Patto Pd-Sel: «La sinistra ha capito che il giustizialismo non le appartiene?»

Di Chiara Rizzo
02 Agosto 2012
Per l'opinionista Peppino Caldarola è in corso un cambiamento culturale: «Si fa largo l'idea che la sinistra culturalmente sia sempre stata più per il garantismo e l'equo processo che non per il culto dei pm».

Da ieri è ufficiale: nasce una nuova alleanza tra Pd di Pier Luigi Bersani e Sel di Nichi Vendola. Di più, il patto esclude l’alleato della foto di Vasto, Antonio Di Pietro e il suo Idv, e apre piuttosto le porte ad un accordo con l’Udc di Pierferdinando Casini. Si tratta di un inciucio di breve durata o del segno di un rinnovamento anche culturale, e radicale, a sinistra? Che cosa sta avvenendo davvero nel centrosinistra italiano in queste ore? L’opinionista de Linkiesta Peppino Caldarola (riformista di sinistra che si definisce “apolide”) a tempi.it spiega che dietro a quest’accordo si nasconde una profonda sfida: «Si fa strada, faticosamente, una convinzione. Che il giustizialismo e l’elogio dei “Forconi”, così come la religione del pm, siano in realtà più di destra che di sinistra e quindi vadano respinti».

Caldarola, cosa ne pensa di quello che è stato chiamato “il Patto della speranza”?
Innanzitutto cambierei il nome, perché così mi ricorda i viaggi della speranza. Lo giudico positivamente perché è al tempo stesso una scelta obbligata e un elemento di chiarimento. È una scelta obbligata perché Pd e Sel già da tempo collaborano nei grandi comuni e nelle regioni principali, per esempio in Puglia, e le distanze tra loro nella realtà non sono così abissali. Si tratta di una alleanza che stava nelle cose, mentre l’elemento di novità è la rottura con Di Pietro.

Da dove nasce questa rottura?
L’elemento occasionale della rottura viene dagli attacchi che Di Pietro ha fatto a Napolitano e Monti, e per il segretario del Pd è difficile allearsi con uno che insulta e considera Napolitano e Monti personalità totalmente negative, mentre il Pd le sostiene. Però è giusto dire che c’è un elemento culturale che faticosamente sta venendo a galla nella sinistra italiana. Una nuova convinzione che si fa strada: cioè che il giustizialismo, quell’atteggiamento di una fascia di elettori che fa riferimento all’attività di alcuni magistrati, sia in realtà più di destra che di sinistra. In effetti il giustizialismo non appartiene in realtà alla ragioni della sinistra, che trova invece le sue ragioni nel garantismo, nell’istituzione dell’equo processo, dove l’imputato è da considerare innocente fino a prova contraria. Invece in Italia c’è un elettorato che è emerso negli anni con un atteggiamento profodamente subalterno alla cultura del primato dell’accusa più che al primato della garanzia, più al primato del pubblico ministero che non a quello del giudice che decide. Tutto questo mondo elettorale, che è vasto, ha sicuramente una motivazione etico-politica ma la traduce in una cultura qualunquista e in un elogio dei “Forconi”, cioè dell’idea della piazza pulita: un’idea però che storicamente non ha nessun connotato di sinistra ma che appartiene ad altre formazioni, ed è giusto che torni in altri lidi.

Al di là delle smentite via twitter postate già ieri da Vendola, sicuramente la nuova alleanza Pd-Sel nasce con l’idea di aprirsi ad un accordo con l’Udc. Ma le differenze sono tante.
Per quanto riguarda il tema dei matrimoni gay, in un’intervista a Mentana su La7, Vendola ha sostenuto l’importanza dell’istituzione ma ha detto che non pretende che la questione rientri nel programma dell’alleanza. Sono infatti temi che fanno parte del dibattito politico parlamentare, ma non del vincolo programmatico. Per tutte le altre questioni esistono differenze con Casini, ma questa alleanza, se si realizzasse, non sarebbe un nuovo centrosinistra ma piuttosto solo un patto per dar vita ad un governo che continui il lavoro di Monti e traghetti l’Italia fuori dalla crisi. Finita questa fase Casini può tornare a rappresentare i moderati. Per me oggi, con l’eventuale alleanza con Casini, siamo più davanti all’ipotesi di un piccolo compromesso storico che non ad un lunghissimo patto. Poi se gli interlocutori si piacciono le cose magari potranno durare di più. Vorrei far notare che il patto tra Sel e Udc però nei fatti esiste, e Vendola nella sua regione è più realista di come viene raccontato nei media nazionali: lo dimostra per esempio l’accordo firmato con Fitto sull’Ilva di Taranto.

Secondo lei questo nuovo “compromesso storico” ha delle carte per durare più della foto di Vasto? Può essere considerato un Partito socialista europeo, riformista, di stampo italiano?
Sì secondo me. Ma solo se si dovesse realizzare questo stacco netto dal fronte qualunquista di Grillo e Di Pietro.

M5s e Idv però catturano consensi. Lei pensa davvero che verranno lasciati a loro stessi dal resto della sinistra?
È vero che catturano consensi. Grillo però presenta come nuovo un fenomeno che c’è sempre stato e che un tempo aveva il nome di “uomo qualunque”. Di Grillo nella storia italiana insomma ne abbiamo già visti: oggi però il problema della sinistra è di separare la propria strada dal mondo giustizialista. Questo non vuol dire separarsi dall’esigenza di battersi per la moralità o per una magistratura indipendente. Bisogna assolutamente dividersi però da chi lucra sulla figura dei pm. In Italia abbiamo un sistema di parità tra gli organi, un sistema di garanzia che giudica l’imputato innocente sino a prova contraria e separarsi dalla religione del pubblico ministero è un atto rifondativo della sinistra: sono fiducioso che ciò avvenga anche perché nel frattempo si sono posti agli occhi di tutti fatti che dimostrano come la religione dei pm sia malriposta. Lo dimostrano ad esempio le assoluzioni definitive di molti politici indagati, da Calogero Mannino a Nicola Adamo, assolti per non aver commesso il fatto. Lo dimostra la vicenda di Loris D’Ambrosio, dove magistrati di punta come Ilda Boccassini ne hanno ricordato il rigore di uomo dello stato anche nel mezzo di una campagna giornalistica che lo dipingeva invece come persona di bassi compromessi. Sono entrati nel dibattito odierno dunque degli elementi di fatto che possono spingere l’opinione pubblica ad essere più riflessiva e a fare questo salto culturale. Perciò sono ottimista.

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