Pakistan: governo e magistratura del Punjab difenderanno 50 imputati falsamente accusati di blasfemia

Di Benedetta Frigerio
14 Febbraio 2015
Gli innocenti si trovano ancora in carcere ma i loro casi sono stati giudicati evidentemente infondati. Human Rights Watch: «Una decisione disperatamente necessaria»

pakistan-cristiani-blasfemia-shutterstockIl governo del Punjab, regione settentrionale del Pakistan, ha deciso di difendere molte persone accusate falsamente di blasfemia e attualmente in carcere in attesa del processo. In un’azione senza precedenti il governo locale, in collaborazione con la magistratura e la polizia, ha redatto un elenco di 50 persone accusate in modo infondato e i cui casi risalgono anche al 2010. La decisione, che punta a coinvolgere studiosi e intellettuali islamici, era vista come necessaria soprattutto dopo che l’Alta Corte di Lahore tre mesi fa ha confermato la pena di morte per Asia Bibi, la mamma cristiana accusata ingiustamente di blasfemia e in carcere dal 2010.

CENTINAIA DI CASI. Una commissione istituita ad hoc e guidata dal segretario della procura generale del Punjab, Rana Maqbool, ha ordinato l’avvio di processi rapidi che garantiscano l’assoluzione degli innocenti e ha ipotizzato che il governo prenda le parti degli accusati costituendosi parte civile. La commissione, che ha analizzato 262 processi, è stata istituita l’anno scorso dopo l’assassinio di Rashid Rehman, il coordinatore per tutta la regione del Punjab della Commissione dei diritti umani del Pakistan. La risoluzione non sarebbe andata in porto senza il fondamentale appoggio di Muhammad Sarwar, il governatore del Punjab che lo scorso novembre, dopo che due coniugi cristiani furono arsi vivi per presunta blasfemia, incontrò una delegazione di leader religiosi cristiani e musulmani. A loro confessò di aver pensato alle dimissioni «poiché non sono riuscito a proteggere i cristiani», che «hanno sempre lavorato per la pace e l’armonia del Paese». E commentando la legge sulla blasfemia, ricordò che «se una persona ne accusa falsamente un’altra, deve essere punita».

FALSE ACCUSE. Ad accogliere la notizia come «disperatamente necessaria» è l’organizzazione Human Rights Watch, ricordando che «la legge sulla blasfemia è stata usata ingiustamente per prendere di mira le minoranze religiose» e che «la decisione del governo del Punjab dimostra l’ingiustizia e la pericolosità della legge». Nona  caso, l’attuale capo della Commissione dei diritti umani del Pakistan, Hussain Naqi, ha dichiarato: «I gruppi del paese in difesa dei diritti umani lo hanno più volte denunciato: molti casi di blasfemia sono montati ad arte a causa di conflitti personali».

@frigeriobenedet

Foto Cristiani Pakistan da Shutterstock

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7 commenti

  1. maurizio

    Caro Raider,intanto ti ringrazio della serietà e onestà intellettuale con cui hai colto la mia provocazione.Come uscire dall’astrattezza e dall’ambiguità?
    Anzitutto come diceva 20anni fa D.Giussani ossia che i cristiani facciano davvero i cristiani,prima di pensare ad altro,..dunque non c’é dialogo che non parta dall’affermazione,non retorica ma storica,della propria identità.Poi ci deve essere un confronto nella verità,rispettoso e curioso dell’altro-come avviene ad es.nel Meeting di Rimini e nel suo clone del Meeting de Il Cairo.Questo allo scopo di sostenere e incoraggiare D emergere quelle persone e realtà(ci sono,se ne stanno un po’in disparte per paura o per debolezza propria,ma ci sono)al fine di suscitare,dall’interno dell’islam stesso,quella rivoluzione culturale che,sola,può far cambiare il modo di leggere,interpretare e concretizzare il corano.Lo so,può sembrare una allucinante illusione,un’impossibilità storica ma se non ci si prova,di certo non avremo mai la controprova come so che,comunque,é un lavoro-questo-di lungo,lunghissimo periodo.Certo,occorre chiedere con forza alle loro autorità politico-religiose(perché li la vera laicità é ancora estranea)cosi come occorre non solo dare a loro i diritti che spettano ad ogni essere umano,ma pretendere da essi il rispetto dei diritti altrui e dei doveri che in quanto cittadini di una nazione in cui vivono sono tenuti ad osservare.La vera integrazione sta in questo dupplice incrociarsi di responsabilità.Vorrei tornare un attimo al primo punto,facendo a me ,a te a tutti una semplice ma decisiva domanda:perché tanti musulmani ma anche”occidentali” sono cosi facilmente attratti da visioni estreme e così violente di un sentimento religioso(almeno nella sua origine)?Non dipenderà,forse,dal trovarsi di fronte ad un occidente”cristiano”cosi lontano e dimentico della propria identità originale,cosi borghese e materialista,cosi’edonista e nichilista nel suo intendere la vita,la persona ed i rapporti sociali?Credo che una riflessione seria,schietta su ciò non sia inutile,anzi sia indispensabile come preliminare per un vero dialogo e,soprattutto,per quella rivoluzione culturale di cui parlavo prima.Limitarsi all’opzione della violenza e del rifiuto,l uno dell’altro,genera solo altro rifiuto e altra violenza e,con questo,si distrugge soltanto.

    1. Raider

      Caro Maurizio, evidentemente, c’è chi risponde a questioni che ritiene importanti o urgenti senza aspettare di sentirsi provocato a farlo: è il mio caso e è anche il suo.
      Quello che lei dice è, naturalmente, condivibile, ci mancherebbe: sono imperativi che valgono sempre e comunque per ognuno che abbia, a parte e oltre il resto, un po’ di buon senso. Si può discutere se i musulmani, non solo quelli che combattono e ammazzano, ma anche le masse che emigrano, siano davvero portati a preoccuparsi per gli altri, per noi, a indignarsi per quello che facciamo della nostra fede, perduta o intimamente vissuta: e se, visto che sono sul posto proprio per questo, a forza di continua immigrazione, ci costringeranno a tornare cristiani: per…? Cos’è che vogliono farci capire, con la loro così intensa opera di apostolato che noi non capiremmo? Che per vivere in pace e non toccarci, né minacciarci, né assimilarci e sottometterci, se non altro, demograficamente dobbiamo essere cristiani o più cristiani? Sinceramente, mi sembra un’idea molto ottimistica, per non dire altro.
      Su “Tempi” di questa settimana c’è un bellissimo pezzo di Fabrice Hadjadj – può darsi che sia pubblicato anche online – che sgombra il campo da questo genere di aspettative, legittime, ma superate dai fatti e che rischiano di tramutarsi in equivoci. Il ritmo dei mutamenti non lascia molto tempo a speculazioni cui noi europei siamo fin troppo adusi: la polemica e la protesta sulla secolarizzazione non la scopriamo certo oggi e certo, non grazie al macello che gli islamici – e solo loro: che c’entra il falso dilemma “dialogo sì/dialogo no”? – scatenano ovunque. E il problema dell’identità cristiana che va riscoperta dall’Europa investe, in primo luogo, proprio la Chiesa: in cui diventa difficile anche dialogare fa cristiani: e in cui sembra che l’identità, secondo le direttive impartite dal Pensiero Unico, sia l’ostacolo proprio al dialogo: con l’Occidente da cui salvarsi e con gli stessi islamici che ci ‘aiuterebbero’ a salvarci dall’Occidente. Il Cristianesimo da riscoprire nella sua profondiotà e verità non deve nulla di specifico a chicchessia, men che meno ai musulmani, portati all’appropriazione indebita in ambito teologico, culturale, storico, politico: e guai a chi gli dice ‘no.’
      Ecco, io credo che occorra riscoprire, in nome delle leggi, delle libertà e del patrimonio della civiltà occidentale, il coraggio di dirgli “no.” Un no che va
      – dall’immigrazione, che non può essere un obbligo al di sopra delle nostre possibilità di accoglienza, senza alcun rapporto con le nostre esigenze e non solo con le altrui; che va contenuta, limitata e comporta il diritto a ricorrere ai respingimenti contro quella che, altrimenti, diventa una imposizione contro cui non vi sono argini e con cui, diversamente, si affermerbbe un principio che apre la strada a violenza e illegalità;
      – al diritto di cittadinanza, che non è un diritto umano – nessuno li negherà mai a chi lavora rispettando le nostre leggi, cultura e consuetudini di un Paese che non è un deserto umano, storico, giuridico, civile, culturale -, ma è un diritto poliitico, che la polis può concedere o no, revocare o limitare senza per ciò stesso commettere alcuna ingiustizia:
      credo che sia l’ora di ricordarsi di questo e di riappropriarsi di libertà e sovranità per riaffermarle rispetto a chi vorrebbe insegnarci a farne buon uso.

    2. Sebastiano

      “…suscitare,dall’interno dell’islam stesso,quella rivoluzione culturale che,sola,può far cambiare il modo di leggere,interpretare e concretizzare il corano…”

      Ci ha provato tempo fa un signore vestito di bianco in un discorso presso un’università tedesca.
      Non l’avesse mai fatto: tutta l’intellighenzia intellettualoide del relativismo occidentale (al quale non importa una pippa dell’islam, ma ha visto la ghiotta occasione di denigrarlo una volta di più), assieme ai “cattolici adulti” di casa nostra, si è unito al coro di protesta dei cosiddetti “moderati” islamici (non dei nerovestiti, badi bene, ma dei rappresentanti “perbene” e persino dei capi di stato di paesi “amici” che taluni vorrebbero in Europa). Al punto che tutti insieme hanno preteso le scuse del signore di cui sopra.

      Questo non accadeva qualche secolo fa, era solo qualche ANNO fa. Non ho dubbi che lei saprà riconoscere protagonista e luogo.
      Adesso che l’emergenza è sotto casa qualcuno si sta ponendo il problema se il tizio non avesse in fondo almeno un po’ di ragione. Anche quei predicatori intolleranti (e ben tollerati a casa nostra) che, dopo aver nutrito di odio per anni i loro fedeli, adesso fanno finta di meravigliarsi che la tigre che hanno creato stia per rompere il guinzaglio.
      Non so cosa ci riserverà il futuro. La vedo male, a dire il vero. Impostare un dialogo, qualunque esso sia, prescindendo dalla realtà dei fatti è sempre un pessimo affare.
      Che il governo abbia deciso di agire perché “la legge sulla blasfemia è stata usata ingiustamente” e non perché è semplicemente “una legge ingiusta”, lo trovo allucinante.

      1. Raider

        Sebastiano, hai proprio ragione. Sarà brutto dirlo, non quanto sentirlo dire, per molti: ma è così.

    3. Sebastiano

      “…al fine di suscitare, dall’interno dell’islam stesso, quella rivoluzione culturale che, sola, può far cambiare il modo di leggere,interpretare e concretizzare il corano…”

      A dire il vero qualcuno tempo fa ci ha provato. Era un signore vestito di bianco e parlava in una università tedesca. Mal gliene incolse: si ritrovò addosso tutta l’intellighenzia relativistica occidentale e tutti i “moderati islamici” di casa nostra e esteri, compreso qualche capo di stato, fino al punto che gli chiesero di scusarsi (lo so che oggi pare allucinante ma vada a rileggersi i giornali di allora).

      Questo non accadeva qualche secolo fa, era solo qualche ANNO fa. Non ho dubbi che lei saprà riconoscere protagonista e luogo.
      Adesso che l’emergenza è sotto casa qualcuno si sta ponendo il problema se il tizio non avesse in fondo almeno un po’ di ragione. Anche quei predicatori intolleranti (e ben tollerati a casa nostra) che, dopo aver nutrito di odio per anni i loro fedeli, adesso fanno finta di meravigliarsi che la tigre che hanno creato stia per rompere il guinzaglio.
      Non so cosa ci riserverà il futuro. La vedo male, a dire il vero. Impostare un dialogo, qualunque esso sia, prescindendo dalla realtà dei fatti è sempre un pessimo affare.
      Che il governo abbia deciso di agire perché “la legge sulla blasfemia è stata usata ingiustamente” e non perché è semplicemente “una legge ingiusta”, lo trovo raccapricciante.

  2. maurizio

    É una notizia strordinariamente bella …per due motivi:1)perché potrebbe essere davvero la svolta per il sorgere di una coscienza umana e civile anche nel mondo islamico,soprattutto perché viene da una regione notoriamente incline al fondamentalismo 2)in secondo luogo,perché non essendo una iniziativa isolata potrebbe davvero rilanciare un dialogo serio e sincero,produttivo di duratura efficacia nei rapporti tra musulmani e cristiani,foriero di reale,pacifica convivenza e di libertà d’esistere per i cristiani stessi.Senza illusioni ma confidando in Dio,prego perché ciò diventi concreta realtà.

    1. Raider

      Farebbero prima, in Pakistan, a abolire la legge sulla blasfemia come quella sull’apostasia: ma c’è gente, qui, che sostiene che la legge sulla blasfemia fu introdotta in Pakistan per volontà degli U.S.A. e non si può abolirla perchè così vuole Israele. Mi chiedo: gente così, che credibilità può avere? Eppure, c’è chi dà retta a questi, dicono a Roma, fregnacciari: ma cos’altro sono?
      E poi, se il dialogo “serio e sincero, produttivo e di lunga durata” che auspica Maurizio fra Cristianesimo e Islam, finora, non c’è stato, c’è da chiedersi: come mai, per volontà di chi? O è perchè mancano i presupposti a livello teologico? Se gli islamici sono convinti che la loro è “la religione naturale dell’umanità” e dunque, a lume di logica, non essere islamici significa essere meno umani di loro; e se, per loro, chi non riconosce in Maometto un profeta è blasfemo e va, a norma di Corano, ucciso o punito: su quale base instaurare un dialogo “serio e sincero” ecc…?
      Non sarebbe meglio limitarsi a applicare le regole della diplomazia, della politica e del diritto, dialogo o non dialogo – tanto, non cambia nulla, questo ritornello è andato avanti in tanti anni senza approdare a nulla di “serio e produttivo” ecc…? Cosa c’è dell’Ilsam che non abbiamo capito e gli islamici devono ancora spiegarci? Cosa c’è del Cristianesimo che non siamo stati in grado di illustrargli in maniera più chiara? Sembra tutto avvolto nella retorica e nell’ipocrisia.
      E per uscire fuori dalla retorica e dall’ipocrisia, lo ribadisco: perché non si può dire “no” all’immigrazione? Perché concedere a tutti i costi lo jus soli? O la cittadinanza in automatico dopo un tot numero di anni, come se questo diritto riguardasse casi isolati e non fosse un fenomeno di massa che altera profondamente e irreversibilmente la nostra società? Perché rassegnarsi a scomparire come popolo con una propria identità storica, cutlurale, giuridica e sì, demografica? Che c’entra il dialogo con valutazioni e scelte squisitamente politiche?
      Ecco, io credo che un dialogo o un dibattito civile, intanto, fra i cittadini del nostro Paese, condotto in modo “serio e sincero” e quant’altro auspicato da Maurizio, non abbia senso se non si parte dalle questioni che qui ho posto io, ma che vedo nessuno fra i politici e gli intellettuali/vestali del politicamente corretto ha la capacità, l’interesse, la volontà o il coraggio di porre nei suoi termini reali.

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