Parigi, tre attentati in tre giorni. Ma guai a parlare di terrorismo islamico

Di Redazione
20 Marzo 2017
L'attentatore all'aeroporto di Orly grida: «Sono qui per morire nel nome di Allah». Lo sgozzatore di Parigi esclama: «Allahu Akbar». Ma i giornali sottolineano «problemi di alcol» e «drammi familiari»
Police officers cordon off the access to the Orly airport, south of Paris, Saturday, March, 18, 2017. A man was shot to death Saturday after trying to seize the weapon of a soldier guarding Paris' Orly Airport, prompting a partial evacuation of the terminal, police said. Authorities warned visitors to avoid the area while an ongoing police operation was underway. (AP Photo/Thibault Camus)

«Mio figlio non è un terrorista. Aveva solo problemi di alcol e droga». Forse è come dice il padre di Ziyed Ben Belgacem, ma difficilmente la cocaina e la marijuana che l’uomo assumeva possono spiegare perché sabato mattina, 18 marzo, entrato nell’aeroporto parigino di Orly, ha fatto inginocchiare con una pistola in mano una soldatessa francese gridando: «Sono qui per morire nel nome di Allah. Ci saranno molte vittime». Dopo l’urlo e prima che sparasse altri due soldati sono riusciti ad abbattere il terrorista, accusato di avere ferito in precedenza un altro agente al quale aveva rubato l’arma.

«MOLTO ARRABBIATO». Belgacem era conosciuto ai servizi di intelligence, aveva subito diverse condanne per furto e comportamenti violenti e prima di arrivare in aeroporto aveva già seminato il terrore in un bar parigino e per strada. Secondo il padre non si tratta di un terrorista, era solo «molto arrabbiato», ma è difficile spiegare perché abbia inneggiato ad Allah prima del tentato omicidio all’aeroporto.

«ALLAHU AKBAR». Questo è solo l’ultimo in una serie di attacchi che hanno sconvolto la Francia, e in particolare la capitale, nell’ultima settimana. Venerdì 17 marzo un uomo è stato arrestato dopo aver sgozzato il padre e il fratello a Parigi nel corridoio e nell’entrata di un condominio nell’XImo arrondissement. Testimoni oculari hanno affermato che l’uomo avrebbe gridato «Allahu Akbar» mentre li uccideva. Un altro ha detto di avere visto l’assassino inginocchiarsi di fianco ai cadaveri per svolgere le preghiere rituali islamiche.

ALTRO CHE «DRAMMA FAMILIARE». I giornali hanno scritto subito che potrebbe trattarsi semplicemente di «un dramma familiare», ma un vicino della famiglia ha dichiarato al Figaro: «Si era da poco radicalizzato e questo non piaceva alla sua famiglia. È senza dubbio per questo che li ha uccisi». Per l’Afp, la famiglia l’aveva segnalato alle autorità. Il giorno precedente, giovedì 16 marzo, una lettera esplosiva è stata invece recapitata alla sede parigina del Fondo monetario internazionale. Una donna è stata gravemente ferita nell’esplosione alle mani e al volto. In questo caso la matrice terroristica dell’attentato, forse legata a elementi anarchici greci, è stata subito presa in considerazione.

NEGARE L’EVIDENZA. La Francia sembra avere evitato conseguenze gravi a tutta la nazionale ma tre attentati in tre giorni non possono lasciare tranquilla Parigi. I fatti di Orly dimostrano che l’operazione Sentinel, dispositivo militare straordinario dispiegato in tutto il paese dopo l’attentato a Charlie Hebdo per pattugliare luoghi pubblici, è efficace. Negare l’evidenza del terrorismo, soprattutto davanti alla sua matrice islamica, non aiuterà invece la Francia a prendere le contromisure più adeguate.

Foto Ansa/Ap

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