Pensavo fossero tette e invece era un #MeToo

Di Caterina Giojelli
15 Novembre 2018
Il magazine femminile di Repubblica ha due sodi argomenti per aggiornare i pippotti sul femminismo e la fine del berlusconismo

Pare che D – il magazine femminile di Repubblica abbia finalmente trovato due sodi argomenti per aggiornare i pippotti sull’era del #MeToo, di Time’s Up, del dopo Weinstein, la fine del berlusconismo (ognuno del resto ha le proprie antiche perversioni): tutto merito di quel santuario di proporzioni al secolo Eva Herzigova. E che ha fatto la divina modella con l’occhio fiordaliso e 45 primavere alle spalle? Ventiquattro anni dopo aver posato compiaciuta con un gagliardo Wonderbra è tornata a pubblicizzare un reggiseno, questa volta per Yamamay. Quale ghiotta occasione per D, accostare le due immagini per spiegarci che, certo, la top è sempre al top, «ma come nei popolari giochi di enigmistica, aguzzando la vista emergono quei piccoli dettagli che fanno la differenza». Aguzzando la vista su quei due dettagli confortevoli, voluminosi, herzigovici, il giornalista nota infatti che questa volta il reggiseno non ha il ferretto, «una tendenza solo apparentemente marginale, ma che può essere letta in realtà anche come sintomo di un cambiamento nei rapporti di genere», «una nuova coscienza femminile».

Il Wonderbra figlio di Berlusconi

Per chi non avesse compreso la dimensione dei due dettagli, ricorda D che la pubblicità del 1994 era accompagnata «da un claim che recitava ammiccante: “Hello Boys”, buongiorno ragazzi. Ecco appunto: ragazzi. Quella campagna parlava agli uomini prima ancora che alle donne, giocando sulla sensualità della modella e sul desiderio di piacere a mariti, fidanzati e ammiratori più che a se stesse». E se qualcuno trovasse esagerato assegnare un’estensione quasi selvaggia al concetto di “buongiorno ragazzi” e all’esercizio delle funzioni di un reggiseno col ferretto, il magazine rincara la dose, rammentando che la scelta di claim e modello era «in linea col periodo storico», «in Italia, per fare un esempio, nel 1994 veniva eletto Silvio Berlusconi come Presidente del Consiglio», «uno dei periodi più complicati per la definizione di un’immagine femminile autonoma e paritaria, minata proprio dall’egemonia delle televisioni commerciali con la loro mercificazione dei corpi».

Non siamo più “treated like prosciutto”

Insomma, quei tempi e quell’atmosfera berlusconiana a cui Repubblica e perfino Newsweek dedicò per anni appassionati reportage sulla condizione della donna (memorabile l’inchiesta “We are treated like prosciutto”, corredata dall’illustrazione di una signora a gambe divaricate sotto alle quali sonnecchiava un allupato Cavaliere) sono vivaddio finiti. Oggi, nell’epoca del #MeToo e di una nuova primavera femminile e femminista, «il volto di Eva Herzigova è rimasto pressoché identico, ma parla a un pubblico diverso: parla alle donne che quel reggiseno dovranno comprarlo, indossarlo, conviverci tutto il giorno». La ricognizione del giornalista approda quindi all’esegesi del nuovo hashtag, #MyConfidentBeauty, «non in funzione del grado di apprezzamento maschile», e dell’emblematico “Hey Girls”, buongiorno ragazze, con cui si apre la pubblicità di Yamamay su Instagram: «La prospettiva con cui si guarda a un prodotto come l’intimo femminile subisce dunque un capovolgimento che è figlio di una consapevolezza diversa da parte delle donne del proprio modo di occupare uno spazio nella società».

Mica è il mercato, no no

A questo punto il lettore potrebbe obiettare che forse forse c’è del genio in questa operazione di marketing che non farebbe altro che sfruttare i movimenti di protesta contro stupri e molestie per promuovere, là dove un tempo era tutta campagna e ora solo campagna antisessista, un nuovo intimo, e che forse forse Repubblica sta prestando il fianco a un’emozione per venderci un prodotto. E qui il magazine chiarisce: «Chi si occupa di pubblicità ha come primo obiettivo quello di vendere» (is the new “non siamo mica allocchi”), «a comandare è il mercato», eppure, guardando i dati in crescita sulle vendite dei reggiseni morbidi (nel Regno Unito +40 per cento) e il sondaggio promosso dal sito di shopping online Privalia, il magazine può ragionevolmente concludere che non di solo mercato ma di nuova coscienza si tratta. Infatti «il 30 per cento delle utenti italiane tra i 20 e i 45 anni indica come proprio reggiseno preferito un modello senza ferretto».

Alert volo pindarico: dalle tette agli aborti

Avete ancora dubbi? Appiattiteli, perché il 25 per cento delle italiane oggi preferisce un modello sportivo e il 7 per cento il reggiseno non lo mette proprio, «segno che la spinta verso una lingerie comoda che metta al centro i bisogni delle donne sta arrivando anche in Italia. Più lentamente e con numeri diversi forse, ma in un Paese nel quale l’effetto con più rilevanza mediatica del movimento #MeToo è stato avere un altro giudice uomo a X-Factor e nel quale viene ancora messo in discussione il diritto all’aborto, è un dato importante».
Rileggiamo: in un paese nel quale viene ancora messo in discussione il diritto all’aborto, la scomparsa delle tette tirate su come due fustini è un dato importante. Ed è qui che alziamo le mani e non possiamo obiettare più nulla: i sodi, cliccabilissimi, argomenti di Eva Herzigova hanno saputo tradurre in caratteri implacabilmente nitidi le fissazioni di D. di Repubblica.

Ndr: da prototipo di una nuova e superiore umanità al petulante dagherrotipo di una vecchia fiera delle vanità il passo è brevissimo. Non siamo nate tutte herzigove, giù le mani dal ferretto. We was treated like prosciutto, always better than mozzarelle

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