Papa Francesco: «Se togli la famiglia, viene giù tutto»

Di Redazione
03 Giugno 2015
«È quasi un miracolo che, anche nella povertà, la famiglia continui a formarsi, e persino a conservare – come può – la speciale umanità dei suoi legami»
Papa Francesco durante l'Udienza Generale in piazza San Pietro, 3 giugno 2015. Pope Francis' general audience in St. Peter's Square, in Vatican City, 3 June 2015. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Papa Francesco, oggi all’Udienza generale, ha proseguito la sua catechesi dedicata alla famiglia, messa alla prova di questi tempi da diversi fattori. Il Pontefice ha ricordato, infatti, quanti soffrono a causa della povertà e delle guerre. «Davvero la guerra – ha detto Bergoglio – è la “madre di tutte le povertà”, la guerra impoverisce la famiglia, una grande predatrice di vite, di anime, e degli affetti più sacri e più cari».

I PIANIFICATORI DI BENESSERE. «Nonostante tutto questo – ha proseguito -, ci sono tante famiglie povere che con dignità cercano di condurre la loro vita quotidiana, spesso confidando apertamente nella benedizione di Dio. Questa lezione, però, non deve giustificare la nostra indifferenza, ma semmai aumentare la nostra vergogna, che ci sia tanta povertà! È quasi un miracolo che, anche nella povertà, la famiglia continui a formarsi, e persino a conservare – come può – la speciale umanità dei suoi legami. Tutto questo fatto irrita quei pianificatori del benessere che considerano gli affetti, la generazione, i legami famigliari, come una variabile secondaria della qualità della vita. Non capiscono niente! Invece, noi dovremmo inginocchiarci davanti a queste famiglie, che sono una vera scuola di umanità che salva le società dalla barbarie. Una nuova etica civile arriverà soltanto quando i responsabili della vita pubblica riorganizzeranno il legame sociale a partire dalla lotta alla spirale perversa tra famiglia e povertà, che ci porta nel baratro».

NON DI SOLO PANE. «L’economia odierna – ha detto papa Francesco – si è spesso specializzata nel godimento del benessere individuale, ma pratica largamente lo sfruttamento dei legami famigliari. L’immenso lavoro della famiglia non è quotato nei bilanci, naturalmente! Infatti l’economia e la politica sono avare di riconoscimenti a tale riguardo. Eppure, la formazione interiore della persona e la circolazione sociale degli affetti hanno proprio lì il loro pilastro. Se lo togli, viene giù tutto. Non è solo questione di pane. Parliamo di lavoro, parliamo di istruzione, parliamo di sanità. Rimaniamo sempre molto commossi quando vediamo le immagini di bambini denutriti e malati che ci vengono mostrate in tante parti del mondo. Nello stesso tempo, ci commuove anche molto lo sguardo sfavillante di molti bambini, privi di tutto, che stanno in scuole fatte di niente, quando mostrano con orgoglio la loro matita e il loro quaderno. Noi cristiani dovremmo essere sempre più vicini alle famiglie che la povertà mette alla prova».

POVERTA’ E MISERIA. Ai danni materiali, se ne aggiungo altri, non meno pericolosi, ha detto il Papa. Sono i danni causati «da pseudo-modelli, diffusi dai mass-media basati sul consumismo e il culto dell’apparire, che influenzano i ceti sociali più poveri e incrementano la disgregazione dei legami familiari. La Chiesa è madre e non deve dimenticare questo dramma dei suoi figli. Anch’essa dev’essere povera, per diventare feconda e rispondere a tanta miseria. Una Chiesa povera è una Chiesa che pratica una volontaria semplicità nella propria vita – nelle sue stesse istituzioni, nello stile di vita dei suoi membri – per abbattere ogni muro di separazione, soprattutto dai poveri. Ci vogliono la preghiera e l’azione. Preghiamo intensamente il Signore, che ci scuota, per rendere le nostre famiglie cristiane protagoniste di questa rivoluzione della prossimità famigliare, che ora ci è così necessaria! Di essa, di questa prossimità famigliare, fin dall’inizio, è fatta la Chiesa».

Foto Ansa

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    7 commenti

    1. Fabio

      Tutto il discorso sui divorziati risposati attorno al Sinodo è stato pieno di
      menzogne, oltretutto adducendo dati storici falsi sulla Chiesa Primitiva come
      come ha fatto un certo Cereti in un suo libro , sicuramente anche per colpa delle
      interpretazioni dei mass media, che hanno finito per oscurare la bellezza del
      matrimonio e forse anche Papa Francesco se ne è reso conto.
      Il tutto in nome di una misericordia dagli accenti discutibili, sentimentali,
      sempre con la solita infondata accusa alla Chiesa del passato che sarebbe stata
      poco misericordiosa. Insomma, la solita minestra riscaldata.

      La misericordia verso le singole persone non è mai mancata nella Chiesa, come
      tappa di un cammino si possono anche fare eccezioni , in modo discreto e
      personalizzato, purchè sia chiaro a tutti qual è il cammino e la mèta a cui
      tendere, per tutti. Tutto ciò è mancato nel dibattito sul Sinodo.
      La misericordia infatti non può essere applicata a categorie di persone o
      situazioni, ma solo al singolo. Il dibattito sul Sinodo si è a volte ridotto
      ad una gazzarra fatta per imporre i diritti di categoria, non una
      richiesta di misericordia verso i singoli.

      Le disposizioni di ognuno e il cammino spirituale sono diversi, da caso a
      caso, anche in situazioni formalmente analoghe.

      E senza essere parte viva di una comunità è impossibile fare un cammino
      cristiano, oggi specialmente.
      Infatti oggi invoca la “misericordia ingannatrice” (definizione di Papa
      Francesco) solitamente chi non è inserito in una vita comunitaria.
      E’ impossibile la fedeltà coniugale nei nostri tempi senza una compagnia di
      fede, senza avere un costante rapporto con una comunità cristiana e anche con
      un’ autorità.

      Quando manca questo, tutto si complica e si cercano giustificazioni infondate,
      come ad esempio quelle di invocare usanze della Chiesa Primitiva, che ormai è
      diventato un cappello da prestigiatore da cui si tira fuori ormai tutto e il
      contrario di tutto, secondo i propri gusti e le proprie convenienze,
      oltretutto senza fornire dati storici attendibili o addirittura falsando i dati
      reali riguardanti la Chiesa Primitiva stessa , ed estrapolando abilmente
      alcuni giudizi dal contesto storico dell’epoca in cui sono stati formulati. O
      si invocano le usanze degli ortodossi.

      La mentalità nella Chiesa Primitiva

      Nella Chiesa Primitiva quando si parla di risposati, (e la vicenda dello
      scisma novaziano ne è un chiaro esempio), il conflitto riguardava unicamente i
      vedovi (specie uomini) risposati, perché i divorziati risposati non erano
      neanche considerati, cioè erano considerati adulteri permanenti, impenitenti,
      quindi nella stessa situazione degli scomunicati.
      Alcuni rigoristi volevano negare perfino le seconde nozze e la Comunione ai
      normali vedovi risposati (e in una mentalità del genere, nella Chiesa Primitiva
      , la Comunione ai divorziati risposati non trova nessuno spazio, al contrario
      di quanto sostiene il card Kasper !). Inoltre, alcuni come i novaziani, poi
      scomunicati, volevano negare la Comunione anche agli adulteri mentre facevano
      il loro cammino di penitenza dopo peccati di adulterio occasionali,
      concedendola loro solo a penitenza compiuta.
      Papa S. Callisto ha dovuto correggere questo rigorismo concedendo la Comunione
      agli adulteri penitenti, concedendola anche durante il loro cammino di
      penitenza e non solo alla fine di questo cammino (non certo ai divorziati
      risposati che rimanevano tali e cioè adulteri impenitenti e quindi erano
      considerati alla stregua di scomunicati).
      Questo forse intendeva Papa Francesco quando parlava di Eucarestia come
      medicina per la guarigione : ma nella Chiesa Primitiva vien concessa come
      medicina solo dopo aver iniziato un cammino di penitenza. (e questo esclude
      totalmente la permanenza in istato di concubinaggio). Alcuni poi, e perfino S.
      Cipriano di Cartagine, volevano negare la Comunione e per sempre , anche in
      punto di morte, agli adulteri che non facevano pubblica penitenza in vita. (un
      divorziato risposato era considerato un adultero impenitente e quindi…).
      Il Concilio di Nicea (anno 325 d.C.) al canone 8 si rivolge ai catari
      (novaziani) che non ammettevano le seconde nozze per i vedovi. I divorziati
      risposati infatti erano considerati adulteri impenitenti, essi non erano
      neanche minimamente nell’orizzonte delle considerazioni ecclesiali o
      conciliari dell’epoca, neanche in Oriente.
      Così recita il Concilio di Nicea, Canone 8, DH 127: “E’ necessario però,
      prima di tutto, che essi [i catari] promettano per iscritto di rimanere in
      comunione con chi si è sposato due volte e con chi è venuto meno durante la
      persecuzione…”

      “Recentemente è stato affermato che il Primo Concilio di Nicea (325) abbia
      decretato l’ammissione dei divorziati risposati alla Comunione. Tale
      affermazione costituisce un’errata lettura del Concilio e travisa le
      controversie sul matrimonio del II e del III secolo. Diverse sette rigoriste ed
      eretiche del II secolo hanno addirittura proibito il matrimonio a priori,
      contraddicendo l’insegnamento di Cristo (e quello di S. Paolo). Altre, nei
      secoli II e III, in particolare i catari (novazianisti), hanno invece proibito
      un “secondo matrimonio” dopo la morte del coniuge. Il Canone 8 di Nicea
      risponde precisamente all’errore dei catari riguardo al “secondo matrimonio”,
      comunemente inteso come dopo la morte di un coniuge.
      S. Epifanio di Salamina (m. 403), scrivendo contro i novazianisti, afferma che
      solo per il clero non è possibile un nuovo matrimonio dopo la morte del
      coniuge, mentre al contrario per i laici lo è.
      Ciò è confermato dall’interpretazione bizantina di un canone del IV secolo sul
      “secondo matrimonio” e la ricezione della Comunione. Il canone è stato
      applicato specificamente a giovani vedovi e vedove i quali, indotti da “l’
      impellenza dello spirito della carne”, si risposano dopo la morte di un
      coniuge. I vedovi sono biasimati per questo “secondo matrimonio”, tuttavia
      viene loro concesso di ricevere la Comunione se hanno compiuto un periodo di
      preghiera e di penitenza.”

      ( Da : Recenti proposte per la Pastorale dei divorziati risposati:
      Una valutazione teologica
      John Corbett, O.P.,* Andrew Hofer, O.P.,* Paul J. Keller, O.P., † Dominic
      Langevin, O.P.,*Dominic Legge, O.P.,* Kurt Martens,‡ Thomas Petri, O.P.,* &
      Thomas Joseph White, O.P,* In Nova et Vetera edizione inglese agosto
      2014)

      Usanze degli ortodossi

      Le usanze odierne degli ortodossi (la benedizione delle seconde unioni, che
      non equivale ad un sacramento, infatti la sposa non viene incoronata e non
      possono fare la Comunione) risalgono alla fine del primo-inizio del secondo
      millennio, e cioè al periodo in cui si preparava e infine si consumava il
      successivo scisma del 1054. Queste usanze sono state quindi introdotte
      ufficialmente solo dopo il distacco da Roma ( e anche questo è un dato
      molto significativo sulla attendibilità delle usanze !), infatti esse
      furono imposte dagli imperatori Bizantini, ma non furono un prodotto interno
      del cammino di fede della comunità cristiana orientale, ancorché scismatica !
      Ed i Padri Orientali prima dello scisma hanno difeso a lungo il matrimonio
      cristiano dalle intromissioni degli imperatori, e ci sono riusciti, almeno
      fino a prima dello scisma. Tuttora per gli ortodossi l’unico vero sacramento
      rimane il primo matrimonio, le seconde unioni, anche se benedette, non sono
      considerate sacramenti, e neanche per i vedovi risposati !
      Le seconde nozze dei vedovi specie se uomini, nella Chiesa Primitiva non erano
      viste di buon occhio. La Chiesa Ortodossa ha conservato questa mentalità antica
      e basti dire che ancora oggi ai vedovi che si uniscono per la seconda volta
      dopo il loro primo matrimonio (primo e unico vero sacramento per gli ortodossi)
      è concesso solo lo stesso rito dei divorziati risposati. Con un periodo di
      attesa variabile per ricevere la Comunione, che non viene concessa durante la
      cerimonia di benedizione (viene dato solo il pane benedetto).
      S. Gregorio Nazianzeno scriveva che un vedovo che si risposa per la seconda
      volta è un debole, per la terza è un trasgressore, e per la quarta volta è un
      maiale….(Oratio 37,8). Questo è un indice di quale fosse la mentalità della
      Chiesa Primitiva, oltretutto di quella Orientale ritenuta oggi così aperta …e
      oltretutto quelle frasi erano state pronunciate …verso i vedovi !
      Figuriamoci cosa dovevano pensare verso i divorziati risposati ! Insomma, non
      inventiamoci dati storici.

      I divorziati risposati nel Medioevo erano esplicitamente scomunicati, anche i re !

      Anche nel Medioevo il divorziato risposato è considerato adultero impenitente
      e non può accedere alla Comunione : Règine Pernoud nel suo libro “La donna al
      tempo delle cattedrali” ( BUR 1994 , pag 169 ) documenta come Hugues de Braine
      ed il re di Francia Filippo I furono esplicitamente scomunicati in quanto
      divorziati risposati, ed evidentemente non potevano avere accesso al sacramento
      eucaristico.

      Cosa è la vera Misericordia verso chi ha avuto storie matrimoniali infelici

      La misericordia deve sempre essere presente nel cammino dei singoli (potrà
      accadere che un penitenziere in modo discreto e non pubblicizzato nella
      comunità conceda la Comunione ad un divorziato risposato, ma non ad un altro, e
      magari anche all’interno della stessa neo-coppia la conceda ad uno e non all’
      altro, dipenderà dalla disposizione interiore e dalla storia di ciascuno), ma
      non ha senso alterare la realtà storica cercando motivazioni infondate nella
      storia della Chiesa Primitiva.
      Infine, visto che si afferma che l’ 80% dei matrimoni celebrati da alcuni
      decenni a questa parte sarebbero nulli ,( e con questo si vorrebbe giustificare
      la Comunione ai divorziati risposati come categoria) , bene, se sono
      nulli, li annullino !
      Invece di arrampicarsi sui vetri cercando soluzioni del tutto estranee alla
      Tradizione , al Vangelo ed alla sensibilità comune del popolo cristiano….Li
      annullino , e così di dimostreranno una vera MISERICORDIA verso chi è in
      situazioni infelici, liberandoli veramente da legami soffocanti e mortificanti
      , rendendoli liberi anche agli occhi della comunità !
      Infatti occorre anche molta misericordia verso la sensibilità del popolo
      cristiano, disposto ad accettare annullamenti , ma non certo soluzioni
      artificiose e anti evangeliche come quella della Comunione a divorziati
      risposati intesi come categoria.

      Cosa si vuol difendere evitando di affrontare il problema degli annullamenti
      ? un potere clericale ? Forse…. Cosa si vuole nascondere ? che la Chiesa è
      stata incapace di educare per 50 anni ? Ma questo lo sanno tutti ! e pur di non
      ammettere questo si scaricano pesi insopportabili sul resto dei fedeli
      cattolici ( della serie ” dovete essere voi più accoglienti verso i divorziati
      risposati ” e ” dovete voi accettare questo e quello e bla bla bla…”), pesi che
      loro non vogliono sollevare nemmeno con un dito (come facevano i farisei…)

    2. Matteo Clavi

      «Se togli la famiglia, viene giù tutto»

      Che sbadato Bergoglio, ha dimenticato di precisare che si stava riferendo alla famiglia “cattolica”.

      1. Pepito

        ti sbagli tu. Non e’ necessaria alcuna precisazione.

      2. To_Ni

        Non è sbadato sei tu che i tuoi pochi neuroni intossicati non capisci una frase fatta di 7 parole.
        Il “giù tutto” ti è ostico perché pensi che gli impulsi che ti muovono bastano alla tua esistenza.

      3. Emanuele

        …giusto, mettiamoci dentro anche le famiglie omo, ma non quelle poligame… vero?

        Com’è che discrimini chi si ama e decide di stare insieme, solo in base al numero?

    3. Luca P.

      “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo”.
      Il consumatore imperfetto è colui che capisce cosa vale veramente nella propria vita e vive per comprare quel campo col tesoro nascosto.
      Il perfetto consumatore invece è colui che non ha trovato mai alcun tesoro, nessun punto fermo da cui partire, che vive in una situazione fluida dove nulle è ma tutto appare.
      Ecco … eliminate la famiglia, rendete l’uomo dio di se stesso ed il suo capriccio la nuova morale … ed otterrete milioni di consumatori che riempiono le proprie case e la propria vita di cose futili e superflue … ed il mondo profetizzato da Matrix, dove l’uomo era una semplice batteria/risorsa con una vita virtuale si realizzerà in un baleno.

      1. SUSANNA ROLLI

        ..Ed il mondo profetizzato durerà poco…E -non dimentichiamolo mai- c’è sempre un piccolo resto: di stolti agli occhi del mondo, di sapienti agli occhi di Dio.

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