensare a scuole che per mantener alto il numero di alunni si mettano a regalar promozioni, ma è un fenomeno che alla lunga non durerebbe perché sarebbe il mercato del lavoro a regolare questi scompensi (chi iscriverebbe il proprio figlio in una scuola in cui escono 100 ma trovano lavoro in 5?).
      E quindi il problema dov’è?
      Il problema è cosa ce ne facciamo di migliaia di impreparati, invalidi e immeritevoli che riempiono le cattedre delle scuole d’Italia….
      Purtroppo si preferisce affidarsi ad una utopia “Tutte le scuole devono avere buoni insegnanti ed e’ dovere dello stato provvedere alla formazione culturale ed alla istruzione dei cittadini” invece di aver il coraggio di fare delle scelte per la libertà e l’educazione dei nostri figli.

  6. ldg

    Il problema vale non solo per gli insegnanti ma per tutto il settore pubblico. Non può essere che una volta vinto un concorso si sia garantiti a vita senza alcun metro di valutazione. Lo dico anche per tutti i giovani che validamente ambirebbero ad insegnare al posto dell attuale corpo docente.

    1. monica

      concordo.. ma chi li tocca!! fosse anche una capra..continua a rimanere al suo posto

  7. roberto

    Errore i cittadini pagano lo stato per avere una scuola migliore, i cittadini devono poter scegliere
    la scuola per i propri figli.

  8. Massimo

    Errore. Tutte le scuole devono avere buoni insegnanti ed e’ dovere dello stato provvedere alla formazione culturale ed alla istruzione dei cittadini i quali devono tutti essere in grado di avere accesso alla medesima eccellenza di istuzione indipendentemente dal reddito. L’istruzione non e’ una merce di scambio e se si promuove la scuola privata si crea un aparteid simile a quello inglese o a quello degli Stati Uniti, dove i ricchi hanno accesso alle scuole con le migliori risorse e quindi alla cultura, ed i poveri non vi hanno accesso. Se un privato od una associazione privata di cittadini vuole istituire una scuola, lo facciano pure, ma non con i soldi dello stato. I soldi dello stato vadano alle scuole statali che proteggono uguaglianza, pari opportunita’ e accesso di tutti alla cultura.

  9. Giuseppe

    Il primo commento, quello del signor/signora Iuas Insiemeunaltrascuola [chiamiamolo/a così …] mostra con precisione che Stefano Blanco ha ragione su tutta la linea. Infatti agli argomenti di Blanco risponde con tre riferimenti che rimandano alle solite menate trite e ritrite del più becero statalismo scolastico.
    Del resto, come sempre, quando il dito indica la luna lo sciocco [o quello in malafede, o superideologizzato, o mangiapreti fuori tempo massimo …. fate voi!] risponde guardando e criticando il dito.
    Agli argomenti e ai dati di fatto, invece, occorre rispondere con altri argomenti e/o – se se ne possiedono di più aggiornati e veri – contestando i dati di fatto.
    Invece siamo alle solite argomentazioni:
    – l’educazione è appannaggio solo ed esclusivamente dello stato, e i genitori [cioè quelli che noi cattolici-bigotti-oscurantisti chiamiamo mamma e papà … tanto per intenderci ….] non contano niente;
    – di conseguenza, solo lo stato decide le linee educative, su ogni materia e ogni elemento dello scibile umano, umanistico o scientifico (e anche teologico, se necessario);
    – seconda conseguenza, solo lo stato decide come reclutare gli insegnanti, indipendentemente dalla preparazione scientifica e umana e – soprattutto – dalla capacità pedagogica e dalla “passione” che sa mettere nella propria missione educativa;
    – così – come possiamo facilmente constatare nelle nostre scuole – qualsiasi pirla [ovviamente con rispetto massimo per quelli bravi e appassionati, che sono a loro volta vittime di questa situazione] può fare l’insegnante, anche quando questa è la soluzione di ripiego perchè non trova un altro lavoro;
    ….. e fermiamoci qui, per carità di patria!
    Se non usciamo da questo equivoco, il nostro paese è condannato a morte. Riflettiamoci prima che sia troppo tardi.

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