Cinquant’anni fa Pasolini aveva profetizzato l’avvento della “Nuova Piccola Borghesia Totale”. E così è, oggi, tanto che fatichiamo a distinguere un borghese da un non borghese
Pier Paolo Pasolini durante le riprese del film Teorema, Milano, 1968 (foto Ansa)
Tra le parole perse nel corso degli ultimi secoli occorre annoverare il termine “borghesia”: nel medioevo indicava “quelli del borgo”, che vivevano fuori dalle mura, addossati al castello feudale, ma non in campagna. Nei secoli successivi, “quelli del borgo” sono riusciti a consolidare una loro identità sociale, dando vita alla “classe di mezzo”, tra aristocrazia e proletariato: poco alla volta sono diventati motore dell’imprenditoria, a tal punto che Marx poté proclamarne la causa principale della disuguaglianza e dell’ingiustizia sociale.
Tutto questo è finito: i tempi del conflitto sono lontani. Fanno (quasi) venire nostalgia: non c’è più nessuno contro cui combattere. Cinquant’anni fa, con grande lungimiranza e grande scandalo della sinistra, del centro e della destra, Pasolini aveva profetizzato l’avvento della “Nuova Piccola Borghesia Totale”. E così è, oggi, tanto che facciamo fatica semplicemente a distinguere un borghese da un non borghese: la “grande omologazione” è...