L’interazione sociale vitale si produce, prima di tutto, nei piccoli gruppi; quando essi perdono energia vitale, la società è soggetta a diventare anemica
Nell’editoriale di gennaio, il direttore di Tempi propone una riflessione sull’articolo del collega Giovanni Orsina pubblicato sulla Stampa di dicembre scorso: per evitare un isolamento deprimente del soggetto che vuole esprimere un giudizio originale sulla realtà è necessario che egli “viva in comunità”, cioè in un ambiente in cui il suo parere sulle cose possa essere confrontato, corretto, indirizzato, così da essere “libero e fecondo”. Perciò, «se lo Stato, i media, il mondo della cultura mortificano quegli ambiti di persone che si aggregano intorno a ciò che avvertono come vero per sé e per tutti, vanno osteggiati e cambiati».
Tanti spunti. Quello su cui vorrei porre l’attenzione è il concetto di “mediazione”: c’è, ci deve essere una realtà “intermedia” tra lo Stato (il sistema) e l’individuo? Per noi post-Rivoluzione francese la cosa non è poi così scontata: da quel cataclisma in poi i corpi intermedi (tutti) sono stati visti necessariamente in maniera diversa (pratic...