Il Palio di Siena e l’invocazione alla Madonna del sindaco Valentini: «Facci risorgere»

Di Irene Pasquinucci
28 Giugno 2013
Fra pochi giorni si corre e il primo cittadino ricorda a tutti il miracolo all'origine della corsa. Come allora fu la Vergine a salvare la città, così oggi - a causa degli scandali Mps e Università - si invoca il suo aiuto

Mancano quattro giorni al Palio di Siena del 2 luglio dedicato alla Madonna di Provenzano. Due Palii si corrono ogni anno in onore della Madonna, il secondo il 16 agosto in onore della Madonna dell’Assunta. Pochi giorni fa è stato mostrato alla città e al mondo intero il drappellone, cioè il “palio” da vincere, chiamato dai senesi semplicemente il “cencio”. In occasione della presentazione il neo sindaco Bruno Valentini ha evidenziato l’unione e lo stretto rapporto tra la città di Siena e la sua patrona e protettrice, la Vergine «sotto lo sguardo concreto di una Madonna dal volto di donna solida». Tutta la storia di Siena è caratterizzata dal rapporto devozionale e allo stesso tempi identitario con la Vergine: dal XII secolo le donazioni di terre e sottomissioni di castelli si effettuavano in onore della Vergine ed era obbligatoria la donazione annuale di ceri in occasione della festa dell’Assunta; nel 1260, anno della battaglia di Montaperti, i senesi, così ghibellini, non esitarono a riunirsi in Duomo alla vigilia della battaglia per pregare la Vergine offrendole le chiavi della città e invocando la sua protezione; le monete si coniavano col motto Sena vetus civitas Virginis; i sigilli della Repubblica apposti su ogni documento presentavano l’immagine della Madonna col Bambino, accompagnata dal motto «conservi la Vergine l’antica Siena che lei stessa rende bella». Ancora nel 1944, le chiavi di Siena vennero offerte alla Vergine, rinnovando la consacrazione a Maria della vigilia di Montaperti.

STORIA UNICA. Il sindaco, commentando il disegno su seta dell’artista senese Claudia Nerozzi, ha sottolineato l’amore per i cavalli della città di Siena e l’operosità dei cittadini, «le dita attente che hanno dipinto questo Drappellone, che hanno creato questo Masgalano, sono le nostre, sono le mani di Siena e dei suoi figli, che con la determinazione di un popolo straordinario, con la gioia dei colori delle nostre contrade, con l’orgoglio di appartenere ad una storia unica, vogliono riportare la nostra città alla dimensione della leggenda cui da sempre, e a pieno titolo, appartiene. Siena era un mito, e mito ritornerà».
Oggi però Siena «ci appare come l’immagine sacra della Madonna di Provenzano, oltraggiata da azioni ed intenzioni che non fanno parte della sua cultura, e che non le sono mai appartenute. E Siena, oggi come allora, reagisce con la sua storia, con il suo orgoglio, con la sua Festa, proprio come quando, per commemorare il miracolo fatto dalla Vergine contro quell’offesa prepotente, i senesi iniziarono a celebrare l’anniversario del 2 luglio».

FACCI RISORGERE. La storia ricordata da Valentini è l’episodio accaduto nel 1522 quando un soldato spagnolo tentò di sparare contro il busto in terracotta della Madonna che si trovava sul muro esterno di una delle case del rione appunto di Provenzan Salvani, capo ghibellino di Siena ed eroe della battaglia di Montaperti contro i fiorentini. L’archibugio implose preservando il busto della Madonna, distruggendone però le braccia. Si gridò al miracolo e l’immagine fu subito venerata e alla Madonna vennero attribuiti diversi miracoli finché, verso la fine del secolo, in periodo di peste e carestia, le autorità cittadine fecero voto di costruire una grande chiesa, la Collegiata di Santa Maria in Provenzano.
In suo onore dal 1655, ogni 2 luglio, si corre il Palio, al termine del quale la contrada vittoriosa si riversa nella chiesa e recita il Te Deum, rendendo grazie alla Vergine per la vittoria. Il neosindaco ha confidato a questa invocazione il riscatto della città, segnata da scandali e crisi (leggi Montepaschi e Università) «mai come in occasione di questa carriera di Provenzano le parole del Te Deum, scritte nell’eternità in questo Drappellone, risuonano fra le nostre contrade: un popolo intero si rivolge verso l’altare e intona il Maria Mater Gratiae: è un momento intenso ed estremamente significativo della vita contradaiola: “Tu nos ab hoste protege et in mortis hora suscipe”, ovvero “facci risorgere”».

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2 commenti

  1. Paola Magnaghi

    Mi perdoni, ha giustamente evidenziato il Maria Mater Gratiae, ma è proprio questo inno che viene chiamato “Te Deum” dai contradaioli, come si può vedere anche sul sito del Palio di Siena: http://www.ilpalio.siena.it/Repubblica/TeDeum.aspx o in tutti i siti sul Palio, es. http://lavocedellapiazza.yuku.com/topic/2075
    Il termine “suscipe” è polivalente in latino, ma in questo caso la traduzione letterale è giustamente “accoglici” come diceva lei. Però la tradizione senese ha sempre collegato questa “accoglienza nella vita dopo la morte da parte di Maria” come un risorgere dopo la morte.
    La ringrazio tantissimo per l’attenzione, spero di aver chiarito i dubbi

  2. Viviana Castelli

    Il neo-sindaco è deboluccio sia in latino sia quanto a dimestichezza coi canti liturgici (purtroppo altrettanto si può dire di molti senesi al giorno d’oggi). Pregasi quindi rettificare: il «Te Deum» non c’entra nulla col palio; come del resto lo stesso sindaco in un secondo momento riferisce, l’inno cantato dalla contrada vittoriosa è il «Maria Mater Gratiae». Il quale inno non dice «et in mortis hora suscipe» ma più correttamente «et mortis hora suscipe» che d’altronde mica vuol dire «facci risorgere» ma «accoglici (o prendici con te o financo riconoscici come tuoi figli) nell’ora della morte». Tanto per la precisione.

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