Parolin: «Il Libano torni a essere un modello di convivenza»

Il cardinale visita il Paese che sta vivendo una grave crisi economica e politica col timore che il conflitto israelo-palestinese si allarghi dentro i suoi confini. Corrispondenza da Beirut

Il segretario di stato vaticano Pietro Parolin in Libano, Beirut, 26 giugno 2024 (Ansa)

Beirut. Il segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, attraversa il Libano, un paese stremato dalla crisi, diviso su tutto, dove sopravvivono due milioni e mezzo di migranti, tra siriani che fuggono dalla guerra, palestinesi che sono qui da cinque generazioni, iracheni, iraniani. C’è un numero spropositato di profughi su una popolazione che non arriva ai cinque milioni di abitanti, mentre la guerra incombe al Sud.

Parolin visita i centri di assistenza e le coltivazioni solidali allestiti dall’Ordine di Malta che lo ha invitato in occasione della festa di san Giovanni, patrono dell’ordine. Il cardinale celebra a Beirut e incontra i leader religiosi delle 18 confessioni cristiane, musulmane, druse che convivono in Libano e i capi politici cristiani. Non ignora che il paese che Giovanni Paolo II definì «un messaggio al mondo» per la sua capacità di accogliere tutte le comunità perseguitate, ora rischia di morire schiacciato dalla crisi. È incapace di scegliere un presidente che secondo il patto nazionale dovrebbe essere un cristiano (ma anche i cristiani sono divisi).

All’incontro manca il mufti sciita che ha polemizzato con il patriarca maronita Bechara Rai, colpevole di aver detto che è necessario che il Libano si dia in fretta un presidente per impedire che diventi la rampa di lancio del terrorismo che destabilizza la regione. Secondo gli sciiti è stata un’allusione a Hezbollah che dal Sud attacca Israele il quale a sua volta prepara la guerra, e sarà una guerra disastrosa. Il patriarca ha smentito ma tanto basta: in Libano ogni parola può scatenare reazioni imprevedibili. Arrivando, il Patriarca ci dice: «Sono qui per mantenere vivo il messaggio del vivere insieme, per aiutare a trovare una soluzione a colmare il vuoto, l’assenza di un presidente. La Santa Sede sta facendo tutto quello che è possibile».

Il segretario di stato vaticano Pietro Parolin in Libano, Beirut, 26 giugno 2024 (foto Giojelli)

Partire da chi non ha nulla

Parolin parla a religiosi e politici e parte da chi più ha bisogno, dalle persone che ha incontrato in questi quattro giorni di viaggio. Ricorda le parole dette dal Battista alle folle sulle rive del Giordano: «Chi ha due vestiti, li divida con chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Lo dice per sottolineare che «l’attenzione a “chi non ha nulla” è ciò che caratterizza» il lavoro dell’Ordine di Malta che deriva dal gruppo di Ospedalieri dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, il cui scopo era soccorrere i pellegrini in Terra Santa. «Oggi il Libano deve rimanere un modello di convivenza e di unità alla luce delle crisi e delle guerre in corso». «Io sono qui oggi – aggiunge – per cercare di aiutare a raggiungere una soluzione alla crisi del Libano, che non elegge un presidente, cercando di raggiungere soluzioni che vadano bene a tutti».

Il suo è un segno di vicinanza di tutta la Chiesa «perché anche noi abbiamo riconosciuto la salvezza che viene da Cristo, in un mondo sempre più afflitto dal peccato, dall’invidia, dalla divisione, dal conflitto e dalla mancanza di perdono. La gioia cristiana, che è molto più di una gioia passeggera, diventa sempre più necessaria».

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Serve un presidente

Quello praticato dall’Ordine di Malta non è un servizio ai più deboli, «semplicemente di natura umanitaria – fa notare Parolin -, perché è un’azione religiosa fondata sulla fede in Cristo» che predilige gli ultimi. E, guardando all’attualità, prosegue: «La grave situazione economica del Libano vi porti a essere sempre più generosi nel soddisfare le necessità dei più bisognosi, nel cercare di alleviare il peso di molte persone, nella speranza di un futuro migliore, più giusto. La Chiesa in Libano deve dare testimonianza, secondo la sua alta missione di mantenere vivo ed efficace il messaggio del “vivere insieme”, che è una caratteristica del Paese dei Cedri. Anche noi stessi dobbiamo essere testimoni a livello nazionale, regionale e internazionale, senza paura di portare il Vangelo di Cristo nella vita pubblica».

Per il segretario di Stato c’è un «grande vuoto» sulla scena politica del Paese: «Manca la voce del presidente del Libano. Questa assenza pesa molto in un momento così grave per il Medio Oriente». È un richiamo a tutti, ma suona in particolare come un appello ai capi cristiani. «A nome del Santo Padre, con fiducia e speranza, rinnovo questo appello a tutti coloro che hanno una responsabilità, affinché l’elezione del presidente possa avvenire rapidamente e il Paese possa ritrovare quella stabilità istituzionale così necessaria per affrontare seriamente le sfide attuali».

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«Non è tutto buio»

«Sono parole che restano e danno speranza», dice una donna che ha assistito all’incontro. È musulmana, palestinese, ed è venuta per accompagnare un’amica cristiana. «Non è tutto buio», mi dice. Non aggiunge altro, un uomo mi racconta che quella donna ha perso un figlio nella guerra, «e da allora non l’ho mai vista sorridere. Ma è diventata amica di quella signora cristiana ed entrambe vivono grazie a qualche soldo che arriva loro da alcune donne francesi. Non so chi siano, persone conosciute quasi per caso. Ma non esiste il caso se c’è una speranza».

Il cardinale Parolin conclude la sua omelia citando ciò che san Giovanni Paolo II scrisse nell’Esortazione apostolica post-sinodale, Una Speranza nuova per il Libano, in cui affermava che l’impegno di ciascuno, «per amore del Signore e della sua Chiesa», avrebbe portato frutto a tutta la società libanese. «Allora il Libano – si legge nell’Esortazione -, la montagna felice dove è sorta la Luce delle Nazioni, il Principe della Pace, potrà rifiorire pienamente; realizzerà la sua vocazione di essere una luce per i popoli della regione e un segno della pace che viene da Dio».

L’augurio di Parolin è che «il Vangelo della salvezza sia fonte di forza, di gioia e di speranza per tutti gli uomini e le donne di questa terra».

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