
Per dare ai giudici un “ufficio” inutile bastava Bonafede

Ogni tanto c’è una buona notizia, nonostante il cupo incombere della pandemia: il Recovery Fund mette a disposizione risorse che, se ben spese, potrebbero risolvere taluni problemi strutturali dell’amministrazione della giustizia. “Se ben spese” vuol dire: se viene messo da parte per il loro utilizzo quel modello di irrazionalità e inadeguatezza costituito dalla bozza di Recovery Plan diramata il 12 gennaio dal governo allora in carica. Altrimenti la notizia non è più buona e le risorse rischiano di essere dilapidate.
Quel piano non prevedeva un centesimo di euro per l’aumento dell’organico della magistratura e della cancelleria, mentre immaginava di risolvere il cronico intasamento dei tribunali affiancando ai giudici – tutti, una parte? Boh – collaboratori e tirocinanti, per costituire il cosiddetto ufficio per il processo; pensava inoltre di risolvere il cronico arretrato della Cassazione in materia tributaria con l’ennesimo inserimento di magistrati onorari ausiliari nei collegi giudicanti.
Carenze strutturali
L’esecutivo è cambiato, e con esso il ministro della Giustizia, mentre nel frattempo la Corte costituzionale è intervenuta per frenare l’impiego esteso dei magistrati onorari. In tanti confidavano che, terminato l’incubo dei tre precedenti orribili anni, fatti di prescrizione allungata e inefficienze diffuse, si sarebbe aperta una stagione nuova, pur con la difficoltà di pervenire alla riforme di quadro che servono realmente. Il realismo impone di mettere da parte, a malincuore, separazione delle carriere, giudizio disciplinare dei magistrati fuori dal Csm, modifica dell’accesso alla funzione e della progressione in carriera: non costano nulla, avrebbero grande e positivo impatto nel mondo giudiziario, ma esigono per essere varate una compattezza e una determinazione politica che oggi mancano.
Ma almeno ci si attendeva un cambio di passo deciso sulle voci che controverse non sono: il 9 febbraio il Centro studi Livatino aveva segnalato le ragioni – note a tutti gli operatori del settore – per orientare le risorse aggiuntive soprattutto all’incremento del numero di magistrati togati, anche attraverso la stabilizzazione dei tanti giudici onorari che oggi sono fondamentali per la funzionalità del sistema. Che l’organico dei magistrati italiani sia sottostimato rispetto alle esigenze della popolazione lo conclamano i numeri: la commissione per l’efficienza della giustizia presso il Consiglio d’Europa-Cepej, in un report del 2018, con dati riferiti al 2016, stima che in Italia sono presenti circa 10,6 giudici ogni 100 mila abitanti, meno della metà della media europea (21,5). Analoghe carenze strutturali riguardano il personale ausiliario, intendendosi come tale la cancelleria e gli ufficiali giudiziari, non i collaboratori allo studio: costoro vanno bene per la Corte costituzionale, dove l’approfondimento delle questioni di legittimità esige spesso impegnative ricerche; e infatti a svolgere questo ruolo alla Consulta non sono neolaureati bensì accademici o magistrati con esperienza e competenza.
Una perdita di tempo
Nei giudizi comuni va diversamente. Sul tavolo del giudice vi è da una parte il fascicolo processuale oggetto della decisione, dall’altra codici e leggi di riferimento, accompagnati dalle pronunce della giurisprudenza che ne orientano l’interpretazione. Come ricorda l’antico brocardo «narra mihi factum, dabo tibi ius», il lavoro è contestualmente di disamina del dato concreto e di ricerca della norma più adeguata alla sua soluzione: se il giudice è abituato a lavorare sodo, il cosiddetto ufficio per il processo è per lui una perdita di tempo, poiché al giovane, che prevedibilmente esaurirà la composizione di tale ufficio, prima devi raccontargli il fatto, poi devi confrontarti con lui sul diritto, e intanto hai già perduto il doppio del tempo che impieghi da solo, perché alla fine non è lui che scrive la sentenza, visto che la firmi tu.
Purtroppo nel primo confronto fra il ministro Marta Cartabia e il Parlamento sulla destinazione delle risorse del Recovery Fund è mancato qualsiasi cenno all’incremento degli organici e a una prospettiva non precaria per i magistrati onorari, e vi è stato il rilancio dell’ufficio per il processo, oltre che l’indicazione di una sostanziale continuità con la riforma Bonafede. A cosa è servito il cambio?
Foto Ansa
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