
Partorita e gettata tra i rifiuti. Un caso che rivela l’ipocrisia della legge 194 sull’aborto
Una bimba di 22 settimane è stata partorita morta. La madre, davanti a quel corpo ancora piccolo (25 centimetri circa, ma già completamente formato con la testa, le gambe, le mani e i piedi) ha chiesto di poterla seppellire. Ma il corpo della piccola, ora, non si trova più.
La vicenda, che risale a settembre, riguarda una donna di Calasetta in Sardegna. A darne notizia i giornali di ieri. La signora era andata a partorire la piccola all’ospedale di Sirai, a Carbonia. Lì il travaglio indotto, necessario vista la grandezza della piccola, è durato 13 ore. Infine, il tempo di un abbraccio alla piccola già senza vita. Poi gli operatori dell’ospedale hanno spiegato alla donna che se, voleva seppellire la bimba poteva decidere di farlo privatamente oppure di lasciare che se ne occupasse l’ospedale, che lo avrebbe fatto lasciando il tempo ai genitori di scegliere il luogo in cui porre la tomba.
I due genitori, ancora frastornati, hanno accettato questa seconda opzione, tornando la settimana successiva in ospedale a prendere la piccola. Lì sono stati indirizzati prima alla camera mortuaria, poi all’obitorio, poi al reparto di ostetricia ma della bimba non c’era traccia. Sentiti i servizi sociali, si è scoperto che nessun documento sulla bambina è mai giunto all’Asl come di prassi. A quel punto la madre ha deciso si sporgere denuncia perché, spiega, «ciò che è accaduto a me non deve succedere mai più. Nessuna mamma deve più patire ciò che io ho sofferto».
PM IN DIFFICOLTA’. Fin qui la storia resta quella drammatica di un errore terribile. Di una bambina gettata via probabilmente insieme alla placenta e al cordone ombelicale della mamma. L’ipotesi di reato dovrebbe essere quella di distruzione di cadavere, dato che la legge in merito alla sepoltura dei feti prevede che la richiesta di seppellimento del bambino possa avvenire dalle 20 settimane in poi. Ma il pm Andrea Massida è in difficoltà: non è detto che la sentenza si concluderà così, visto che per la legge 194 sull’aborto un bambino di 23 settimane non è ancora considerato persona. Di qui l’ipocrisia di una normativa, resa palese da una bimba partorita e completamente formata, per cui il mancato seppellimento di un neonato potrebbe chiudersi come una banale omissione di atto d’ufficio o semplicemente come distruzione di materiale abortivo.
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4 commenti
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Sig. Sarti, il collegamento con l’aborto, cioè con la legge 194, a me sembra chiarissimo: probabilmente l’ospedale non potrà essere condannato per la distruzione del cadavere di una persona, perché “per la legge 194 sull’aborto un bambino di 23 settimane non è ancora considerato persona”. Non mi sembra così difficile da capire. Certo che Lei continuerà a pensare che quella “cosa” uscita dalla pancia della madre non sia il cadavere di una persona degna di sepoltura, ma un semplice ammasso di cellule non degno di sepoltura, porgo cordiali saluti.
E invece a me dispiace molto di quanto accaduto, tutto questo è succeso per un disguido! Quindi oltre alla tragedia di una bambina morta si aggiunge il fatto che non le possano dare una sepoltura!
Eh già, un disguido che nel caso di un bambino di 24 settimane porterebbe ad un’accusa di distruzione di cadavere, nel caso di un bambino di 20 porterà probabilmente a niente: oltre al danno, la beffa, ma tutto in nome della libertà e del diritto (?) di una madre ad ammazzare il proprio figlio. Che conquista!
Storia terribilmente incredibile…