Noi non abbiamo nessuna “fissa” morale, ma solo una priorità indiscutibile: la libertà di educazione

Di Assuntina Morresi
25 Settembre 2013
I media hanno letto l'intervista di papa Francesco a Civiltà Cattolica come una sconfessione dei principi non negoziabili. Chi è cresciuto alla scuola di don Giussani sa che non è così

Uno dei passaggi più discussi dell’intervista a papa Francesco su Civiltà Cattolica è stato quello in cui il Pontefice ha spiegato la sua visione riguardo l’annuncio cristiano:

«Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione. Gli insegnamenti, tanto dogmatici quanto morali, non sono tutti equivalenti. Una pastorale missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza. L’annuncio di tipo missionario si concentra sull’essenziale, sul necessario, che è anche ciò che appassiona e attira di più, ciò che fa ardere il cuore, come ai discepoli di Emmaus. Dobbiamo quindi trovare un nuovo equilibrio, altrimenti anche l’edificio morale della Chiesa rischia di cadere come un castello di carte, di perdere la freschezza e il profumo del Vangelo. La proposta evangelica deve essere più semplice, profonda, irradiante. E’ da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali». 

[internal_video vid=120787]

Un passaggio interpretato sostanzialmente come una correzione rispetto alle battaglie sui “principi non negoziabili”, non più centrali e prioritarie ma conseguenze dell’annuncio della Buona Novella, il tutto completato da un duro giudizio su una pastorale che non deve essere «ossessionata» da «una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza». Ne è seguito un plauso entusiasta nella gran parte dei media, insieme a imbarazzo e disagio da parte di tanti cattolici, increduli di fronte ad un apparente cambiamento di 180 gradi rispetto ai due pontificati precedenti.

Personalmente condivido appieno quanto detto da papa Francesco, perché le questioni di morale cristiana – giustamente una conseguenza dell’annuncio cristiano – NON vanno confuse con i principi non negoziabili, che sintetizzano la “questione antropologica” e precedono l’annuncio cristiano, e riguardano tutti, credenti e non, perché descrivono le fondamenta dell’umano.

Per chiunque abbia fatto esperienza alla scuola di don Luigi Giussani, come la sottoscritta, questa distinzione dovrebbe essere chiara.

In trenta anni di appartenenza a Comunione e Liberazione, non ho mai sentito, da parte dei responsabili – don Giussani in primis – indicazioni sui precetti morali da seguire, come ad esempio la morale sessuale. Quando andavamo in vacanza con la comunità, da studenti, ovviamente insieme maschi e femmine, non ho mai sentito ammonimenti o indicazioni di tipo morale da parte di chi ci guidava. Non ce ne è mai stato bisogno: ogni gesto era sempre curatissimo, in tutti i suoi aspetti, dalla colazione alle passeggiate ai canti fino ai momenti liberi, e ci diceva che il Figlio di Dio si è fatto Uomo per salvarci, che Lo potevamo incontrare nella Chiesa, intesa come sacramenti e comunità.

Le questioni morali erano una conseguenza, venivano dopo, e non erano mai oggetto delle nostre catechesi (le “scuole di comunità”). L’unico accenno che ricordo con chiarezza fu a un incontro pubblico tenuto da Giancarlo Cesana: qualcuno gli obiettò che Testori, che noi leggevamo e stimavamo, era comunque un omosessuale, e Cesana rispose chiedendo: «Ma chi l’ha detto che io sono meno peccatore di lui perché lui è omosessuale?», e la cosa finì lì.

E il metodo educativo funzionava, perché nei fatti quella morale noi la seguivamo: per esempio quasi nessuno usava la pillola contraccettiva, e prima di sposarci imparavamo i metodi naturali.

Eppure un’ossessione don Giussani ce l’aveva: «Mandateci in giro nudi ma lasciateci la libertà di educare», è una frase che chiunque abbia frequentato anche sporadicamente Cl ha sentito dire. La libertà di educazione è stata da sempre una vera e propria “fissazione”, o meglio, una priorità indiscutibile: è la pre-condizione per l’esperienza cristiana, e al tempo stesso riguarda tutti, coinvolge tutti, perché ogni essere umano cresce e matura in un percorso educativo, che deve essere libero.

Non a caso, è uno dei tre principi non negoziabili, anche se don Giussani non lo ha mai definito formalmente in questi termini.

Le battaglie di Cl sulla libertà di educazione sono sempre state, almeno finora, prioritarie e distintive, condotte con tenacia, senza se e senza ma, perché la libertà di educazione è libertà per tutti, non si tratta di un’indicazione morale rivolta ai cristiani.

Lo stesso vale per gli altri due principi non negoziabili: la difesa della famiglia naturale basata sul matrimonio fra un uomo e una donna, e la tutela della vita dal concepimento alla morte naturale, non sono conseguenze del cristianesimo, ma principi costitutivi della natura umana. E la questione antropologica nasce quando, soprattutto per gli sviluppi della tecnoscienza, è la natura stessa degli esseri umani a essere messa in discussione.

Un esempio, per capirsi: il giudizio negativo sui comportamenti sessuali disordinati e promiscui riguarda la sfera morale, è una conseguenza dell’annuncio cristiano.

Ma negare che un bambino possa nascere solo da suo padre e sua madre e affermare che può essere figlio di due padri o due madri, non è un giudizio morale, ma una visione antropologica che prescinde dal dato naturale.

Non ci opponiamo al matrimonio omosessuale perché i rapporti omosessuali sono peccaminosi: se lo facessimo, confonderemmo i piani. Noi non vogliamo le nozze gay perché consentendo a due persone dello stesso sesso di accedere al matrimonio si nega il fatto che gli esseri umani nascano sessuati, cioè maschi e femmine, e che ad essere feconda è solo la differenza sessuale, e che questo sia un dato oggettivo, proprio della natura umana, e non il risultato di una scelta personale. Uomo o donna si nasce, non si diventa: prendere atto che si viene al mondo con un corpo sessuato non è un giudizio morale che discende dalla dottrina, ma un presupposto comune a tutti gli esseri umani.

I comportamenti sessuali appartengono alla sfera morale, e ha ragione Papa Francesco quando dice che l’annuncio cristiano non può avere come priorità, ad es., gli insegnamenti sulla contraccezione. Ma la possibilità che una coppia omosessuale possa adottare figli o accedere alla procreazione assistita, è innanzitutto una questione antropologica (che a sua volta ha conseguenze che certamente riguardano anche la morale e implicano giudizi morali).

In questo senso tutte le varianti della fecondazione assistita – dall’eterologa all’utero in affitto – sono intrinsecamente questioni innanzitutto antropologiche.

“Non abortire”, cioè “non uccidere”, è un insegnamento che appartiene alla sfera morale. L’aborto è una piaga del nostro tempo perché legalizzato, cioè legittimato, e condotto su larghissima scala, ma appartiene all’umanità dalla notte dei tempi, tanto da essere condannato fin dal giuramento di Ippocrate. Anche l’eutanasia è questione morale, il “non uccidere “ del fine vita. Ma quelle procedure che camuffano l’omicidio in un atto medico rendendolo invisibile socialmente (per esempio la pillola abortiva o la sospensione di alimentazione e idratazione artificiale) spostano questi aspetti nella sfera antropologica, anche perché tanti progressi della medicina hanno creato situazioni di frontiera che pongono problemi nuovi e complessi (ad es. i trapianti, lo stato vegetativo).

E se uccidere un embrione non è sostanzialmente diverso a seconda che sia fuori o dentro il grembo materno, sicuramente le manipolazioni in laboratorio e il frammentarsi delle figure genitoriali – madre genetica, gestante, madre sociale, contributo mitocondriale, padre biologico e sociale: è tecnicamente possibile avere fino a sei genitori, che aumentano addirittura di numero in certi casi di utero in affitto – fanno parte di un panorama antropologico nuovo, mai esistito nella storia dell’umanità.

Le parole di Papa Francesco sulle priorità pastorali riguardano le conseguenze morali del cristianesimo. La rivoluzione antropologica che sta avvenendo sotto i nostri occhi è altro, e sta disegnando una nuova natura degli esseri umani: individui sessualmente intercambiabili che possono scegliere di avere bambini in varie forme  asessuate di “riproduzione collaborativa”, cioè scomponendo e ricomponendo in laboratorio contributi genetici, biologici e sociali, operando una selezione genetica allo stato embrionale, prima del trasferimento in utero, a seconda delle condizioni di salute ritenute accettabili al momento. Rischia di scomparire l’idea stessa di famiglia e parentela, così come è sempre stata: padre, madre, fratello, sorella, cugina, nonna, zio, sono termini che non riescono più a descrivere i nuovi legami biologici e, al tempo stesso, le norme che regolano filiazione, parentele e cittadinanza cominciano a non essere più adeguate al nuovo quadro antropologico che si sta già delineando. Sullo sfondo, sempre più difficile rispondere alla domanda: chi sono io? Da dove vengo?

Lo stesso annuncio cristiano, in un quadro così profondamente mutato, non è più comprensibile, perché tutto il cristianesimo si basa sulla morale naturale, in particolare sull’analogia del rapporto fecondo tra un uomo e una donna. Proviamo a leggere le scritture, o anche a pregare sostituendo alle parole “padre”, “madre”, “fratello” i nuovi termini “rappresentante legale 1”, “genitore due”, “madre surrogata”, “madre sociale”, e via dicendo. Come spiegare che Dio ha tanto amato il mondo da dare suo figlio, che si è incarnato e è stato partorito dal grembo di donna?  E che Maria è la madre della Chiesa, e di tutti noi?

Se “il mio papà ha la gonna”, come recita il titolo del libro di testo consigliato dai sindacati francesi per le scuole, se è possibile che un bambino cresca senza padre o senza madre perché gli si spiega, mentendo, che è figlio di due femmine o di due maschi, come potrà quel bambino fare esperienza dell’avere un padre e una madre, o anche solo percepire l’idea stessa di padre o di madre? E come potrà a sua volta essere padre, e quella bambina diventare madre? Come si potrà recitare il Padre Nostro che sei nei cieli, se il padre può anche non esistere, nella vita di una persona? E come si potrà fare esperienza di amore materno come gratuità totale e per sempre, se le mamme naturali sono due, diverse dalla terza che ti ha cresciuto, e magari sono state pagate per contribuire a procrearti e non ti vogliono neppure conoscere? E che idea ci può essere di fratellanza, se le generazione è confusa e le origini incerte?

Non stiamo parlando di fantascienza, ma di una realtà che già viviamo, piaccia o meno.

Non si tratta di morale, in questi casi, ma di un quadro antropologico nuovo e sconvolgente, che va affrontato con consapevolezza, senza far confusione.

Articoli correlati

9 commenti

  1. Enrico Mantovani

    Scusate ma tra le varie cose interessanti di questo articolo ce ne sono altre intollerabili, specialmente quelle che elencano la “teoria della madre che ama”.
    Un esito nel bell’amore dell’amo, la cui sottrazione minacciata e’ la causa dell’angoscia… E non ci sarebbe nulla che non si fa per sedare quest’angoscia.
    Poi certo che matrimonio e famiglia gay esistono più nella mente politica di chi le vuole ( i diritti che la vita mi ha negato, per cui risarcitemi i danni) più che nella mente stessa degli omosessuali che purtroppo sono vittime di una certa sottocultura alla ‘uomini e donne’ di Maria de Filippi che… Alla famiglia non pensano.
    Scusate voi che siete di CL, avete mai letto qualcosa di Giacomo B. Contri sull’argomento?
    Mi pare illuminante.
    Testori era un fior fiore d’intellettuale che diceva di cercare i ragazzi e non le donne perché’ voleva un figlio.
    E’ abbastanza caratteristico pensare e desiderare un rapporto col figlio perché il rapporto sentimentale col coniuge legittimo e’ andato male de facto.
    La verità e’ che i figli sono capaci di pensare in proprio, meno ‘la madre’, che spesso invasata in questo ruolo si nega come donna al partner ed ai figli ( isteria) , ‘pensa’ al figlio e meglio questo cresce.
    Col padre poi meglio parlare d’affari ( di denari di scuola di gioco etc etc) per avere un consiglio da un socio d’affari anziano ed autorevole, nave-scuola al contrario nel rapporto con le donne.
    Leggete Contri!

  2. mike

    forse il papa voleva solo dire che in una missione occorre andare per gradi. non è come da noi che, bene o male, i valori cristiani ancora ce l’abbiamo. comunque anche a me risulta ardua la distinzione tra sfera etica e sfera antropologica. forse il papa non vuole offendere chi fa certe cose e al contempo dice che si sta cambiando l’antropologia occidentale. il che è come dire che si sta cambiando l’etica occidentale. boh!

  3. andrea

    Finalmente un bell’articolo!!!

    rimane a mio giudizio un punto irrisolto: uomo o donna si nasce, ma probabilmente anche gay o etero si nasce.

    Se ” probabilmente” è “sicuramente”, come sembra orientata la scienza medica, allora non è un cardine “della teoria gender” (cioe: non esiste una natura umana perché l’uomo è un prodotto della cultura), è una constatazione di fatto. Inoltre in tutte le epoche, in tutte le culture, anche in quelle ostili, anche in quelle più intolleranti ove essere quello che si è comporta il carcere o la vita, ci sono state, ci sono, sicuramente ci saranno persone omossessuali (dunque personalmente penso che ci nascano coì).

    Allora, antropologicamente parlando, bisognerebbe prenderne per coerenza altrettanto atto e non confinare il “gender” a giudizio morale, politico, capriccio intellettuale .

    Poi una considerazione che trovo particolarmente odiosa e viscida, che sembra andare di moda nei commenti e negli articoli (NON IN QUESTO, ma vedi https://www.tempi.it/omofobia-casale-monferrato-video-contestazione#.UkL76FPnetY):

    Si afferma nell’altro articolo:

    “passando dall’oggettivismo al soggettivismo, ognuno ha il diritto di decidere la propria natura sessuale, nulla vieta, a livello teorico, che vi sia anche predilezione sessuale verso i bambini.”

    E’ particolaremente odiosa perchè è IN REALTA’ applicabile a chiunque (il vecchietto etero che molesta le bambine) ma viene maliziosamente imputata come possibile per gli omosessuali che, molto probabilmente, la loro natura NON LA scelgono (no sogettivismo) ma ci nascono.

    Anzi, a rigor di logica se le scelte sono sogettive (ovvero giudate dalla volontà) le pulsioni le controlli, se sono oggettive, ovvero discendenti dalla pura natura non filtrata dai tabù della cultura, se sei nato pedofilo sei pedofilo (gay, etero, bi, trans) e senza una terapia, lasciato libero a seguire la natura della patologia, sei un pericolo.

    Comunque l’articolo, lo ripeto, è molto bello perchè a differenza di altri ove prevalgono i toni polemici e sembrano sempre scadere nella diatriba politica, la posizione dei cattolici è esposta nella sua interezza senza intaccarne la complessità o ridurla schemi di (PRE)giudizio. Grazie.

  4. Bifocale

    L’articolista scrive che “Non ci opponiamo al matrimonio omosessuale perché i rapporti omosessuali sono peccaminosi: se lo facessimo, confonderemmo i piani. Noi non vogliamo le nozze gay perché consentendo a due persone dello stesso sesso di accedere al matrimonio si nega il fatto che gli esseri umani nascano sessuati, cioè maschi e femmine, e che ad essere feconda è solo la differenza sessuale, e che questo sia un dato oggettivo, proprio della natura umana, e non il risultato di una scelta personale.”

    La fecondità, e dunque la riproduttività, non sono una base sulla quale si può accedere o meno al matrimonio. Vi sono milioni di coppie al mondo senza figli e non per questo sono meno “sposate” delle altre. Esattamente come sarebbe ingiusto a due persone in età non più giovane di potersi sposare in quanto i loro rapporti sessuali non sarebbe “aperti” alla procreazione, altrettanto ingiustamente lo è per due persone dello stesso sesso che si amano e voglio condividere la loro esperienza di vita insieme, impegnandosi a sostenersi vicendevolmente e darsi supporto nei tempi belli come in quelli più difficili. Questa della riproduzione quasi obbligatoria è una vera e propria fissa morale derivante da comandamenti pseudodivini che poteva aver un qualche senso qualche millennio fa, quando al mondo c’erano poche centinia di milioni persone, oggi non ha più ragione d’essere. Sulla Terra siamo fin troppi miliardi, e se la razza umana è a rischio estinzione lo è casomai perchè non vi saranno a breve risporse per tutti, non certo per i matrimoni gay. Quanto all’orientamento sessuale, proprio della natura umana, non lo si sceglie, gli eterosessuali non ‘scelgono’ una bella mattina di essere attratti da persone del sesso opposto esattamente com gli omosessuali non scelgono di essere attratti da persone del loro stesso sesso.

  5. Cisco

    L’articolo è molto interessante, anche io ritengo che il punto stia proprio nel modo in cui i cattolici debbano dibattere nello spazio pubblico. Ma non vedo nessuna differenza tra BXVI e Francesco.
    Infatti a mio modo di vedere non è possibile – come sembra invece fare la prof. Morresi – separare, da un lato, i principi morali da quelli antropologici e, dall’altro, questi dall’annuncio cristiano.
    Quando Ratzinger parlava (parla) di rapporto tra fede e ragione – di cui è conseguenza l’atteggiamento pastorale di Bergolgio – ha chiaramente in mente una ragione “allargata” dall’incontro con Cristo: un non credente (non cristiano) può ragionevolmente accettare al massimo la presenza di un Dio, ma non certo accettarne i risvolti morali e antropologici.
    Solo il cristianesimo, infatti, ha una visione dell’uomo tale per cui non solo l’aborto, ma tante altre pratiche inumane come lo stesso divorzio o la manipolazione della vita e dei ruoli familiari, trovano motivo di condanna. Le questioni dell’omosessualità e dell’aborto non sono riducibili a una questione semplicemente di tipo morale, ma dipendono da un vero e proprio giudizio antropologico su chi crea l’uomo, quando lo crea, come lo crea e, in ultima analisi su chi è l’uomo: e un tale giudizio nasce dall’incontro con Cristo, che avviene non solo tramite l’uso della ragione, ma anche dalla grazia di Dio.
    Aborto, infanticidio e divorzio, per esempio, non solo sono sempre avvenuti nel corso della storia, ma sono anche sempre stati più o meo giustificati a livello di principio – a livello morale e antropologico – a partire proprio da coloro che sono stati gli “inventori” della ragione, del logos: i filosofi Greci.
    Quindi secondo me non ha senso partire dei “principi non negoziabili” senza prima annunciare Cristo, cioà la presenza di qualcuno che ci ama così come siamo: perchè è solo partendo da quello che siamo, con la grazia di DIo, possiamo comprendere i principi non negoziabili. I quali, naturalmentne, vanno difesi da chi è già cristiano, ma con questa consapevolezza di non poter pretendere dalla libertà degli altri un improbabile consenso della ragione senza un reale e drammatico percorso della fede.

    1. andrea

      scusa, non ce la faccio a stare zitto.

      Definire il divorzio inumano è una cantonata colossale che non ha attinenza con la realtà.

      Te lo dice un figlio di divorziati, contento di essere tale perchè ha visto per anni i genitori prendere assi e chiodi e inchiodarcisi su una croce che li stava portando all’insanità, alla depressione, all’infelicità.

      Si sono salvati, rifatti una vita e da figlio sono contento di vederli contenti.

      1. Cisco

        Appunto, se nom si parte dalla fede ognuno ha le sue opinioni. Una coppia per gravi motivi può ovviamente separarsi. A volte e’ opportuno che lo faccia. Ma chi vive da cristiano sa che la cattiva sorte e’ una grazia per abbracciare la croce di Cristo. Questa e’ l’apoteosi dell’umanesimo.

I commenti sono chiusi.