
L’imprevedibile papa Francesco e la «grande verità»

Il cardinale Kevin Joseph Farrell ha annunciato la morte di papa Francesco: «Carissimi fratelli e sorelle, con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco.
Alle ore 7:35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre. La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa.
Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati.
Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l’anima di Papa Francesco all’infinito amore misericordioso di Dio Uno e Trino».
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La cifra del pontificato di papa Francesco è stata l’imprevedibilità, già a partire dal nome: un gesuita che si fa chiamare Francesco sono due notizie in una. E sin dalla prima volta che si affacciò dalla loggia di San Pietro si capì che lo stile del Papa venuto dalla fine del mondo sarebbe stato più spontaneo che sorvegliato («buonasera!»), caratterizzato da una richiesta che Bergoglio ha poi reiterato ogni qual volta ne ha avuto occasione: «Pregate per me».
L’imprevedibilità è il contrassegno di chi accetta di essere frainteso, lo slancio umano di chi è più preoccupato di abbracciare che di scandalizzare, di dire una parola in più (magari sbagliata) che una in meno (magari giusta). Anche i Papi – che portano nel ruolo di “vicari di Cristo in terra” un che di mistico e misterioso – sono esseri umani, col loro carattere. È questo proprio del cristianesimo, il divino si comunica sempre attraverso una personalità. E quella generosa e incostante di Francesco non è mai stata d’ostacolo alla sua missione: «Camminare, edificare, confessare Gesù Cristo», come disse nella sua prima omelia a Santa Marta.

Sconcerto e incontro
Ha scelto di comunicare Cristo più attraverso i gesti che non attraverso le parole. Certe immagini rimarranno nella storia: il suo incedere nel deserto della Piazza San Pietro ai tempi del Covid, la visita a Lampedusa, il viaggio nell’Iraq dei cristiani perseguitati, l’apertura della Porta santa a Bangui, in Centrafrica, il paese più povero del mondo. Grandi gesti nel cuore della Storia con la maiuscola, ma anche grandi gesti, più nascosti, dentro le piccole vicende di persone comuni, magari non celebri, ma a loro modo sante. Come quando, fuggendo al protocollo, si recò alla clinica Divina Providencia di padre Aldo in Paraguay. O come quando telefonò ad Anna – una 35enne romana che aveva deciso di non abortire e dare alla luce il figlio nonostante fosse stata abbandonata dal compagno – solo per dirle: «Battezzerò io il tuo bambino».
Si è sempre esposto molto, Francesco. E inevitabili sono stati i fraintendimenti sulla sua idea di «Chiesa in uscita», «ospedale da campo», da non confondere «con una ong». Progressisti e conservatori si sono alternati nel lodarlo e criticarlo, il più delle volte presi alla sprovvista loro stessi. Chi lo voleva impegnato in continue e sempre più radicali “aperture” su ecologia, omosessualità, fine vita, poi doveva fare anche i conti con un Pontefice che pronunciava parole durissime su aborto, colonizzazione ideologica gender, coppie con più gattini che figli, “frociaggine” nei seminari.
Ma, appunto, Francesco ha sempre dato l’idea di non volersi soffermare troppo sullo sconcerto che una parola incauta poteva generare, concentrandosi invece su quel che l’incontro con l’altro poteva far nascere. Non si spiegherebbe altrimenti la sua amicizia con quel mangiapreti di Eugenio Scalfari che ogni volta che lo intervistava doveva poi ammettere di aver “riassunto a memoria” quel che Bergoglio gli aveva detto.

Il padrone del mondo
Altri faranno l’elenco dei suoi successi e insuccessi sullo scenario mondiale, valutando a cosa hanno portato certe sue prese di posizione sulle guerre in Siria o in Ucraina, o nel sempre difficile campo del dialogo interreligioso con ortodossi, ebrei, musulmani, con gli stessi cattolici (si pensi alla vicenda tedesca) o con i potenti del mondo – dalla Cina di Xi alla Russia di Putin, fino all’America di Trump.
A lui, che certamente non a caso citava spesso Il padrone del mondo di Robert Hugh Benson, pareva, in fin dei conti, interessare solo una cosa: annunciare «la verità che non entra nelle enciclopedie, perché la verità è un incontro con la somma verità: Gesù, la grande verità» (8 maggio 2013). Anche questo, in fondo, un fatto imprevedibile accaduto duemila anni fa “ai confini del mondo” presso la sconosciuta città di Nazareth.
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